martedì 31 agosto 2010

da L'Occidentale

Dietro le sparate di Gheddafi un fiume di opportunità per le aziende italiane

Un’agenda fitta di appuntamenti ha atteso il leader libico Muammar Gheddafi nel secondo giorno della sua visita in Italia. Nonostante sia atterrato solo ieri all’aeroporto di Ciampino con al seguito il solito corteo di assistenti e amazzoni (ma anche 30 cavalli berberi), il Colonnello è già riuscito a canalizzare l’attenzione di tutta la stampa italiana ed estera con le sue bizzarrie e le provocatorie affermazioni sull’Islam e l’Occidente.

Oggi è stato il tema delle donne nell’Islam a suscitare le maggiori proteste. “La donna è più rispettata in Libia che in Occidente e Usa” ha detto Gheddafi di fronte ad una platea di 200 hostess assoldate per ascoltare le sue “lezioni di Corano” durate 3 ore all'Accademia Libica a Roma. Il leader nordafricano ha anche fornito un esempio alle sue affermazioni: “In Occidente la donna fa dei lavori non consoni al proprio fisico, come per le macchiniste sui treni. In Libia non sarebbe mai possibile, è un lavoro troppo pesante”. Ieri, nel primo incontro con le oltre 500 giovani che attendevano il suo arrivo nella residenza dell’ambasciatore libico a Roma, il Colonnello le aveva persino invitate a sposare uomini libici. “I discorsi sul Corano che il colonnello Gheddafi sta tenendo a Roma a platee di hostess a pagamento non solo sono una pagliacciata e un'umiliazione per le donne, ma mettono in grave imbarazzo il governo italiano”, ha dichiarato Anna Paola Concia, deputata del Pd.

Ma il leader libico è tornato anche sulla rovente quanto attuale questione dell’islamizzazione dell’Occidente, ribadendo alle sue spettatrici che “l’unica fede in cui bisogna credere è quella di Maometto, cioè l’Islam”. Ma dalle semplici e “inoffensive” parole, ieri era passato ai fatti: dopo aver invitato le giovani hostess a convertirsi all’Islam e aver affermato che “l'Islam dovrebbe diventare la religione di tutta l'Europa”, Gheddafi ha suggellato e benedetto la conversione di 3 delle 500 ragazze partecipanti all’incontro. Un fatto che ha sollevato un polverone politico traversale: dall'allarme dell'europarlamentare della Lega Nord Mario Borghezio per il paventato pericolo di “islamizzazione” all'indignazione della presidente del Pd, Rosy Bindi, fino alle dure critiche contro il governo lanciate da Ffwebmagazine, periodico online della Fondazione Farefuturo vicino al presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ha definito l’Italia “la Disneyland di Gheddafi”.

Dura anche la posizione del sindaco di Milano, Letizia Moratti, che ha tenuto a sottolineare come “noi abbiamo la nostra religione, che è la religione cristiana, e credo che sia importante che ognuno tenga alle proprie radici nel rispetto delle religioni e tradizioni altrui. Poi ci sono scelte personali che ognuno può fare”. Per Souad Sbai (Pdl), parlamentare del Pdl di origini marocchine, “ben vengano gli accordi economici e i trattati di amicizia tra l'Italia e la Libia, così come è sempre accaduto con i Paesi arabo-musulmani, ma un conto sono gli interessi economici e un altro sono gli atti gratuiti di folklore presuntuoso, pretestuoso e umiliante verso la cultura millenaria occidentale”. Ferdinando Adornato, deputato dell'Udc e fondatore di Liberal, tiene invece a ribadire l’importanza, specialmente in questo caso, della difesa dei i diritti umani: “Non significa interrompere i rapporti diplomatici con chicchessia, con tutti ci vuole dialogo e cooperazione; però non vanno dimenticati i diritti umani”.

