venerdì 26 luglio 2013



Legge sull’omofobia. Negri: «Dopo il

fascismo, evoca i tempi torbidi delle ideologie statali»

(Da Tempi)

L’arcivescovo di Ferrara mette in guardia dalla legge: «I sacerdoti e i vescovi che a Messa citeranno brani di San Paolo potrebbero essere denunciati»


«Sulla sana laicità del nostro popolo e della nostra società, incombe un pericolo gravissimo», avverte oggi su Libero l’arcivescovo di Ferrara, Luigi Negri: «Lo stato, per difendere una certa opzione e i suoi sostenitori, specificamente coloro che professano teoricamente l’omosessualità e la praticano nella società, penalizza in maniera gravissima e irreversibile le altre opinioni e le altre opzioni».



LEGGE IDEOLOGICA. La legge sull’omofobia, che sarà discussa in Parlamento, per la prima volta «a più di settant’anni dal fascismo» introduce «un reato di opinione che evoca i tempi torbidi delle ideologie statali che sembravano superati per sempre. Tempi in cui lo Stato, scegliendo posizioni ideologiche, le imponeva» e «sacrificava quelle non coincidenti con la sua». «Il nostro popolo – denuncia Negri – rischia di perdere quella libertà di espressione fondamentale, di scelte, di opzioni, di opinioni e di concezioni della vita che costituiscono il nucleo profondo dell’esperienza laicale».

SACERDOTI PERSEGUIBILI. Spiega l’arcivescovo di Ferrara: «Chi continuerà a fare riferimento alla grande tradizione eterosessuale dell’occidente che ha trovato nel magistero della chiesa cattolica e nella pratica della vita cristiana in questi secoli una grande e significativa testimonianza, rischia di essere inquisito se esprime pubblicamente le proprie convinzioni». «I sacerdoti e i vescovi che nell’ambito delle celebrazioni liturgiche pubbliche citeranno brani di San Paolo inerenti alla scorrettezza delle posizioni omosessuali, o il Catechismo della Chiesa Cattolica o buona parte della Dottrina Sociale della Chiesa, – avverte – potrebbero essere denunciati alle autorità pubbliche».

DIFENDERE LA LIBERTÀ.  La cristianità italiana, dice Negri, non deve dimenticare «l’insegnamento di Giovanni Paolo II nella “centesimus annus”»,  e continuare a difendere la propria libertà. Perché «tutte le volte che si lavora per la propria libertà si lavora per la libertà di tutti e tutte le volte che si perde o si vede ridotta la propria libertà, la si perde o la si riduce per tutti». «Negli ultimi tre anni sono stati più di centomila i cristiani massacrati in spregio alla libertà di coscienza nella stragrande maggioranza dei Paesi del mondo». Possibile che la «difesa dell’omosessualità» sia » prioritaria rispetto a questo «problema concretoe alla libertà di coscienza?

mercoledì 17 luglio 2013





Dite ai giornali che l’amico italiano del “satrapo” kazako è più P. che B.

 Lluglio 17, 2013 Luigi Amicone (Tempi)
 
L’autorevole e di sinistra Der Spiegel il 13 marzo scorso ha segnalato tra «i consulenti» dell’«autocrate» non Silvio, ma i principali leader del centrosinistra europe
Sarebbe bastato leggere i giornali stranieri per porsi delle domande sulla salute dell’informazione italiana al seguito del pasticciaccio brutto combinato dai nostri apparati di polizia con la “deportatio” (termine usato dai gionali kazaki) della moglie e figlia di Mukhtar Kabulovich Ablyazov.
Per prima cosa, come racconterà sulle pagine del settimanale Tempi Fausto Biloslavo, tutto si può dire di un ricco sfondato ricercato dall’Interpol, tranne che è un “dissidente” e “capo dell’opposizione”.
Punto secondo, ciò è niente davanti alla figura da Borat che ha fatto Ezio Mauro nel suo tonitruante editoriale di lunedì e replica del martedì, in cui, per berlusconizzare il Kazakistan e chiedere le “Dimissioni, subito” del ministro Alfano, ha dovuto dipingere un Ciancimino asiatico come Solzenicyn e un padre-padrone come un Gheddafi del Cremlino. «Un satrapo che dall’età sovietica, reprimendo il dissenso, guida quel paese e le ricchezze oligarchiche del gas, che gli garantiscono amicizie e complicità interessate da parte dei più spregiudicati leader occidentali, con il putiniano Berlusconi naturalmente in prima fila».

