martedì 3 febbraio 2009

Sturani salvo, anzi no: “Mi dimetto ma ci penso”


Dal Corriere del 3 Febbraio

ancona - “Non ci sono le condizioni per andare avanti”. Parla già da sindaco dimissionario, ma in realtà Sturani si è lasciato almeno una notte ancora da primo cittadino. “Porta consiglio”, dice riprendendo uno dei suoi motti di battaglia. Le dimissioni potrebbero arrivare oggi. E del resto così si era espressa sabato l’assemblea del Pd all’unanimità: lunedì patto di fine mandato e giunta, oppure tutti a casa. Perché il tempo per le eventuali dimissioni e il voto a giugno è agli sgoccioli, tra oggi e domani. Ma soprattutto, in caso di addio effettivo, il sindaco avrà venti giorni di tempo per ripensarci, verificare, provare anche a mettere insieme una nuova maggioranza. Un invito, quello all’addio, arrivato ieri dalla maggioranza e dallo stesso segretario provinciale del Pd Emanuele Lodolini. Un consiglio comunale al cardiopalmo, quello di ieri. Un tira e molla fino all’ultimo, senza tregua. La mozione programmatica pro Sturani promossa dal Pd e dalla maggioranza, tolto il Pdci che si è sfilato, passa con 20 voti a favore, 14 contrari tra il centrodestra e Rifondazione e soprattutto cinque astensioni. La sua, e quella di quattro dissidenti su sette, che pesano quanto voti contrari. Il primo cittadino è riuscito a spaccare gli scontenti, ma su 39 presenti (e 34 votanti formali, perché le astensioni non fanno conto) non raggiunge neppure la maggioranza assoluta. Sono con il documento pro sindaco, tra i dissidenti, Andrea Nobili, Massimo Mangani e Mirco Piersanti, di cui per tutta la giornata di ieri si è parlato come di papabili nuovi assessori. Restano fuori in quattro: Giorgio Pavani, Cassandra Mengarelli, Angelo Tomassetti e Luca Bonventi. Ma al sindaco potrebbe non bastare. “E’ tutto chiaro”, dice rientrando nella stanza dei bottoni al secondo piano di Palazzo. Le elezioni anticipate a giugno sono davvero dietro l’angolo. Sturani aveva già fatto capire il suo intendimento in uno degli incontri del gruppo del Pd che si sono consumati nel pomeriggio. “Vado là e mi dimetto”, ma lo ferma il capogruppo Diego Franzoni.“Mi sembrava utile il lavoro fatto in queste settimane, non per il Pd né per la maggioranza, ma per la città - dice Sturani -. Ringrazio tutti. Pensavo che ci potesse essere un ragionamento che vedesse soprattutto nel Pd un superamento delle divisioni, delle opinioni sempre legittime e opportune. Questo non è quello che ci chiede la città, ma da parte mia non c’è nessuna volontà di rimanere qui se non ci sono le condizioni politiche. Forse finisce una situazione di difficoltà pesante - dice in un discorso che suona d’addio -. Non basta dare mandato pieno al sindaco e poi lavorare solo con la bilancia dei farmacisti parlando di uomini, donne e deleghe, non rispettando quello che la legge consente al sindaco come diritto e dovere, di scegliere individuare la squadra migliore e sbagliare”. Parla con riferimento ai tanti veti, soprattutto al primo e all’ultimo che ha reso impossibile l’intesa, l’uscita di Simonetti chiesta dai dissidenti. “Domani (oggi; ndr) prenderò le decisioni - aggiunge -. Anche il sindaco è alla fine stanco. Questo è il discorso che non avrei dovuto fare, ma il più giusto e il più opportuno. Ma quello scatto chiesto all’inizio non mi pare che ci sia. Ognuno dovrà rispondere alla città dei propri atteggiamenti. La responsabilità è forte in capo a tutti coloro che hanno deciso legittimamente di far prevalere un interesse legittimo, ma di parte e non l’interesse della città”. Dalle 12 vanno avanti gli incontri, tra faccia a faccia, due gruppi del Pd separati (dissidenti e non), un vertice tra Sturani e i due segretari Lodolini e Ranci, pronto alle dimissioni sulla crisi, e il Consiglio, dalle 16 fin quasi a mezzanotte, si risolve nell’ora finale. Intervento di quasi addio di Sturani, la sospensione chiesta da Piersanti, la spaccatura dei dissidenti. “Mi prendo sulle spalle il fardello d’essere capro espiatorio - dice Angelo Tomassetti -. Concordo con il documento, ma non ci trovo la volontà di superare il problema”. Incalza Luca Bonventi: “Il documento non risolve il problema politico. Chi ci dice che domani non si ripropongano le stesse difficoltà di questo periodo. Non nascondiamoci dietro un dito”.

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