CARI AMICI
QUESTO 2013
SARA' COME AVREMO
IL CORAGGIO DI SOGNARLO.
AUGURO A TUTTI NOI LA
FORZA
PER SPERARE E SOGNARE
lunedì 31 dicembre 2012
mercoledì 26 dicembre 2012
Caro Gesù Bambino, ti prego regalaci lo stupore per la vita
Dobbiamo
riacquistare la meraviglia infantile di fronte al mondo. Soltanto così
ci libereremo dal timore di essere
all'ultima spiaggia
Mer, 26/12/2012 - 09:36 M. Veneziani
Dobbiamo
riacquistare la meraviglia infantile di fronte al mondo. Soltanto così
ci libereremo dal timore di essere
all'ultima spiaggia
Mer, 26/12/2012 - 09:36 M. Veneziani
all'ultima spiaggia
Mer, 26/12/2012 - 09:36 M. Veneziani
Caro Gesù Bambino,
Ti scrivo dal silenzio di un'epoca che non ha più tempo, spirito e voglia di rivolgersi a Te. Quando Ti scrivevo erano gli anni Sessanta, e la lettera aveva fregi dorati che lasciavano frammenti di stelle sulla mia mano sinistra che, da mancino, copriva le parole appena scritte.
Quei
fregi d'oro erano sormontati da una finestra allusiva al cielo, piena
di azzurro e gravida di Te. Erano i pensieri che un bambino rivolgeva a
un Bambino, richieste di benedizioni e fortune sui suoi cari e su di sé,
promesse rituali di bontà. Non dubitavo che tu fossi presente, se pur
in quel presente magico ma vero che la mente del bambino vive come un
mondo ulteriore e parallelo, soprannaturale. Eri invocato più come
testimone e garante del mio affetto verso i genitori che come diretto
destinatario. Ti avvertivo come presenza discreta, vicina ma remota, una
specie regale di angelo custode che invoglia alla grazia e alla vita
buona. Ma preferivo Te a quell'obeso pagliaccio di Babbo Natale che
traffica in oggetti, non in affetti. Ho smesso da allora di rivolgermi a
Te, passando prima ai Tuoi Genitori, poi ai Santi e all'Angelo custode,
e infine affidandomi al silenzio, a volte a me stesso, a volte ad
astratti e disincarnati principi. L'ho fatto un po' per sfiducia, un po'
per discrezione, non so se reputarmi un credente, certo non sono un
osservante. E comunque non vorrei importunare i cieli con le piccole
cose del mondo, che sembrano grandi solo a noi che le viviamo e che
piccoli siamo, anche a cinquant'anni passati. Non si può scomodare Dio
per le nostre minute vicende del giorno, comprese le più dolorose; al
più, meglio rivolgersi a una provvidenza minore, piccola e quasi
domestica, mediata da santi e da segni, piuttosto che invocare
nientemeno che il Figlio di Dio.
Per anni Ti chiesi soprattutto una cosa, che era la mia infantile ossessione e tale rimase negli anni: dar vita e salute ai miei genitori. Ero il quarto e ultimo figlio, a dieci anni di distanza dal penultimo, i miei genitori erano un po' avanti negli anni, erano più anziani di quelli dei miei amici di scuola. E la mia ossessione era pensare al futuro, alla loro vecchiaia, alla loro morte. Calcolavo i miei vent'anni, poi i miei trent'anni e la loro età, e poi i miei quaranta paragonati ai loro ottanta passati, e disperavo di averli in età matura. Nei miei occhi di bambino c'era soprattutto il mitico Duemila, che temevo privato dei miei cari. E invece nel Natale del Duemila, nella processione in Tuo onore in casa mia, mia madre portava Te per le stanze e dietro di lei accanto a tutti noi suoi figli, ai nipoti, c'era anche mio padre. Noi con le candele accese, a cantare Tu scendi dalle stelle. Il rito c'illuminava d'incanto. Quel buio punteggiato dalle candele, quel calpestio domestico di nonni padri e figli, in corteo come un albero genealogico dal vivo, quelle voci stonate e vere, quelle stanze visitate in una luce piccola e speciale che donava un alone di magia alle cose consuete, quella famiglia intera che docilmente interrompeva il travaglio quotidiano per seguire con dolce demenza Te, il Bambinello. Mi parve un miracolo quella mezzanotte del Duemila quando mia madre baciò mio padre per gli auguri. Hai visto, pensavo commosso di gioia, tu che temevi per il Duemila, li hai avuti con te nel Passaggio, al giro di boa del millennio. Vecchi, un po' malandati, ma vivi e presenti nel corpo e nella mente. Lo scrissi anche in un libro, che intitolai non a caso Di padre in figlio. Si era avverata la speranza di tanti anni, in letterine impolverate d'oro e d'azzurro. Tu esaudisti quella promessa e io Ti sorrisi di gratitudine quella notte. Ora che ho perso da alcuni anni mia madre e mio padre, penso a quella processione domestica decapitata dei suoi decani, a quel viaggio lento e fatale nelle stanze buie del destino. La Nascita avverrà in un Vuoto, non solo quello di un padre e di una madre. Ma i ricordi sono le sole dolcezze che non fanno crescere il diabete, che è poi il vero albero di Natale.