Taglia corto invece un’altra parlamentare della maggioranza e Presidente del Comitato Schengen, Margherita Boniver, quando chiosa che “quella di Gheddafi e le hostess da convertire all'Islam è un'innocua carnevalata”. “Queste note folkloristiche – ha evidenziato – offuscano la sostanza del trattato di Bengasi, un provvedimento che molti paesi europei ci invidiano. Le celebrazioni serviranno a rafforzare ulteriormente i già eccellentissimi rapporti economici che soprattutto in tempo di crisi sembrano proprio come la manna caduta dal cielo. Anche sotto il profilo della sicurezza e del contrasto ai trafficanti di esseri umani, l'accordo italo-libico è estremamente utile e necessario”. “Scandalizzarsi per le eccentricità del Colonnello naturalmente è lecito, ma i piagnistei – ha concluso la Boniver – non sovrastino l'interesse nazionale”.

Tra le polemiche della giornata di oggi, infatti, sono passati praticamente inosservati i veri appuntamenti istituzionali che avevano spinto il leder libico a tornare in Italia per festeggiare il secondo anniversario del “Trattato di Bengasi”. Prima dell’inaugurazione della sede romana dell'Accademia libica in Italia, il premier Silvio Berlusconi – accompagnato dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, e dai sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta e Paolo Bonaiuti – ha incontrato per mezz’ora il Colonnello sotto la tenda beduina allestita nel giardino della residenza dell'ambasciatore libico a Roma. Al centro del mini-vertice tutta una serie di importanti accordi che rafforzeranno i rapporti bilaterali tra Italia e Libia, dando ulteriore applicazione al Trattato di amicizia nel settore dell’immigrazione clandestina e offrendo alle aziende italiane importanti opportunità d’investimento. Non per nulla sono numerosi i big dell’economia e della finanza italiani tra gli 800 invitati alla cena di questa sera alla Caserma Salvo D'Acquisto di Tor di Quinto.

Un sistema satellitare di controllo delle frontiere terrestri libiche che sarà fornito da “Selex sistem” di Finmeccanica; un accordo per l’ammodernamento dell’aviazione militare della Difesa; un contratto per la costruzione della rete ferroviaria libica (oltre 3mila chilometri in tutto e duemila lungo la costa, finora appannaggio di Russia e Cina); lo sviluppo della rete elettrica, centrali e sistemi di produzione libici; la creazione della metropolitana di Tripoli. Questi sono solo alcuni dei dossier aperti ai quali le società italiane sperano di poter accedere nei prossimi mesi per appropriarsi di una consistente fetta degli investimenti libici. In ballo, infatti, ci sono decine di miliardi di euro. Un’occasione unica giunta proprio in un momento non facile per l’economia italiana (e i lavoratori nostrani) e per la quale, forse, vale la pena chiudere un occhio sul teatrino di Gheddafi.

lunedì 30 agosto 2010

Dal Corriere Adriatico

Falconara, la sfida da Picchio Beach

Giochi senza frontiere Vince la squadra verde


Falconara Ha vinto la squadra dei Verdi, anche se indossava magliette color arancio. I magnifici quaranta capitanati da Giorgio Giuliani si sono aggiudiciati la prima edizione dei Giochi senza frontiere disputati tra sabato e ieri nello stabilimento balneare Picchio Beach di Falconara. Seconda la squadra dei blu, guidata da Claudio Capitani, terza la bianca condotta da Federico Bastianelli e Antonella Mosci, poi la rossa, capitanata da Paolo Sturbini. I quattro team erano composti ciascuno da 40 concorrenti, con la stessa combinazione tra omini, donne e bambini. In due turni, tra sabato e ieri, si sono sfidati in una serie di in una gara di abilità che ricordavano la celebre formula televisiva di Giochi senza frontiere. Sabato si erano disputati il torneo di beach tennis misto, la corsa con i sacchi, il tiro alla fune, oltre alla gara di canoa, una competizione con il pigiama bagnato e una corsa con il pannolone. Ieri mattine le gare sono riprese con i giochi per i bambini e poi alle 16 appuntamento con il misterioso del “fil rouge”. Alle 18 c’è stata la premiazione dei bambini con riconoscimenti speciali alla più piccola e al più piccolo, alla più colorata e al più colorato e poi sono stati consegnati consegnati i vari trofei e il premio Picchio Beach, andato alla squadra dei Verdi. Stasera, per concludere in bellezza, cena per tutti gli iscritti alle gare.

