
servizio
La beneficenza
Sul calendario dell’Avis i negozi storici
Dal Corriere Adriatico
L’assemblea cittadina si fa itinerante, la proposta del Pdl Vannini
Il Consiglio nella chiesa di Castelferretti “Così contribuiamo a tutelare l’edificio”
Falconara Dopo il consiglio comunale in piazza (organizzato per parlare dell’automedica e della sospensione del servizio), l’assemblea cittadina è tornata ad essere itinerante e questa volta al centro dell’attenzione sarà la chiesa di Santa Maria della Misericordia a Castelferretti con i suoi pregevoli affreschi. La proposta del consigliere Pdl Stefano Vannini, di convocare assessori e consiglieri all’interno del piccolo edificio è stata accolta con favore dal presidente del Consiglio Giorgia Fiorentini e da tutti i capigruppo e ieri pomeriggio la seduta si è svolta fra le antiche mura, accanto alle tombe dei conti Ferretti. “E’ uno dei monumenti più importanti di Falconara – spiega Vannini – ma negli ultimi anni la condizione degli affreschi è diventata sempre più critica, c’è stato un peggioramento costante e ci sarebbe bisogno di intervenire sia per eliminare l’umidità dal pavimento che installando una grondaia”. Secondo Vannini il Consiglio comunale nella chiesetta può essere una vera e propria “cassa di risonanza” e dovrebbe servire a far parlare di questo edificio storico.
La chiesetta, attualmente di proprietà del Comune, è stata chiusa per anni nonostante l’interesse del Fai. Fino a quando i ragazzi della scuola media Montessori di Castelferretti, da tempo impegnati nella salvaguardia di questo importe bene artistico, hanno deciso di scrivere al presidente del Sistema Museale della Provincia di Ancona. La mobilitazione dei ragazzi ha avuto successo e adesso l’edificio è inserito nel sistema museale della Provincia che organizza, in collaborazione con la Pro Castelferretti, le visite guidate a quello che è un luogo della fede, della memoria storica e soprattutto dell’arte, grazie a, dicono gli studiosi, “un testo pittorico raro, unica testimonianza del clima estetico circolante nell’area anconitana attorno alla metà del XV secolo”. L’edificio venne costruito nel XV secolo per volere dei conti Ferretti, feudatari del castello e delle terre circostanti, quando, in seguito all’ennesima epidemia di peste, cominciò a diffondersi la devozione verso la Madonna della Misericordia. La chiesa accoglie affreschi unici nel loro genere, forse eseguiti da artisti della scuola umbro-marchigiana e databili all’inizio della seconda metà del ‘400, come lascia supporre il monogramma di S. Bernardino da Siena. Il dipinto centrale, pur nell'impostazione rigidamente frontale e nella fissità iconica dello sguardo tipica dell’arte bizantina, rivela la mano di un pittore dotato di acuto spirito naturalistico e di notevole abilità tecnica, mentre sulle pareti laterali, pur danneggiate dal tempo, è possibile che si siano avvicendate diverse personalità artistiche, forse addirittura quell’Antonio Alberti da Ferrara lungamente attivo ad Urbino come pittore di corte dei Montefeltro. Nella parete di destra sono rappresentate alcune figure di santi pontefici e martiri, l’annunciazione e la scena della Crocifissione con la Madonna, la Maddalena, San Giovanni Evangelista e altre figure piangenti. Questa è certamente la parte più pregevole dell’affresco per la drammatica espressività delle figure, ma è anche la più danneggiata dal tempo e dall’umidità.
Gli affreschi, probabilmente intonacati durante i lavori di restauro del 1610, rimasero nascosti per circa tre secoli e la loro riscoperta è avvenuta per caso quando la famiglia Ferretti ha avviato negli anni ’30 i lavori di restauro delle tombe di famiglia.
M.Minelli
Dal Corriere Adriatico
Bagarre vitalizio. L’ok di Spacca
La scelta è facoltativa. Bugaro, Zinni e Latini in pole insieme al Governatore
Ancona Sembrava un emendamento indolore. Su cui pochi si erano soffermati sul momento. Ma il vitalizio facoltativo si è trasformato, nel giro di poche ore, in un vero caso. Balzato in un batter d’occhio all’attenzione delle cronache nazionali. E che incontra pure l’adesione niente meno che del governatore Gian Mario Spacca, pronto anche lui, come già hanno fatto alcuni consiglieri, a rinunciare all’inviso privilegio della casta.