Naturalmente ciascuno è libero di pensare quello che vuole. Però, chi glielo dice a Ezio Mauro che l’autorevole e di sinistra Der Spiegel il 13 marzo scorso ha segnalato tra «i consulenti» dell’«autocrate» non Berlusconi, ma i principali leader del centrosinistra europeo e il «former prime minister Romano Prodi», tutti «membri dell’International Advisory Board di Nazarbayev» dove «ciascuno è pagato annualmente con un fee a sette cifre»? Non è un reato. E neanche un peccato. Però non si sa mai, magari poi Borat si in cazza e berlusconizza pure il padre del Pd.

martedì 16 luglio 2013

Il rapporto del Ministero del Lavoro

Raddoppiano disoccupati stranieri, colpa della crisi e delle sanatorie


((L' Occidentale)

“Gli immigrati nel mercato del lavoro in Italia”, il Terzo Rapporto annuale a cura della Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro, fotografa una realtà in cui la disoccupazione immigrata in Italia tra il 2008 e il 2012 è cresciuta di oltre duecentomila unità, se pure a frmilaonte di una crescita in valore assoluto della occupazione straniera. Da 162 mila disoccupati immigrati (94 mila donne e 67 uomini) siamo passati a 382 mila (193 mila donne e 190 mila uomini), con un aumento netto della componente maschile.
“Diversi indicatori,” si evince dal Rapporto, “convergono nel segnalare come la crisi abbia colpito in misura relativamente più accentuata proprio la componente immigrata”. La disoccupazione immigrata cresce in particolare nel manifatturiero, generando “un diverso impatto sulle comunità straniere, maggiore per quelle più inserite nel settore industriale, minore per le comunità più caratterizzate dal lavoro nei servizi alle famiglie”. Nella spirale depressiva della Grande Crisi, dunque, l’offerta di lavoro immigrata è cresciuta ma la domanda di lavoratori stranieri si è ridotta.
Viene quindi da chiedersi perché nel 2012, quando la crisi economica era già bella che iniziata, il Governo Monti e l'allora ministro Riccardi abbiano avuto la magnifica idea di concedere una ulteriore “sanatoria”, con la pia illusione di far emergere il lavoro sommerso immigrato. In realtà, quella decisione non ha fatto altro che complicare il processo di regolarizzazione dei lavoratori stranieri in Italia, aumentando la disoccupazione, facendo perdere reddito e spingendo anche i “regolari” a regredire nel sommerso.

La conseguenza è di aver creato un “esercito di riserva” della manodopera immigrata che non può essere assorbito dal mercato e che sempre più spesso fa concorrenza ai lavoratori inoccupati o disoccupati italiani. E’ recente il caso degli stagionali in Francia Corta, dove si è assistito a un aumento delle domande di lavoro da parte di italiani mentre in passato la manodopera era quasi esclusivamente immigrata. Come pure andrebbero analizzati nel dettaglio i dati sui servizi alle famiglie italiane: l’impressione è che nel numero di badanti e domestici sia cresciuto quello di lavoratori maschi, provenienti da comunità, come quella del Bangladesh, piuttosto che indiani pakistani e cinesi, che tradizionalmente non svolgono mansioni del genere (come accade per esempio con filippine, moldave o ucraine).
Quanti sono i falsi domestici, come dimostrano sempre più spesso le indagini svolte dagli organi inquirenti come nel recente caso di Cuneo? Una domanda che ci porta dritti a quel business invisibile ma fiorente sulla compravendita di permessi di soggiorno a fronte di rapporti di lavoro inesistenti. C’è quindi una fauna di avvoltoi e “professionisti della immigrazione” che lucra sul mercato della immigrazione: approvvigionatori delle comunità di appartenenza, ambasciate complici nel fornire timbri, visti e documenti, legulei e speculatori. Un vero e proprio «trust dell’accoglienza» che fiutando l’affare ha messo le mani sugli immigrati e si riproduce grazie a interessi consolidati, sanatorie, sprechi e truffe.