domenica 29 agosto 2010

COMUNICATO STAMPA GOFFREDRO BRANDONI



Leggendo le dichiarazioni di alcuni esponenti del PD falconarese, sembra che loro non vivano a Falconara M.ma ma nell’immaginaria isola di “Utopia” pensata da Thomas More.
La questione dell’integrazione e quella della sicurezza e del decoro della città sono criticità presenti da molti anni a Falconara, aggravate dalla scellerata gestione delle passate amministrazioni di centrosinistra, le quali in nome di un falso buonismo e per ottenere un facile consenso, sono sempre state pronte ad elargire diritti e prebende ed a chiudere gli occhi sul mancato rispetto di doveri e di obblighi.
È questo comportamento miope e sbagliato che ha alimentato o rischia di alimentare l’intolleranza in quella parte di cittadini falconaresi che rispettano le leggi, pagano le tasse ed amano la propria Città.
In questi anni l’Amministrazione e la maggioranza di centro destra stanno cercando di rimediare ai tanti danni causati dalle passate amministrazione di sinistra che non si sono limitate a rovinare finanziariamente la nostra Città ma ne hanno compresso anche il decoro, il senso di appartenenza e l’orgoglio dei propri cittadini.
Chiedere il rispetto delle regole, sanzionare le condotte illegittime, garantire una maggiore sicurezza ai cittadini ed un maggior decoro alla Città, a differenza di quello che pensa il PD, non alimenta l’intolleranza ma al contrario favorisce un’integrazione vera e garantisce una maggiore vivibilità a tutte le persone.
Questa l’Amministrazione di centro destra contraddice con i fatti, i vaniloqui e le falsità della sinistra: la Prefettura ha comunicato che Falconara, a differenza delle città limitrofe, ha visto diminuire sensibilmente il numero dei reati commessi nel proprio territorio dimostrando l’utilità del Protocollo della sicurezza e la lungimiranza dell’Amministrazione che sin da subito ha creduto che fosse prioritario il coordinamento e la sinergia di tutte le forze dell’ordine; pur nelle conosciute difficoltà economiche l’amministrazione ha mantenuto invariate le tariffe dei servizi a domanda individuali ed ha predisposto un fondo di solidarietà per chi perde il lavoro; ha incentivato l’occupazione dei giovani grazie alla preziosa collaborazione con la Falcomar; ha favorito l’integrazione nelle scuole dei bambini provenienti da famiglie disagiate grazie al prezioso aiuto di educatori e tanto altro ancora.
La decisione di chiudere il campo nomadi è una scelta, a nostro avviso, necessaria ed inevitabile perché il campo non svolge più il compito per il quale era stato creato ma al contrario è diventato un luogo pericoloso che rovina la vivibilità e l’immagine della Città.
Indifferenti a quelle critiche esclusivamente faziose e propagandistiche, continueremo con il massimo impegno la nostra attività amministrativa avendo come stella polare esclusivamente gli interessi della Città e dei Cittadini.