Il primo a trarne beneficio, almeno mediatico, per il momento, è l’autore di quello che è stato un autentico, senza dubbio politicamente intelligente, blitz: il consigliere del Pdl Giacomo Bugaro. E’ lui l’estensore di quel provvedimento che prevede che il vitalizio è da oggi in poi almeno nelle Marche, facoltativo. Lui che, pur avendo seguito sempre con un certo distacco - qualche volta fastidio - il dibattito sui costi della politica innescato dall’inchiesta in otto puntate del Corriere Adriatico, ha presentato zitto zitto quatto quatto la leggina che, sono parole sue, “apre un varco enorme” e mette tutti i consiglieri, anche quelli in carica, di fronte ad un bivio: rinunciare o no al vitalizio? “Io rinuncio e sono il primo in Italia”, ha spiegato martedì sera il consigliere regionale anconetano. E da quel momento la bacheca Facebook di Bugaro è inondata di messaggi: “Bravo”, “Avanti così”, “Sei un mito”. Insomma, eccolo l’eroe anticasta che proprio non t’aspetti.
Nella giornata di ieri sono state formalizzate le rinunce anche del consigliere regionale dell’Api Dino Latini (“Pur restando convinto che occorre tagliare le indennità e non i vitalizi, ho appoggiato l’emendamento di Bugaro e da subito avanzo la domanda di rinuncia”) e quella del consigliere del Pdl Giovanni Zinni (“Sono contrario all’abolizione delle indennità e dei rimborsi: per far politica ci vogliono soldi, e non ho intenzione di andare a rubare. Ma al vitalizio rinuncio entro 15 giorni”), sodale politico di Bugaro.
In arrivo - e questo sì è un inedito nazionale - c’è pure la rinuncia di Spacca che ha già dato mandato agli uffici di verificare l’applicabilità giuridica della disposizione e di controllare la sua posizione. Sarebbe il primo presidente di Regione in Italia, dal 1970 ad oggi, a spogliarsi del privilegio. Una notizia!
Ma non è oro tutto quel che luccica. Perché la rinuncia al vitalizio non è gratis. Ciascun consigliere si vede detratto mensilmente il 20% dalla paga base (circa 1500 euro) che va nel fondo di accantonamento per i vitalizi. Chi rinuncia recupera da subito quella somma con accredito in busta paga già dal prossimo mese. Inoltre ha diritto a riavere indietro tutto quanto versato negli anni passati. Circa 90 mila euro a legislatura, 27 mila euro per chi è stato eletto nel 2010 per la prima volta. “Si rinuncia ma si batte cassa subito - sintetizza Giancarlo D’Anna, ex Pdl oggi gruppo misto -. C’è il rischio di mettere in seria difficoltà le casse della regione”. Quanto versato verrebbe infatti restituito cash a gennaio 2012. Se tutti rinunciassero, la somma che la Regione si troverebbe a sborsare sarebbe molto, molto cospicua. Nell’ordine di milioni di euro. “A fronte di un esborso una tantum - ribatte Bugaro - la Regione avrà però un vantaggio grande nel medio-lungo periodo. Quello che versiamo è infatti meno di un quinto di quello che poi riavremmo indietro nel tempo col vitalizio!”. D’Anna non è d’accordo: “Allora facciamo così - la sua replica -: chi vuol rinunciare al vitalizio attenda fino a 60 anni per avere indietro il rimborso di quanto versato”. Allora Bugaro: “Che Paese strano: uno rinuncia ad un privilegio e c’è chi, volendolo mantenere - lo critica! Ma dove siamo arrivati!”.
Insomma, nella convulsa giornata di ieri Bugaro, il neo eroe anticasta, e D’Anna, l’alfiere che depositò - in assoluta solitudine - già l’anno scorso, la prima proposta di legge per abolire il vitalizio, se le sono date di santa ragione. A suon di comunicati e post su Facebook.