 Chiediamoci quanto ci costano le sanatorie, quali sono i benefici economici per lo Stato (ce ne sono) e come vengono impiegati i fondi, chi sono i player dell’umanitarismo, quanti e quali finanziamenti ricevono e come li utilizzano. Come funziona quella catena di comando che attraverso i ministeri arriva a enti locali, associazionismo e cooperazione, annacquando consapevolmente i criteri di valutazione per il permesso di soggiorno. La verità è che buona parte della classe politica italiana tarda a comprendere l’influenza negativa della crisi economica sul già ferito mondo della immigrazione. C’è stato un cambio di paradigma nel rapporto tra domanda e offerta di lavoro immigrata e sarebbe il caso di iniziare ad affrontare in modo realistico questioni decisive come questa, invece di rincorrere l'ultima polemica politica.
 

venerdì 12 luglio 2013

GEOPOLITICA DEI GASDOTTI, LA FINE MISEREVOLE DEL NABUCCO

 

Prima di staccare per andarcene un po' in ferie,pubblichiamo volentieri questa notizia,dopo che in passato più volte ci siamo occupati nel blog della questione dei gasdotti  NABUCCO-SOUTH STREAM,sostenendo a più riprese la non fattibilità ,e comunque la non convenienza per noi del NABUCCO.
I fatti ci hanno dato ragione.E ancora una volta la UE ha dimostrato quale cricca affaristica sia,e come noi sacrifichiamo sempre ad altri i nostri interessi.

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Oggi parliamo di come l’Europa butti politicamente se stessa dalla finestra ed i denari dei contribuenti nel water per sottostare al volere di Stati terzi, impropriamente chiamati alleati, in realtà sovrani delle nostre decisioni strategiche.

Uno dei principali nodi della fase storica presente è quello energetico e passa dalla geografia dei pozzi e dal  groviglio di dotti che attraversano le traiettorie della politica mondiale, determinando intese o diatribe tra i Paesi e le varie aree territoriali.
Il tema energetico non attiene unicamente all’industria ma è un’arma geopolitica per penetrare in mercati avanzati, incidere sui rapporti di forza internazionali, creare delle zone d’influenza, veicolare la politica estera.
L’Italia, grazie all’Eni, era riuscita a cavalcare la tigre degli approvvigionamenti e delle prospezioni, estendendo i propri affari in ogni parte del pianeta, anche nelle zone più difficili ed instabili, con accordi paritari o win-win (come si dice in linguaggio tecnico) che altre compagnie, troppo abituate ad imporre la potenza dello Stato di provenienza, si rifiutavano di offrire.
Tra questi progetti importanti c’era, ma tutto sommato c’è ancora sebbene ridimensionato per l’Eni, il South Stream, gasdotto fortemente voluto da russi che ci convocarono all’impresa in ragione di legami privilegiati che attualmente però sono logorati.
 


Il South Stream è un’autostrada del gas che aggira alcune nazioni, come l’Ucraina, che avevano creato interruzioni dei servizi negli anni precedenti, in virtù di alcune dispute politiche ed economiche con Mosca. Inizialmente, il partenariato era a due,Eni e Gazprom, poi le pressioni europee e quelle statunitensi hanno costretto il Cane a
sei zampe ad annacquare la propria quota, scendendo al 20% per fare spazio alla tedesca Wintershall ed alla francese EdF, con un 15 % ciascuna.