Sindaco di Falconara M.ma

sabato 28 agosto 2010

Gli attacchi di Famiglia Cristiana al premier

da Ragionpolitica

Famiglia Cristiana non riesce a darsi pace. E’ difficile, per il settimanale dei Paolini, accettare che la maggioranza dell'elettorato cattolico dia fiducia a Silvio Berlusconi. Accusa infatti il premier di non rispettare né la Costituzione né il valore della sovranità popolare. Forse il settimanale, che ha fatto registrare un forte ridimensionamento di lettori, tenta di estremizzare i toni per recuperare più visibilità, cavalcando l'antiberlusconismo e sventolandolo come un vessillo per certificare la sua esistenza, rifiutando una realtà che non coincide con i suoi dettami culturali. Ma a chi parla Famiglia Cristiana? Siamo sicuri che i cattolici, oggi, siano così inclini a seguire gli strali ideologici della rivista dei Paolini? Sarebbe utile ricordare al direttore, don Sciortino, che è grazie alla stragrande maggioranza dei cattolici che è sorta la Seconda Repubblica di cui Silvio Berlusconi è il leader più rappresentativo. Come affermava Baget Bozzo, «l'elettorato del centrodestra è nato da una crisi di Stato e non da una questione di scelta politica, è nato da una crisi del consenso attorno alla Costituzione del '48 e allo Stato su cui si fondava».
Le tesi di Famiglia Cristiana sembrano tuttora ancorate ad una visione legata al «patriottismo della Costituzione» di memoria comunista, in cui i partiti ideologici della Prima Repubblica e quello confessionale della Dc erano i garanti della Carta. La vita democratica delle istituzioni italiane si svolgeva, quindi, entro i confini di un'etica della Repubblica che faceva dell'antifascismo la legittimazione politica e culturale, ed i comunisti, che non erano di certo paladini della democrazia, esercitavano la loro funzione legittimante attraverso l'attuazione materiale della Costituzione. Ed è proprio in questo quadro storico che emerse la maggioranza silenziosa, ossia il popolo italiano che determinò l'archiviazione della Prima Repubblica e l'avvento della Seconda. Fu merito di Silvio Berlusconi il dare forma politica a questa istanza, in cui la cultura dei bisogni si era sostituita all'approccio degli ideologismi del Novecento. Egli ha dato voce a quella maggioranza silenziosa, instaurando un rapporto diretto tra il leader ed il suo elettorato, che lo riconosce spontaneamente come tale.
Evidentemete Famiglia Cristiana ritiene ancora che la sovranità popolare debba essere irriggimentata negli equilibrismi che hanno contraddistinto la Prima Repubblica, nella quale la delega in bianco del mandato parlamentare era il mezzo per attuare i più biechi bizantinismi di palazzo. Ma come lo stesso giornale dei Paolini ricorda, nel 2008 uscì dalle urne un'ampia maggioranza che si strinse intorno a Silvio Berlusconi, e ciò costituì una rivoluzione nel panorama politico italiano e pose fine a quella visione materiale della Costituzione difesa strenuamente dai frammenti dei partiti della Prima Repubblica.
Ora che molti di quei frammenti si sono dissolti nel Pd, il «patriottismo della Costituzione» è diventato il vessillo di una minoranza del Paese incapace di costituirsi come alternativa efficace a Silvio Berlusconi. Assistiamo, quindi, ad un paradosso: l'uomo politico più votato nella storia italiana, colui che gode di più consensi democratici, viene dipinto come l'usurpatore, come colui che intrepreterebbe in maniera distorta il dettato costituzionale per poter fare ciò che vuole. Peccato che in Italia, proprio sulla base della nostra Carta costituzionale, il premier, rispetto ai pari grado di altri paesi, è una figura con poteri molto più limitati. Questo perché la nostra storia ha imposto, quando nacque la Repubblica italiana, di evitare il rischio di derive autoritarie dopo il regime. L'esigenza che si è imposata negli anni, ossia quella di riformare il nostro sistema istituzionale, è nata proprio dalla necessità di ovviare alle lacune che sono emerse negli anni e di poter rafforzare un potere decisionale troppo debole nel nostro Paese per poter affrontare le sfide globali.
In realtà l'Italia pensata da Famiglia Cristiana è ancora il frutto di quel retaggio culturale del «cattolicesimo adulto» che si erge a paladino per le sorti del popolo. Ma fu lo stesso Dossetti a ritenere che, con la Costituzione del '48, il popolo italiano avesse abbandonato il suo potere costituente. Il giornale dei Paolini è, forse, nostalgico di quei tempi, di quella storia che vorrebbe riprodurre nell'attuale contesto. Ma le sue posizioni risentono molto probabilmente della consapevolezza di essere ormai un frammento ideologico residuale nel mondo cattolico. Il suo antiberlusconismo le impedisce di dare il giusto peso alle scelte che il governo Berlusconi ha adottato, ad esempio in materie delicate come la difesa della vita nel caso Englaro. I giudizi severi che Famiglia Cristiana esprime in merito agli atteggiamenti assunti dal premier nei confronti della componente finiana dimostrano come, in verità, il settimanale dei Paolini si abbandona unicamente alla faziosità politica, sulla scia di tante altre testate giornalistiche ideologicamente antiberlusconiane come Il Fatto e L'Unità. Famiglia Cristiana parla di «Costituzione dimezzata» e non si rende conto che quella che essa teorizza, con il suo antiberlusconismo ideologico e persino teologico, è di fatto una «democrazia azzoppata».