Un botta e risposta in cui si è inserito anche il presidente del Consiglio regionale Vittoriano Solazzi. “Non dovrebbero esserci particolari problemi nell’applicazione di questa disposizione - spiega -. L’unica perplessità è che stavamo lavorando già su una proposta di legge complessiva sull’argomento e questa norma poteva essere tranquillamente inserita lì. Ma - afferma - l’aula è sovrana. Comunque sarebbe stato meglio disciplinare l’intera materia con un unico provvedimento organico”.
Nel dibattito si inserisce pure il direttivo delle Liste Civiche Marche. “Nessun taglio. Tutt'altro: l'ennesimo aumento di spesa”, si legge in una nota. “I partiti hanno deciso che starà al buon cuore dei consiglieri rinunciare: siamo proprio curiosi di vedere in quanti diranno no a questo privilegio”. Sono altre le misure utili, e urgenti: “L’abolizione totale dei vitalizi, una riduzione dei compensi degli amministratori, una revisione drastica degli stipendi dei dirigenti”.
Dal Corriere Adriatico
Cina meta gettonata Anche gli assessori macinano chilometri
Ecco le missioni degli ultimi tre anni, il record di Carrabs
Ancona Viaggiano sì i consiglieri regionali. Ma viaggiano pure - anzi, in proporzione lo fanno molto di più - i dieci assessori e il governatore delle Marche Gian Mario Spacca.
Missioni in Italia, a Roma soprattutto (solo il presidente della Giunta è andato nella capitale 90 volte in tre anni. Ma le Marche coordinano la Commissione attività produttive nell’ambito della Conferenza delle Regioni e la presenza è pressoché obbligatoria), e sortite all’estero. Bruxelles, sede del Parlamento europeo, la meta più gettonata. Perché? Per tanti motivi tra i quali il fatto che Spacca è membro del comitato delle regioni (componente delle commissioni “Coesione territoriale” ed “Economia e sociale”). Chi paga per tutti questi spostamenti? La Regione, ovviamente.
Un po’ di conti
Nel primo semestre del 2011, per i viaggi effettuati dall’esecutivo regionale, se ne sono già andati 45.451,39 euro in rimborsi spese. Di questi 21.857 circa per missioni in Italia e 23.593 per quelle all’estero. E c’è una postilla da fare: specie per le missioni in Italia, questo non è il costo effettivo sostenuto dall’ente pubblico. Perché gli assessori, a differenza dei consiglieri che talvolta viaggiano anche con il mezzo proprio, girano sempre e solo (a meno che non scelgano i mezzi pubblici, cosa che non avviene quasi mai!) con l’auto di servizio. Quella che fino al giugno del 2010 era l’auto blu e che adesso è invece una più sobria auto bianca. Ma sempre mezzi noleggiati e pagati dalla Regione sono! Per di più, la giunta ha a disposizione un’Audi. E pure quella, specie per le trasferte a Roma, macina chilometri e chilometri.
Quindi, nel 2011 già 45.451 euro in viaggi che fanno più di quattro mila euro pro capite all’anno. Nel 2010, nonostante gli impegni elettorali dei più (nelle Marche si sono svolte le Regionali, per Spacca una vittoria schiacciante), le spese per le missioni sono state complessivamente 37.576,92. Meno del solito.
Nel 2009, invece, ben 62.842,75. Più del doppio di quanto ha speso, nello stesso anno, l’intero consiglio regionale (composto da 35 consiglieri, se si escludono gli assessori).
Il record di Carrabs
Cosa si evince ancora? Che Spacca è stato tre volte in tre anni in Cina, svariate volte a Bruxelles. A Dubai sono stati in due: il governatore e l’allora assessore Lidio Rocchi, nel 2010.
Carrabs, assessore fino al termine della scorsa legislatura, è il recordman delle missioni in Italia. Nel 2009 ha chiesto rimborsi per più di 14 mila euro, senza mai fare una sortita all’estero. Mille e più euro al mese per missioni nazionali. Figurano tra le sue mete Roma, Carpi, Terni, Teramo, Frosinone, Siena, Benevento, Rimini, Perugia, Bologna, Chieti, Verona, Parma e Napoli. E non si è fatto mancare un viaggio in India, Nuova Delhi.
