giovedì 15 gennaio 2009

Sturani, il futuro nelle mani della Giannini

Dal Messaggero del 15 Gennaio

La segretaria regionale Pd Sara Giannini “avoca” il caso Sturani. E chiede al presidente dell’assemblea comunale Stefania Benatti, d’intesa con il segretario provinciale Lodolini, di annullare la convocazione della riunione prevista per oggi pomeriggio alle 17 alla Casa del Popolo alla Palombella. Richiesta accolta. La svolta ieri in tarda serata dopo una fitta rete di colloqui telefonici. E la decisione è stata comunicata via sms o e-mail ai 154 componenti dell’assemblea. Meglio evitare occasioni di nuovi veleni o imbarazzanti voti su documenti in una fase così delicata per il partito alle prese con la valutazione politica delle 40 pagine della richiesta di archiviazione per prescrizione dell’accusa di corruzione del sindaco. Tanto più che, in caso di voto su un ordine del giorno presentato in Assemblea con un sostegno incondizionato al sindaco, si sarebbe arrivati alla contestazione di una parte dell’assemblea vicina agli otto consiglieri Pd “dissidenti”. Anche se la riunione era stata convocata per illustrare i documenti finali del “pensatoio” sulle idee per il rilancio dell’azione amministrativa, inevitabilmente la discussione sarebbe finita con il concentrarsi sulla vicenda giudiziaria. Con risultati tutt’alto che scontati anche alla luce della sconfessione effettuata dal segretario Ranci («parla a titolo personale») nei confronti del capogruppo Franzoni (e anche del gruppo consiliare) che in consiglio comunale aveva chiesto al sindaco di «rinunciare alla prescrizione, fatti processare». Troppa tensione. Meglio evitare ulteriori scontri e veleni. Così è arrivata la richiesta della Giannini. Di fatto il preludio all’istruttoria del caso-Sturani in vista dell’incontro fissato dalla segretaria regionale per sabato prossimo con il sindaco e gli altri vertici del Pd dorico. In quella sede sarà effettuata la valutazione politica della vicenda giudiziaria che ha coinvolto il sindaco e scosso il Pd dopo le conclusioni dei magistrati. E forse proprio per evitare interferenze o aumentare il caos all’interno di un partito sotto choc, la Giannini ha chiesto di azzerare l’agenda politica del Pd dorico sino a sabato. Nelle prossime ore potrebbe inoltre avvenire un primo incontro del segretario regionale con i maggiori esponenti del partito anconetano proprio in vista dell'incontro con Sturani. Il quale, come ha affermato ieri, non ha «avuto contatti con Roma, ma la segreteria nazionale conosce la situazione e sono informati». In attesa del confronto di sabato a Sturani arriva la fiducia del V circolo Pd (Torrette-Collemarino). Il direttivo, presieduto da Ferdinando Gagliardi, ha votato un documento a sostegno del sindaco, «la cui azione di governo deve portare il Comune alla normale scadenza del mandato - si legge nel testo - Sono inesistenti le motivazioni relative ad una questione morale nella città e aupsichiamo che le pluralità del gruppo consiliare possano trovare una posizione costruttiva». Qui centrodestra - L'opposizione intanto affila le armi in vista del consiglio di lunedì 26. Il capogruppo Fi, Gnocchini, chiede a Sturani di dimettersi e affrontare il processo «, mentre il consigliere An Stefano Benvenuti Gostoli presenta la mozione che detta l'aut-aut: Sturani si opponga alla richiesta di archiviazione o si dimetta. «Esortiamo il sindaco a non avvalersi della prescrizione - dichiara Gnocchini - anche per tutelare la propria immagine da una macchia che, stante le accuse della Procura della Repubblica, rimarrebbe indelebile nella sua carriera di politico e amministratore pubblico». Una stroncatura arriva anche dal direttivo comunale dell'Udc. «L’amministrazione, distolta da tutt'altre vicende, sta trascurando gli interessi della cittadinanza - si legge in una nota a firma di Pericle Truja - Invitiamo il sindaco ad un comportamento responsabile, come peraltro già chiestogli dalla sua maggioranza».


1 commento:

Anonimo ha detto...