giovedì 26 agosto 2010

Campo nomadi addio


Dal Messaggero

Dopo tanti annunci e altrettanti rinvii, sono iniziate ieri le grandi manovre di chiusura del campo nomadi di via delle Caserme. Il comune ha dato il via alle prime operazioni di sgombero, smaltendo tre rouottes. Entro una quindicina di giorni , le ultime famiglie, le due che vivono nei prefabbricati in muratura, saranno sistemate e si potra' chiudere definitivamente la zona. Intanto sono state rimosse tre roulottes, inutilizzate ridotte in condizioni allucinanti. Le famiglie che le abitavano le hanno lasciate. Chi da qualche mese, gli ultimi una ventina di giorni fa. Ad oggi risultano sempre residenti a falconara in altre sistemazioni. Le roulottes erano state acquistate 15 anni fa per una somma che i aggira sui 15 mila euro. Sono state stipate in un magazzino ma con ogni probabilita' verranno demolite. Il loro stato fatiscente non consentirebbe di rienderle. La giornata per gli uomini del comune era iniziata attorno alle 8 con un prim briefing al comando della polizia municipale. Dopo una mezz'ora, tre pattuglie di vigili e gli operai dei lavori pubblici sono sul posto. Li e' stata trovata un' ulteriore roulotte e la carcassa di un'autovettura. Compito dei vigili, quello di risalire attraverso il numero del telaio al proprietario al quale sara' intimato di liberare l'area in tempi strettissimi. Scaduto l'ultimatum sara' lo stesso comune ad occuparsene. All'ingresso del campo, numerosi rifiuti che saranno presto smaltiti in discarica. Terminato il giro al campo nomadi, gli opera comunali si sono fermati anche a Villanova dove, nei pressi del sottopassaggio sulla Flaminia, si e' cominciato a ripulire un deposito di ferrivecchi. Tra i rottami e la sporcizia, e' stata rinvenuta la carcassa di un motorino e, anche in questo caso, dal telaio, si tentera' di risalire al proprietario. Durante le operazioni di sgombero, i rom presenti nel campo si sono limitati ad osservare e chiedere agli operai cosa stesse succedendo.... continua

DAL CARLINO

Campo rom trovata droga e refurtiva

Droga e refurtiva trovata al campo Rom di via delle caserme. Un furto al brico center compiuto da due donne nomadi ha portato i carabinieri di falconara, guidati dal tenente Matteo Demartis a ritrvare in uno dei moduli abitativi del campo anche 30 grammi di hascish, gia' diviso in dosi. Il ritrovamento e' avvenuto martedi pomeriggio, dopo che alle 17 i militari falconaresi erano stati chiamati dal personale del Brico che ha denunciato il furto di materiale elettrico per un valore di 150 euro. I testimon hanno fornito ai carabinieri la descrizione delle due ladre e la targa dell'auto a bordo della quale si erano allonate, riferendo di averle viste dirigersi verso il campo rom. Gli uomini della tenenza hanno quindi seguito una perquisizione all'interno delle abitazioni provvisorie e, oltre alla refurtiva, che e' stata restituita al supermercato, hanno rinvenuto anche l'hascish diviso in 15 dosi da 2 grammi ciascuno. Le due donne di 24 e 26 anni, sono state arrestate per furto aggravato e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Entrambe sono state accompagnate al carcere femminile di Villa Fastiggi.

martedì 24 agosto 2010

Anche a Repubblica hanno scoperto "l'Hamastan"