Il filtro del Gabinetto
Un’altra curiosità, tanto per mettere tutte, ma proprio tutte, le carte in tavola: mentre i dati sulle missioni dei consiglieri regionali pubblicati qualche giorno fa erano dettagliati e pieni zeppi di curiosità e notizie, forniti all’insegna della massima trasparenza da parte del consiglio regionale, quelli della giunta sono stati preparati sì con tanto di dettagli dagli uffici ma sono stati poi filtrati dall’Ufficio di Gabinetto del presidente della Regione Gian Mario Spacca. Che ha provveduto ad accorpare le cifre e ha fornito un elenco di destinazioni (vedi tabelle) senza specifica del costo delle singole missioni né tantomeno le date o le motivazioni dei viaggi.
I pendolari più assidui
Tra i più assidui viaggiatori dell’attuale giunta ci sono gli assessori Pietro Marcolini e Paolo Petrini, che insieme alla dipietrista Moroder hanno superato nel 2011, in quanto a richiesta di rimborsi, addirittura il governatore Spacca. E’ stato a Berna nell’ottobre del 2010 per l’incontro con la Federazione dei marchigiani residenti in Svizzera l’assessore Marconi. E per viaggiare ha scelto il treno. Con tanto di svariati cambi (e conseguenti disagi) nel corso del tragitto! Qualche mese prima era stato in Bosnia Erzegovina. “Quella volta andai con un’auto della Protezione civile”, ricorda l’assessore dell’Udc.
Risultano liquidate nel 2011 le missioni estere a Monaco di Baviera (iniziativa del settore vitivinicolo), Vienna (per partecipare all’ottavo Network’s conference), Bruxelles, Amburgo, Berlino e Parigi (per la presentazione e premiazione della pubblicazione “Storia dell’alimentazione, della cultura gastronomica e dell’arte conviviale nelle Marche”) del vicepresidente Paolo Petrini mentre la Moroder, assessore al Turismo, è stata oltre che a Bruxelles, anche a Liberec nella Repubblica Ceca, per partecipare ad un incontro con i tour operator e le agenzie di viaggio, e in Cina. Nel 2009 pure Marcolini ha fatto un salto nel Paese del Dragone. Sommate alle tre missioni cinesi di Spacca fanno cinque viaggi in tre anni in Estremo Oriente.
A febbraio di quest’anno il governatore ha invece fatto una sortita toccata e fuga a Vilvoorde, in Belgio per una visita presso Living Tomorrow per il progetto Casa intelligente. Andata e ritorno nella stessa giornata.
Ma Spacca è stato anche in Usa per l’accordo con Hoffman per la promozione delle Marche, in Cina per il progetto Padre Matteo Ricci, a Shanghai per portare le Marche all’Expo, a Mosca per la fiera a supporto del distretto calzaturiero.
Ultima curiosità: nel 2009 vanno in Brasile in due, nello stesso periodo ovvero tra fine marzo e inizio aprile. Chi sono i due? Gli allora assessori Marco Amagliani e Sandro Donati. Il primo va nello stato di Bahia per la cerimonia di inaugurazione del villaggio Marche e per effettuare incontri con le autorità locali. Il secondo va a San Paolo per partecipare ad un incontro con i marchigiani del posto. Vista la quasi concomitanza di date, non era meglio affidare la missione alla stessa persona? San Paolo e Bahia sono distanti, ma mai come l’Italia dal Brasile.
(6 - continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate il 30 settembre, 1, 4, 5 e 7 ottobre)
Corriere Adriatico
In piazza Mazzini la giornata del dolore
Dal Corriere A.
I negozi centro di sviluppo
Il calendario dell’Avis porta alla ribalta gli esercizi della città
Che spasso il Fatto Quotidiano! Nella stessa prima pagina di oggi promette disobbedienza civile contro il bavaglio e se la prende a morte se i principali quotidiani italiani danno notizia che Marco Travaglio è stato rinviato a giudizio, insieme a Peter Gomez, Marco Lillo e Claudio Pappaianni con l'accusa di diffamazione. Due pesi e due misure. Come al solito, ca va sans dire.