Le letterine a Gesù Bambino sono sempre questuanti, come è giusto e umano, naturale e soprannaturale; le lettere chiedono sempre qualcosa sibi et suis oppure urbi et orbi. Di solito le lettere pubbliche invocano la pace e l'amore nel mondo, quelle private si occupano della salute e delle grazie per la famiglia. Di entrambi, si sa, abbiamo bisogno, a parte gli abusi retorici intorno alla pace, alla miseria e alla fratellanza o gli abusi egoistici del familismo terreno.
A me basterebbe avvertire che non siamo soli, che il mondo non finisce qui, che la vita non finisce tutta qui, che non dobbiamo giocarcela come un'occasione golosa e assoluta, perché è una sola e poi non c'è nulla. Non chiedo di migliorare le cose della vita e del mondo, non chiedo quel che tutti vorremmo chiederTi in salute, gioie, ricchezze, successi. La perfezione non è di questo mondo e la salvezza, in fondo, non appartiene alla storia. Le strade del tempo non portano all'eternità; al più ne sono un presagio, un viatico, o come disse Platone, l'immagine mobile dell'eterno; l'immagine, non la via. Piuttosto aiutaci a dare un senso, una prospettiva al nostro esistere. A farci capire che non siamo all'ultima spiaggia, oltre la quale c'è il Niente e il Caos. A far rinascere in noi lo stupore infantile, Tu che sei Bambino, la meraviglia di esistere, di conoscere e di sapere che c'è un'altra dimensione oltre quella momentanea. Lo stupore del sacro. Aiutaci a capire che la Vita non finisce qui, che non è tutta compresa in queste pareti corporali, temporali e mondane; che ci sono segni, aperture, spiragli oltre il vivere, il fare, il correre e il trascorrere. Vorrei sapere Tuo tramite che ci sono altre beatitudini oltre i paradisi in terra, che spesso sono anticamere degli inferni; vorrei che non fossimo galleggianti nel vuoto e nel nulla, come accade di percepire nelle rare pause del vivere.
Per questo Ti chiedo una mano, fosse anche solo una mano benedicente, per lenire la disperazione quotidiana, la nostra vita sovrabbondante ma infondata, ricca di comfort, sempre calanti, ma interiormente sconfortata, incline alla follìa e all'angoscia, gremita di distrazioni e astrazioni ma priva di senso, disposta al male di vivere pur vivendo meglio di ogni altra generazione. Aiutaci, se non a rinascere, almeno a non morire prima di morire.
Ti scrivo dal silenzio di un'epoca che non ha più tempo, spirito e voglia di rivolgersi a Te. Quando Ti scrivevo erano gli anni Sessanta, e la lettera aveva fregi dorati che lasciavano frammenti di stelle sulla mia mano sinistra che, da mancino, copriva le parole appena scritte.
"L'adorazione dei pastori" di Andrea Mantegna
Per anni Ti chiesi soprattutto una cosa, che era la mia infantile ossessione e tale rimase negli anni: dar vita e salute ai miei genitori. Ero il quarto e ultimo figlio, a dieci anni di distanza dal penultimo, i miei genitori erano un po' avanti negli anni, erano più anziani di quelli dei miei amici di scuola. E la mia ossessione era pensare al futuro, alla loro vecchiaia, alla loro morte. Calcolavo i miei vent'anni, poi i miei trent'anni e la loro età, e poi i miei quaranta paragonati ai loro ottanta passati, e disperavo di averli in età matura. Nei miei occhi di bambino c'era soprattutto il mitico Duemila, che temevo privato dei miei cari. E invece nel Natale del Duemila, nella processione in Tuo onore in casa mia, mia madre portava Te per le stanze e dietro di lei accanto a tutti noi suoi figli, ai nipoti, c'era anche mio padre. Noi con le candele accese, a cantare Tu scendi dalle stelle. Il rito c'illuminava d'incanto. Quel buio punteggiato dalle candele, quel calpestio domestico di nonni padri e figli, in corteo come un albero genealogico dal vivo, quelle voci stonate e vere, quelle stanze visitate in una luce piccola e speciale che donava un alone di magia alle cose consuete, quella famiglia intera che docilmente interrompeva il travaglio quotidiano per seguire con dolce demenza Te, il Bambinello. Mi parve un miracolo quella mezzanotte del Duemila quando mia madre baciò mio padre per gli auguri. Hai visto, pensavo commosso di gioia, tu che temevi per il Duemila, li hai avuti con te nel Passaggio, al giro di boa del millennio. Vecchi, un po' malandati, ma vivi e presenti nel corpo e nella mente. Lo scrissi anche in un libro, che intitolai non a caso Di padre in figlio. Si era avverata la speranza di tanti anni, in letterine impolverate d'oro e d'azzurro. Tu esaudisti quella promessa e io Ti sorrisi di gratitudine quella notte. Ora che ho perso da alcuni anni mia madre e mio padre, penso a quella processione domestica decapitata dei suoi decani, a quel viaggio lento e fatale nelle stanze buie del destino. La Nascita avverrà in un Vuoto, non solo quello di un padre e di una madre. Ma i ricordi sono le sole dolcezze che non fanno crescere il diabete, che è poi il vero albero di Natale.