Conosciamo fin troppo bene la retorica su Gaza, la Striscia sotto assedio, il "campo di concentramento" a cielo aperto più grande del mondo dove gli israeliani tengono "prigionieri" un milione e mezzo di persone, "senza luce né acqua", dopo averla "rasa al suolo" con l'Operazione Piombo Fuso del 2008. Abbiamo ascoltato le grandi narrazioni sulla "nakba" e l'olocausto del popolo palestinese, ma anche quelle secondo cui Hamas sarebbe un governo democraticamente eletto che assicura al suo popolo un minimo di welfare state.Tutte descrizioni che si rinverdiscono grazie alla grancassa dei media occidentali che pendono per i palestinesi e avversano la destra "fondamentalista" di Bibi Netanyahu e del suo ministro degli esteri Liebermann. E apparentemente, leggendo l'incipit del reportage apparso oggi su Repubblica non scopriamo Visto che queste cose le scriviamo non da oggi ma da anni, non possiamo che apprezzare la resipiscenza del quotidiano di Largo Fochetti, il fatto che abbia capito che quello al potere a Gaza sia un regime, anche se ancora non riesce a chiamarlo per nome: fascista, stragista, terrorista. Ma viene da chiedersi se d'ora in poi sarà questa la linea seguita da Repubblica oppure il reportage sia stato un caso fortuito, rapsodico, e magari abbia un'altra spiegazione. Forse i responsabili degli esteri di Repubblica sono ancora in ferie ed è così che in redazione è sfuggito un pezzo che, per una volta, dice le cose come stanno. La verità sull'Hamastan.niente di nuovo: "l'Operazione Piombo Fuso ha intaccato le strutture, disarticolato un territorio urbano, distrutto un'economia", se non fosse che subito dopo all'autore sfugge un inedito "l'incapacità di Hamas di essere partito di governo ha fatto il resto", che non ci saremmo aspettati e ci ha spinto a proseguire nella lettura. Così Repubblica 'scopre' che a Gaza c'è un "regime", che "la democrazia non abita da queste parti", che "qui si impone col pugno di ferro, soffocando anche nel sangue ogni opposizione e restringendo anche la libertà di espressione". E ancora, che "gli estremisti bocciano il dialogo con Obama", che c'è una guerra civile fra Hamas e l'ANP, che "l'islamizzazione forzata della Striscia va avanti senza leggi ma a colpi di minacce, intimidazioni, piccole e grandi vendette". Conclusione: la vita nella Striscia è un incubo, "e questo incubo si chiama Hamastan".

L'occidentale

lunedì 23 agosto 2010

Dal Corriere Adriatico


Colte in flagrante dai carabinieri


Rubano al supermercato Arrestate due ladre


Falconara

Prendono la merce dagli scaffali e la imboscano sotto le ampie gonne senza sapere di avere già i carabinieri alle calcagna. Due donne nomadi di etnia rom, C.E., 50 anni, e E.G., 30 anni, entrambe residenti a Falconara e già pregiudicate per furto, sono state colte sul fatto dai carabinieri della Tenenza di Falconara proprio mentre stavano saccheggiando un supermercato in centro. Il fatto è successo nel tardo pomeriggio di sabato. Le due ladre, non nuove a imprese del genere, sono entrate al Penny Market di via Marconi con l’intenzione di fare un po’ di spesa a scrocco. I drappeggi delle vesti al posto del carrello, confidando di poter mettere a segno il saccheggio e passare la cassa inosservate. A far fallire il loro ennesimo blitz ci hanno pensato i militari dell’Arma, che come di consueto presidiano ogni giorno le vie del centro senza sosta. I carabinieri, durante un servizio di pattuglia, avevano infatti notato le due zingare entrare al Penny Market e con circospezione le hanno seguite. Saggia decisione. Le hanno in pratica sorprese ad arraffare diversi generi alimentari che poi infilavano sotto le ampie gonne. Per le rom sono così scattate le manette ai polsi con l'accusa di furto aggravato in concorso. Le due nomadi, con diversi guai in passato con la giustizia, sono state poi accompagnate al carcere femminile di Villa Fastiggi, a Pesaro. Recuperata e restituita ai proprietari del supermercato l'intera refurtiva. E un altro punto a favore dei controlli sul territorio effettuati dai militari dell’Arma di Falconara, al comando del tenente Matteo Demartis.