«E Matteoli avvertì gli indagati»
il Tirreno — 17 dicembre 2008 pagina 03 sezione: LIVORNO
GENOVA. Fu un’estate calda, caldissima, sconvolgente. Cinque anni fa: era l’estate del 2003, quando i palazzi del potere distribuiti in tutta la provincia di Livorno tremarono a lungo davanti allo scandalo di Elbopoli, tornato ieri a risuonare nell’aula del tribunale di Genova, dove davanti al collegio giudicante della prima sezione penale (presidente Dagnino, giudici a latere Lepri e Panicucci) si celebra il processo a carico di nove imputati, fra cui personaggi davvero eccellenti: un giudice, due prefetti, un sindaco, tecnici comunali, professionisti e imprenditori edili. Requisitoria più lunga Il pubblico ministero Paola Calleri ieri ha annunciato che non ce la farà a formulare le sue richieste di pena per il 23 dicembre. Arriveranno, con ogni probabilità, il 13 gennaio, quando cioè il processo ricomincerà dopo la pausa per le festività. Quella riunione urgente Il magistrato che, in tandem col procuratore aggiunto Mario Morisani, ha portato avanti l’indagine, ha richiamato alcuni momenti essenziali di ciò che accadde fra luglio e agosto di cinque anni fa. In particolare, la riunione che gli imputati del processo tennero nella sede elbana della prefettura. Era il 9 agosto del 2003 quando il prefetto Vincenzo Gallitto promosse un incontro al quale presero parte Giuseppe Pesce, che nel frattempo non era più suo vice ma era stato nominato prefetto di Isernia, l’allora capo dei gip del tribunale Germano Lamberti e l’ingegnere grossetano Uberrto Coppetelli, professionista di fiducia del gruppo Giusti, che stava costruendo il Centro servizi di Procchio con la Edilmare e che avrebbe dovuto realizzare anche il residence «Le palme» a Cavo, nel Comune di Rio Marina, attraverso la società Filgiust. A dar conto di quella riunione («Non era un incontro casuale perché Coppetelli era stato convocato dal giorno precedente e ne informò Giusti e Filippi», ha spiegato il pm) sono alcune «intercettazioni ambientali improprie», ovvero spezzoni di conversazioni che sono finite nel fascicolo d’indagine quando Gallitto attivava il suo telefono cellulare nel tentativo, peraltro vano, di contattare il suo autista. «Li avvertì Matteoli» E’ da quegli scambi di parole, ha argomentato il magistrato inquirente, che si ricava che ormai il gruppo è a conoscenza dell’indagine giudiziaria che li riguarda. «Saranno poi Giusti e Filippi - ha detto ancora il pm - in una lunghissima conversazione notturna, a spiegare che la notizia dell’indagine era stata rivelata dal ministro Pisanu, attraverso il ministro Matteoli». Quello stesso Matteoli, oggi superministro dei trasporti e delle infrastrutture, mai privo di rilevanti incarichi di governo ogni volta che Berlusconi vince le elezioni, che è imputato di favoreggiamento davanti al tribunale di Livorno, con processo sospeso per effetto di un pronunciamento della Corte costituzionale nell’attesa di capire se davvero il lodo Consolo, mutuato essenzialmente dal lodo Alfano, possa essere uno scudo di protezione non solo per le alte cariche dello Stato, ma anche per i ministri che incappino in una disavventura giudiziaria. Gallitto e Ronchieri Comunque, che fra Gallitto e Matteoli vi sia stato un contatto telefonico l’8 agosto del 2003, lo prova una telefonata che dalla prefettura raggiunse il ministero dell’ambiente. Gallitto parlò con Ezio Ronchieri, plenipotenziario di An a Massa Carrara e uomo di punta della segreteria di Matteoli. In sostanza, da quella telefonata si capisce che era stato Matteoli a farsi vivo con Gallitto chiedendo di incontrarlo. «Sono a disposizione - diceva il prefetto al telefono con Ronchieri - ma il ministro ha detto che è meglio se ci vediamo direttamente a casa sua». Matteoli però era a Roma e dal suo segretario partì il suggerimento, rivolto a Gallitto, di ricontattare il ministro tramite la batteria, sistema in uso ai ministeri. «In quella conversazione - ha detto il pubblico ministero - probabilmente Gallitto seppe dell’esistenza dell’indagine, con tanto di presenza di intercettazioni telefoniche». E senza perder tempo mise la già citata riunione per l’indomani. «Si riunirono per depistare» Lamberti, secondo quanto ripercorso dal pubblico ministero nel suo intervento di ieri, fece notare che chi aveva informato il ministro dell’indagine aveva comunque violato un segreto d’ufficio e che, se davvero qualcuno aveva messo sotto controllo i telefoni di due prefetti aveva avuto «del fegato». Sempre lo stesso giudice rassicurò tutti sul fatto che nessun gip (in quel momento ce n’erano due in servizio, e uno era lui) aveva firmato autorizzazioni a intercettare le persone che facevano parte del gruppo. «A confermare la collusione fra Lamberti e gli altri - ha aggiunto il pubblico ministero - c’è il fatto che, pur in presenza di una grave violazione del segreto, lui resta in quella riunione e, insieme agli altri, cerca di capire quale sia il modo migliore per depistare le indagini», anche se nessuno sa con precisione se al centro della vicenda giudiziaria ci sia il mancato sequestro dell’ecomostro di Procchio o il progetto di Cavo. L’ordine di distruggere Chiarissimi i suggerimenti che, secondo il pubblico ministero, da quella riunione partirono all’indirizzo di Coppetelli: distruggere i preliminari d’acquisto degli appartamenti (che il giudice e i due prefetti avevano firmato con la Filgiust di Giusti e Filippi) e far sparire dalla memoria dei computer determinati documenti. Coppetelli, almeno per la seconda parte dell’accordo, non ebbe difficoltà a rispettarlo: ben cinque dei sei pc del suo studio vennero sostituiti a tempo di record. Spariti nel nulla quelli vecchi. «Ne è stato trovato soltanto uno, a casa di una persona», ha fatto notare il pubblico ministero, che ha ribadito come, a suo avviso, la vicenda confermi che il comportamento di Lamberti sia non solo censurabile, ma configuri il reato di corruzione in atti giudiziari. «Prima Coppetelli gli aveva promesso un appartamento a Cavo più grande di quello che aveva opzionato con un’aggiunta di prezzo minima rispetto al valore dell’investimento - ha detto il magistrato - poi, sfumata quest’opportunità, fu Gallitto a chiedere ai costruttori un appartamento a Procchio da destinare al giudice, come dimostra una telefonata nella quale, concludendo, Lamberti ringrazia il prefetto per la gentilezza e l’affetto mostrati». - dal nostro inviato Luciano De Majo