Ieri pomeriggio, alla kermesse organizzata da Gustavo Zagrebelsky all'Arco della pace di Milano, Marco Travaglio e Lirio Abbate avevano sfilato sul palco per invitare il popolo degli anti Cav ad abbonarsi alFatto Quotidiano per contrastare la legge sulle intercettazioni. "Il governo vuole ammazzarci con lepene pecuniarie - ha spiegato Travaglio tra gli applausi dei manifestanti - per questo dovete abbonarvi al nostro quotidiano e a quelli che dicono la verità". Stesso discorso per Michele Santoro, un'altro che, a detta di Travaglio, dice la verità: "Contribuite economicamente alla nuova trasmissione Comizi d'amore perché Santoro è stato cacciato dalla Rai". Al di là del fatto che l'ex conduttore di Annozero non è mai stato cacciato da viale Mazzini, il piangere miseria di Travaglio stride, e non poco. Perché deve aver paura delle pene pecuniarie se dice sempre la verità? Un giusto processo per diffamazione, se ha detto il vero, non dovrebbe certo temerlo. Eppure il vicedirettore del Fatto si innervosisce se il Giornale, il Corriere della Sera e Liberohanno dato la notizia che è stato rinviato a giudizio per diffamazione. In un editoriale di fuoco dal titolo Le vergine violate, Travaglio accusa ora il quotidiano di via Solferino ("Attendiamo con ansia dal sito del Corriere l'elenco completo dei processi perdiffamazione al direttore e ai cronisti del Corriere"), ora il Giornaleper aver pubblicato le intercettazioni tra il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il pm Gabriella Nuzzi.
Insomma, il Fatto pubblica tonnellate di fango per attaccare Silvio Berlusconi, ma se gli altri quotidiani si limitano a riportare una notizia di giudiziaria riportata anche dalle agenzie, allora apriti cielo. Non solo. L'invettiva di Travaglio arriva nel giorno in cui il Fatto mette in pagina la promessa di Bruno Tinti di disobbedire alla legge sulle intercettazioni: "Come questo giornale ha detto molte volte, non obbediremo alla legge bavaglio. I nostri lettori leggeranno le informazioni derivanti da un processo penale quando sarà caduto il segreto investigativo e quindi quando saranno pubbliche per legge". Niente legge bavaglio. Magari qualcuno arriverà a proporre una legge Travaglio: multe salate e carcere duro per tutti quei giornalisti e direttori che mettono in pagina una notizia che riguarda Marco Travaglio.
A Barcaglione illuminazione potenziata
Ancona E’ tutto pronto per la prima accensione, dopo il potenziamento, dell’impianto di illuminazione di Barcaglione. Dopo il test di ieri sera già da oggi, le nuove luci resteranno accese. È stato completato infatti l’intervento per la realizzazione delle opere di manutenzione straordinaria degli impianti nei pressi degli incroci più pericolosi per migliorare la circolazione dei veicoli e per potenziare la sicurezza nelle zone periferiche soggette a situazioni di criticità. Anche questo progetto è stato cofinanziato dal Comune in quota parte ad un finanziamento regionale.Gridano al bavaglio. Solidarizzano con Wikipedia. Scendono in piazza con la pecetta nera sulle labbra. Tutto normale, l’opposizione fa il suo mestiere. Lotta dura al ddl intercettazioni. Ma c’è un ma. Che l’opposizione, quand’era maggioranza, votò compatta e allineata il ddl Mastella sulle intercettazioni, il testo che il 17 aprile 2007 fu approvato alla Camera con 447 sì e 7 astenuti. Il Senato non lo convertì in legge solo per la fine anticipata della legislatura. E il ddl attuale Costa-Contento è molto simile al testo Mastella: divieto di pubblicazione delle intercettazioni (stralci, citazioni e riassunti compresi) fino all’udienza-filtro oggi, fino al processo ieri. Pene e sanzioni per i giornalisti coinvolti. Riduzione dei centri di ascolto. I dettagli cambiano, la sostanza resta quella. L’opposizione ha la memoria corta.
La stessa Giulia Bongiorno, ieri eroina del Terzo polo quando si è dimessa da relatrice del ddl al grido di «no alla censura», solo quattro anni fa votava convinta il testo Mastella. E con lei pure i falchi finiani Carmelo Briguglio, Benedetto Della Vedova e Flavia Perina. Imitata dai colleghi Udc. Quelli che, per dirla con Pier Ferdinando Casini: «Se si fa una legge seria per evitare gli abusi nella pubblicazione di intercettazioni ci siamo, siamo disponibili. Se si vuole censurare la stampa e vendicarsi contro i pm noi non saremo complici». Ora strappa, nel 2007 disse il suo sì insieme a Michele Vietti, oggi vice presidente del Csm (che però ha definito «ragionevole» il testo Pdl), al segretario Lorenzo Cesa, Luca Volonté e Bruno Tabacci.