Le letterine a Gesù Bambino sono sempre questuanti, come è giusto e umano, naturale e soprannaturale; le lettere chiedono sempre qualcosa sibi et suis oppure urbi et orbi. Di solito le lettere pubbliche invocano la pace e l'amore nel mondo, quelle private si occupano della salute e delle grazie per la famiglia. Di entrambi, si sa, abbiamo bisogno, a parte gli abusi retorici intorno alla pace, alla miseria e alla fratellanza o gli abusi egoistici del familismo terreno.
A me basterebbe avvertire che non siamo soli, che il mondo non finisce qui, che la vita non finisce tutta qui, che non dobbiamo giocarcela come un'occasione golosa e assoluta, perché è una sola e poi non c'è nulla. Non chiedo di migliorare le cose della vita e del mondo, non chiedo quel che tutti vorremmo chiederTi in salute, gioie, ricchezze, successi. La perfezione non è di questo mondo e la salvezza, in fondo, non appartiene alla storia. Le strade del tempo non portano all'eternità; al più ne sono un presagio, un viatico, o come disse Platone, l'immagine mobile dell'eterno; l'immagine, non la via. Piuttosto aiutaci a dare un senso, una prospettiva al nostro esistere. A farci capire che non siamo all'ultima spiaggia, oltre la quale c'è il Niente e il Caos. A far rinascere in noi lo stupore infantile, Tu che sei Bambino, la meraviglia di esistere, di conoscere e di sapere che c'è un'altra dimensione oltre quella momentanea. Lo stupore del sacro. Aiutaci a capire che la Vita non finisce qui, che non è tutta compresa in queste pareti corporali, temporali e mondane; che ci sono segni, aperture, spiragli oltre il vivere, il fare, il correre e il trascorrere. Vorrei sapere Tuo tramite che ci sono altre beatitudini oltre i paradisi in terra, che spesso sono anticamere degli inferni; vorrei che non fossimo galleggianti nel vuoto e nel nulla, come accade di percepire nelle rare pause del vivere.
Per questo Ti chiedo una mano, fosse anche solo una mano benedicente, per lenire la disperazione quotidiana, la nostra vita sovrabbondante ma infondata, ricca di comfort, sempre calanti, ma interiormente sconfortata, incline alla follìa e all'angoscia, gremita di distrazioni e astrazioni ma priva di senso, disposta al male di vivere pur vivendo meglio di ogni altra generazione. Aiutaci, se non a rinascere, almeno a non morire prima di morire.
domenica 23 dicembre 2012
venerdì 21 dicembre 2012
Carissimi amici, una bella notizia!
Molti di voi l'avranno già letta sui giornali, questa
mattina.
Il Comune di Falconara ha ricevuto, dalla Presidenza
del Consiglio di Ministri, l'attestato di merito "PERLA
PA", riservato alle amministrazioni italiane più
virtuose dal punto di vista della trasparenza!
Ancora una volta lavorare bene paga!