Nel frattempo, l’UE ha fatto di tutto per depotenziare la portata di tale programma poichè, a detta dei burocrati reggicoda di Bruxelles, la dipendenza dalla Russia sarebbe stata eccessiva.
In verità, erano soprattutto gli americani a non apprezzare la crescente contiguità tra le imprese di stato russe e le altre aziende europee, in primis italiane.
L’obiettivo americano, dopo la presidenza Bush, fu quello di recidere di netto i colloqui russo-italiani sulla politica estera in generale e su quella energetica in particolare, visti come fumo negli occhi negli ambienti atlantici.
Cosicché, Washington e Bruxelles s’inventarono di sana pianta, in barba alla disponibilità di risorse e alla fattibilità del
progetto, un altro gasdotto chiamato Nabucco,alternativo al South Stream e molto più vicino alle aspirazioni degli yankees, orientati a limitare l’influenza del Cremlino in Europa. I


Il Nabucco, doveva attraversare la Turchia ,riempiendosi di materia prima dal mar Caspio, sia dalla riva occidentale azerbaigiana che da quella orientale turkmena. Pazienza se lo stesso si rivelava impossibile sin dall’inizio, era un modo come un altro per prendere tempo e ricondurre a più miti consigli noialtri.

E’ notizia di questi giorni che il Nabucco è definitivamente fallito, migliaia di km di irrealizzabilità e di fervida immaginazione euroamericana, sono
bastati se non a sbarrare almeno a rallentare e ridimensionare le nostre velleità sul South Stream che certo erano più concrete ma molto meno accettabili Oltreoceano. Adesso che contiamo di meno, ora che ad avvantaggiarsene saranno russi, francesi e tedeschi i tubi potranno essere sistemati con meno rischi per i nostri falsi alleati.

Ma torniamo al Nabucco e vediamo come ce lo presentava l’Ue pur di persuaderci a tornare sui nostri passi e rinunciare al  South Stream.  L’intento apparentemente innocente ma totalmente  falso era di differenziare le fonti di approvvigionamento per non creare situazioni  di dipendenza da un solo fornitore che, nel nostro caso, era il terribile orso russo il quale avrebbe potuto ricattarci per ottenere maggiore spazio nelle questioni interne.
La commissione europea, per il Nabucco Gas Pipeline International GmbH, arrivò a stanziare 200 000 000 di euro e a strappare impegni dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo e dalla Banca europea per gli investimenti al fine di ottenere ulteriori fondi. Nel 2007 la Commissione europea nominò quattro Coordinatori per progetti nel settore dell’energia, con la missione di monitorare ed agevolare la realizzazione di quelli prioritari. Tra questi era compreso il Nabucco e tra gli esperti c’era il nostro professore bocconiano Mario Monti, uno che dovunque è andato ha reso prioritaria l’inefficienza e l’inutilità.
Nella relazione generale sull’attività dell’Unione Europea del 2009 così veniva enfatizzato il Nabucco:
“A luglio quattro Stati membri dell’UE (Bulgaria, Ungheria, Austria e Romania) e la Turchia hanno firmato ad Ankara l’accordo intergovernativo Nabucco, che definisce un quadro per l’esportazione di gas dai ricchi giacimenti del Mar Caspio e del Medio Oriente in Turchia e nell’UE, attraverso un oleodotto che attraversa la Bulgaria, la Romania e l’Ungheria fino al centro di smistamento austriaco di Baumgarten. Grazie a Nabucco, i paesi europei che per ora dipendono interamente da un fornitore esterno vedranno aumentare drasticamente la sicurezza degli approvvigionamenti. Imprese situate in Azerbaigian e in Iraq hanno già manifestato interesse ad utilizzare l’oleodotto. Il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, ha dichiarato in proposito: «Il progetto Nabucco è di cruciale importanza per la sicurezza energetica dell’Europa e per la sua politica di diversificazione degli approvvigionamenti di gas e delle vie di trasporto. La firma dell’accordo dimostrerà che siamo determinati a trasformare questo oleodotto in realtà il più presto possibile».