Stavano con Mastella anche Ds e Margherita (che avevano iniziato il processo di fusione nel Pd) e, a sorpresa, anche l’Idv. I big del centrosinistra non risultano nella votazione: erano tutti in missione. Ma il resto dei gruppi alla Camera votò. C’è da capirli, erano tempi difficili con lo scandalo Unipol-Bnl e le telefonate bollenti in circolo. Con Massimo D’Alema che spiegava (su Repubblica): «Parlate di 3-5mila euro di multa... ma li dobbiamo chiudere quei giornali». Capofila degli entusiasti Dario Franceschini, attuale capogruppo Pd.
Lo stesso che martedì tuonava: «Faremo di tutto per opporci a questa porcheria» firmando la pregiudiziale di costituzionalità al testo Costa-Contento. Preceduto da Lanfranco Tenaglia, ex responsabile Giustizia e nel 2007 relatore della legge. Con loro, tra gli altri, Roberto Giachetti che ieri ha sbottato: «C’è parecchio imbarazzo per l’ennesima legge ad personam pro-Berlusconi».
Di Pietro nel 2007 non c’era, ma i suoi sì. E tutti votarono a favore. Massimo Donadi, oggi come ieri capogruppo alla Camera, esultò dopo lo scrutinio: «L’unanimità è un segno della forza del Parlamento». Oggi invece la pensa diversamente: «Il bavaglio è uno schiaffo alla democrazia e alla libertà di stampa, ed è anche un’offesa ai cittadini». Forse anche stracciarsi le vesti con quattro anni di ritardo.
Corriere Adriatico
Minore tolto alla mamma, per i Servizi sociali era inevitabile. La donna: “Non l’ho mai abbandonato”
“Il ragazzino è protetto e sta bene”
Falconara “Non abbiamo fatto altro che mettere in sicurezza un minore, è una competenza del Comune e la famiglia era seguita da tempo”. Sulla vicenda del minore preso in carico dai Servizi sociali del Comune, l’assessore Gilberto Baldassarri non vuole e non può dire altro perché, spiega, “tutte le motivazioni che sono dietro a questo provvedimento sono ovviamente coperte della privacy”, ma chiarisce di non “condividere assolutamente la scelta della madre di diffondere foto e notizie”. “Il ragazzino è in comunità, è protetto e sta bene – prosegue Baldassarri – semmai quello adesso sono più preoccupato per la bomba mediatica che si sta scatenando intorno a questa vicenda. La vita di un ragazzino di undici anni va tutelata, difesa e non può essere data in pasto ai media”. La madre di “Angelo” però si dispera “ancora non sono riuscita parlare con mio figlio” dichiara. “Mio figlio – aveva fatto sapere nei giorni scorsi – è stato portato via senza preavviso e senza alcuna ragione”.
In quel momento la donna era fuori città per una visita medica, ma “il bambino non era abbandonato, l’avevo affidato, come è capitato altre volte, a un cugino quarantenne. “Sono una brava mamma – assicura – indignata e ancora sotto choc. Dicono che mio figlio crea disordine in classe? E’ stato vittima di bullismo nella scuola, c'è una denuncia e ci sono delle indagini”. Eppure proprio il comportamento di “Angelo” nell’ambiente scolastico avrebbe svelato la situazione di disagio e di difficoltà all’interno del nucleo familiare che ha portato alle indagini dei servizi sociali del Comune e quindi al provvedimento firmato dal sindaco Brandoni.