martedì 18 dicembre 2012
lunedì 17 dicembre 2012
Marangoni: (autonomia e libertà): “Azzeriamo i finanziamenti ai gruppi consiliari regionali delle Marche”
ANCONA – “I finanziamenti ai gruppi consiliari regionali non vanno ridotti: vanno azzerati”. Con questa affermazione il Consigliere Regionale Enzo Marangoni, indipendente e autonomo dai partiti politici, affronta il tema sempre caldo dei finanziamenti che le Regioni elargiscono ai gruppi consiliari per la loro attività, in alcune regioni usati in modo improprio. I partiti politici hanno già una valanga di finanziamenti pubblici, i cosiddetti rimborsi elettorali per le elezioni europee, nazionali e regionali. I gruppi consiliari regionali dei partiti usino quei soldi per le loro attività , aggiunge Marangoni, anziché prenderne altri dalle regioni. Le Marche, pur essendo regione virtuosa, elargiscono ai gruppi consiliari l’importo annuo complessivo di circa 500.000 euro. Martedì 18 dicembre il Consiglio regionale delle Marche, in attuazione delle legge nazionale, ridurrà tale importo a circa 300.000 euro annui. La proposta di Marangoni, rappresentata da alcuni emendamenti che saranno votati il 18, è di non finanziare più le attività dei Gruppi Regionali ma di investire questi 300.000 euro annui nei servizi sociali e nel sostegno ai problemi dell’occupazione. “Basta dare soldi ai partiti politici” conclude Marangoni, secondo il quale “queste risorse dovrebbero essere impiegate a favore delle fasce deboli della società. Un gesto simbolico ma significativo che, se fosse adottato in tutto il Paese, potrebbe rappresentare un primo vero segnale di passaggio a quella Terza Repubblica di cui tutti parlano ma che i cittadini non vedono.”
( da Cronache Anconetane)
venerdì 14 dicembre 2012
Blitz antidroga della Squadra Mobile: arrestati 3 magrebini clandestini. Spacciavano sulle piazze di Ancona e Falconara. Eroina nascosta in una bottiglietta del succo di frutta
ANCONA – A distanza di pochi giorni dalle ultime operazioni di Polizia, nella mattinata di ieri gli uomini della Squadra Mobile di Ancona hanno arrestato altri tre importanti spacciatori di droga. Si tratta di tre maghrebini tutti clandestini nel territorio italiano, sedenti in questo Capoluogo e dediti allo spaccio di EROINA nelle piazze anconetane e falconaresi. Si tratta di tre Tunisini pluripregiudicati: H.S. Di 31 anni; Y.B. Di 29 anni e T.T. Di 24. Era qualche giorno che i poliziotti dell’Antidroga stavano effettuando continui e mirati appostamenti nei pressi dell’abitazione dei tre In particolare, in uno di questi servizi veniva notato uno dei tre tunisini mentre si accingeva furtivamente verso un cespuglio adiacente all’abitazione. I poliziotti insospettiti hanno continuato imperterriti negli appostamenti resi ancor più ostili dalle avverse condizioni climatiche. Hanno trascorso parecchi pomeriggi e sere in attesa di vedere quei movimenti che hanno permesso di avere un quadro completo dell’illecita attività posta in essere dai 3 maghrebini. Numerosi anche i movimenti di clienti eroinomani che transitavano fermandosi dinanzi l’abitazione. Ieri mattina, quando ogni tassello del mosaico era stato messo nella giusta posizione, i poliziotti della Squadra Mobile di Ancona, collaborati dall’Unità Cinofila della Polizia di Stato, hanno fatto irruzione nell’abitazione dei tre delinquenti trovando quasi mezzo etto di eroina suddivisa in circa 60 involucri di varie dimensioni e pesi che, di lì a poco, sarebbe stata immessa nel mercato della droga. In particolare dall’accurata perquisizione emergeva una bottiglietta per succhi di frutta, marca Pago, chiusa ermeticamente da un tappo e da del nastro adesivo; all’interno, oltre ad alcuni grammi di riso (per assorbire l’umidità come si fa col sale nei ristoranti), vi erano numerosi involucri di varie dimensioni e pesi contenenti eroina, confezionati con del cellophane di vari colori, sigillati con il metodo della vulcanizzazione per renderli impermeabili e trasportabili tramite ingestione. Successivamente, grazie all’ausilio dell’unità cinofila, fatta intervenire sul posto, si rinveniva, trovato dal cane antidroga, un contenitore di plastica per alimenti, chiuso ermeticamente dal tappo e da del nastro adesivo, contenente anche questo, oltre ad alcuni grammi di riso, altri numerosi involucri di eroina. I tre spacciatori arrestati per violazione della legge sugli stupefacenti sono stati rinchiusi nel Carcere di Montacuto a disposizione del Sostituto Procuratore della Repubblica di Ancona Mariangela Farneti.
giovedì 6 dicembre 2012
Come sapete, nel sottopasso in corrispondenza della stazione ferroviaria, in particolare nelle ore notturne, si riscontrano comportamenti illeciti, bivacchi, schiamazzi e l’utilizzo dello stesso come fosse un bagno pubblico.
Per questo abbiamo istallato dei cancelli per chiudere gli ingressi del sottovia, sia nelle quattro entrate sulla via Flaminia (due sul marciapiede a valle della “nazionale” e due su quello a monte), che sull’accesso dalla spiaggia.
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