La realtà, al contrario di quello che sosteneva Barroso, un altro che se ne intende di defaillances,  è quella venuta alla luce nelle nelle ultime settimane. Il Nabucco è miseramente finito in disgrazia come molte delle iniziative di questa Ue senza anima e senza idee.
Il colpo al cuore, tuttavia, non è venuto dal South stream, ma dal Tap (Trans Adriatic Pipeline).
Il consorzio Shah Deniz del quale fanno parte la BP britannica, la Total francese, la Statoil norvegese e la Socar azerbaigiana ha scelto un altro tracciato di soli 500 km, attraverso la Turchia e la Grecia, per il trasporto del gas azerbaigiano,  molto più corto dei 1330 km del Nabucco Ovest.





I vertici di Gazprom hanno accolto la notizia con un sorriso sarcastico, del resto avevano previsto tutto,  ma non si dispiacciono affatto di vedere frantumati i piani americani e la sempiterna stupidità nostrana che insegue acriticamente le provocazioni dei primi. I più arrabbiati con l’Ue sono i rumeni e bulgari che si erano spesi (o stesi, forse il verbo è più cogente) per il Nabucco sempre per i soliti timori verso Mosca ed il passato di paesi satelliti della Russia che potrebbe ritornare. Tutta questa vicenda ci insegna, come ha scritto Le Figaro nel numero di ieri, che i gasdotti restano armi geopolitiche i mano ai governi e ai produttori. L’Italia imparerà mai la lezione e quello che costa abbassare sempre la testa per compiacere tutti e tutto fuorché i nostri interessi strategici?

(Gianni Petrosillo) - http://www.conflittiestrategie.it/geopolitica-dei-gasdotti-la-fine-miserevole-del-nabucco

martedì 9 luglio 2013

La bomba a orologeria dell'immigrazione

Papa Francesco commuove Lampedusa, Veltroni fa politica 

 (R.Santoro)

 

Con quell’appello contro la globalizzazione dell’indifferenza, Papa Francesco ha commosso Lampedusa e l’Italia, ricordando i doveri dell’uomo cristiano. E fin qui tutto bene. Poi però in prima serata su La7 è arrivato Walter Veltroni, che parlando di immigrazione ha detto "Ci dovremmo preoccupare perché tra un po’ gli immigrati non arriveranno più da noi perché non c’è lavoro".
Probabilmente l'inventore del Pd pensava di fare un paradosso ma quel "tra un po'" è già adesso, siamo già oggi in una situazione simile. Di lavoro per i migranti in Italia ce n’è sempre meno. Il Paese attraversa una fase depressiva della economia dove a una maggiore offerta di lavoro immigrata corrisponde un domanda ridotta di manodopera, meccanismo che vale anche per tanti italiani.

Gli immigrati vivono una condizione regressiva di maggiore disoccupazione, hanno perso reddito e le conseguenze delle politiche di emersione degli ultimi anni non hanno ridotto se mai aumentato il “nero” e la clandestinità. Caro Veltroni, abbiamo un esercito di riserva della manodopera che non viene assorbito dal mercato e che sempre più spesso fa concorrenza ai lavoratori italiani, come nel recente caso degli stagionali in Francia Corta.
La politica deve senza dubbio ascoltare i moniti del Papa, confrontarsi con le alte sfide di quella missione spirituale, ma d'altra parte converrebbe anche interrogarsi sui risultati concreti delle (scellerate) sanatorie degli ultimi anni. Qual è il rapporto costi-benefici delle recenti politiche di emersione del lavoro immigrato? Cosa si nasconde nel buco nero del mercato legato ai permessi di soggiorno? Cosa faranno quelle migliaia di badanti regolarizzati tali, maschietti cinesi o del Bangladesh che tutto sembrano meno che materne signore ucraine?
Sveliamo allora luci e ombre dell'umanitarismo quando si fa industria della accoglienza, il cortocircuito tra Stato, ministeri, enti locali, associazionismo e cooperazione, tutti intenti consapevolmente o meno ad "annacquare" i criteri di valutazione per il permesso di soggiorno, contribuendo in fin dei conti a peggiorare quella situazione economico-sociale appena delineata.
Gli aspetti economici legati al fenomeno migratorio vanno interpretati non per restare indifferenti davanti al “sangue versato dai nostri fratelli”, come insegna Papa Francesco, ma  con l’obiettivo di dare delle concrete opportunità a chi arriva in Italia.