La mamma però respinge le accuse e anche se ammette di essere stata più volte convocata per i litigi di “Angelo”, assicura che “non era lui ad attaccar briga”. “Il ragazzo con cui ha discusso – ha spiegato la donna - è molto più grande e robusto, mi è stato detto che mio figlio lo aveva aggredito, ma lui alla presenza di insegnanti e preside ha raccontato di essere stato picchiato nei bagni durante la ricreazione perché aveva rifiutato di dargli i soldi che aveva in tasca. Anche pochi giorni prima di essere prelevato a scuola mio figlio aveva un dito gonfio”. La mamma ha provato a contattare la comunità per avere notizie del suo ragazzo. “Ho parlato con degli educatori, mi confermano che mio figlio è educatissimo e non dà problemi. E’ un ragazzino solare, che si fa ben volere, per questo i compagni si sono mobilitati”.
Sergio Marchionne l’ha scritto chiaro e tondo in una lettera a Emma Marcegaglia: Fiat uscirà da Confindustria a partire dal 1° gennaio 2012. Una scelta che potrebbe sembrare dettata ancora una volta dall’avversione dell’Amministratore delegato del Lingotto verso i sindacati italiani, ma che invece Ugo Bertone, giornalista economico esperto delle vicende di casa Fiat, ritiene una forte risposta alle ultime prese di posizione di viale dell’Astronomia.
«Grazie all’articolo 8 - ci spiega Bertone - della manovra finanziaria, Marchionne ha avuto dal governo quello che voleva: la possibilità per legge di regolare con accordi anche i licenziamenti individuali. Tuttavia Confindustria e sindacati hanno siglato un’intesa con cui “sterilizzano” questa norma promettendo di non applicarla mai. Ora, per un sindacato si tratta di un comportamento più che giustificabile, dato che non sarebbe certamente facile presentarsi in fabbrica senza aver mosso un dito contro una legge che amplia le possibilità di licenziamento individuale, ma per l’associazione degli industriali è una scelta meno comprensibile. Dato che Fiat intende fare uso di quel che ha richiesto, nei limiti della legge, non ha altre strade se non uscire da Confindustria, per non rimanere ingabbiata».
A questo punto le strade di Fiat e Confindustria si dividono. Questo comporterà degli scossoni nel sistema delle relazioni industriali italiane, tenendo conto del numero di dipendenti del Lingotto e dell’indotto? «A dire il vero lo scossone c’è già stato a suo tempo con l’accordo di Pomigliano d’Arco, che il Tribunale di Torino ha riconosciuto come valido, nonostante il ricorso della Fiom. Il sindacato dei metalmeccanici della Cgil ha sì ottenuto di poter rientrare negli organismi di rappresentanza di Pomigliano e Mirafiori, ma dovrà sottostare ai contratti siglati dagli altri sindacati. Grosse novità ci saranno probabilmente per chi lavora nell’indotto, perché se negli stabilimenti Fiat si lavorerà il sabato sera o la domenica, i fornitori di componenti si dovranno adeguare. Se questo possa avvenire dentro o fuori la cornice di Confindustria si vedrà col tempo. Del resto nella sua lettera Marchionne ha scritto che sta valutando la possibilità di collaborazioni con l’Unione industriali di Torino».
Di certo questa decisione di Marchionne rappresenta anche una rottura col passato, quando il management del Lingotto camminava a “braccetto” con viale dell’Astronomia. «Fiat può decidere se andare avanti o meno con Marchionne. Lui ha già avanzato in passato l’ipotesi di andarsene dopo il 2014. Il suo obiettivo è lasciare un gruppo internazionale che opera in 30 paesi del mondo allo stesso modo, senza piegarsi ai rituali della vita pubblica gattopardesca italiana. Questo certamente può apparire antipatico». Certo, si potrebbe anche fare a meno di Marchionne, «e forse la reazione dei mercati non sarebbe nemmeno così forte. Il vero problema è che il suo è un tentativo quasi disperato di avere un grande player internazionale italiano, forse l’unico dato che Finmeccanica è fortemente a rischio. Le alternative sono creare un nuovo “caso Alitalia” oppure vendere Fiat. In ogni caso, non credo che gli Elkann possano fare a meno di Marchionne, che dopo tutto non è un Amministratore delegato “ingombrante” rispetto ad altri nel passato del Lingotto. Il fatto che lui non intenda stare lì a vita è rassicurante, senza dimenticare che finora non ha incassato nemmeno una delle sue milionarie stock options. Il che vuol dire che è impegnato a pieno titolo in un progetto in cui anche lui rischia di perdere qualcosa».(Lorenzo Torrisi)