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Guidavano ubriachi Due patenti ritirate

Falconara


Anche l’ultimo fine settimana si è caratterizzato per una serie di controlli effettuati dai carabinieri di Falconara sugli automobilisti in transito lungo le strade principali. Il risultato parla di due patenti ritirate per guida in stato di ebbrezza alcolica su quindici conducenti controllati. Denunciati un ventisettenne anconetano e un trentenne residente a Senigallia: il tasso di alcol nel sangue era inferiore a 1,5 gl. Denunciato anche un albanese trentenne residente in provincia di Macerata: la sua patente è risultata falsa. Controllati in totale 57 veicoli e oltre 100 persone.


sabato 21 agosto 2010

Il Comune dà una chance ad Ars Amandi


Dal Corriere

Falconara Ci sono ancora delle chance per Ars Amandi e il marito se davvero vorranno mantenere la residenza a Falconara. La procedura di revoca e verifica della loro effettiva presenza sul territorio cittadino è partita infatti all’inizio di quest’anno e deve durare, per legge dodici mesi durante i quali la Polizia Municipale ha l’obbligo di effettuare almeno tre accertamenti. La ex impiegata del Comune diventata pornostar di successo con tanto di contratti negli Stati Uniti, ha tutto il tempo quindi, secondo quanto precisato dagli uffici competenti, “per fare ricorso e rimediare alla situazione”. In sostanza la residenza non è stata “tolta”, ma è stata semplicemente avviato un controllo poiché la coppia risultava irreperibile e l’ufficio tributi non ha potuto consegnare alcune cartelle. Poiché la corrispondenza tornava al mittente l’ufficio ha segnalato l’irreperibilità ed a questo punto è scattato un percorso che dura appunto un anno esatto. “La coppia – spiegano in Comune – ha cinque mesi di tempo per segnalare che è ancora residente a Falconara, può dunque fermare senza problemi questo percorso o comunicare la nuova residenza in un altro comune. Erano stati invitati a presentarsi presso l’ufficio anagrafe per chiarire la loro posizione, ma non hanno mai fatto sapere nulla”. La segnalazione, chiariscono in Comune, è una “procedura che parte d’ufficio, in automatico, è una specie di atto dovuto, ma se le persone in questione non entrano poi in contraddittorio è difficile fermare il procedimento”. Fra l’altro perdere la residenza non è cosa da poco, visto che comporta una serie di gravi problemi (compresa la cessazione dell’assistenza sanitaria) ed è poi molto difficile riottenerla. Nei giorni scorsi il marito-manager di Ars Amandi aveva reso nota la vicenda, chiarendo che a loro non era mai arrivata nessuna comunicazione in merito. Se non ci vogliono andremo altrove – aveva precisato il marito-manager – il problema a questo punto non è più questo, non abbiamo neanche voluto fare ricorso”.
Il sogno è allungare la stagione

Falconara Il mare “tira” sempre, ma la crisi c’è, su questo non ci sono dubbi. In più il giugno piovosissimo ha accorciato un’estate che si è ripresa “davvero bene” solo ad agosto. Fra difficoltà, incremento di alcune tariffe (la Tarsu per esempio, aumentata dell’85) e maltempo i bagnini falconaresi si sono dovuti organizzare per inventare un modo nuovo di stare in spiaggia. Così fra aree fitness e benessere (come quella nuovissima da Picchio Beach), campi da beach volley (in moltissimi stabilimenti), cinebeach (da Marakaibo), aperitivi al tramonto (gettonatissimi quelli di Roselli al Mare), la scuola di musical per bambini (da Solaria) la spiaggia di Falconara ha attraversato con un certo successo e sempre molte presenze anche la stagione 2010. “Il giugno bruttissimo – dice Anna Mercandetti de Le Ragazze – è stato una mazzata, però adesso ci stiamo riprendendo bene, queste settimane di agosto sono state davvero buone e speriamo di concludere in bellezza. Certo la crisi si sente, i giornalieri sono diminuiti e in genere tutti cercano di contenere le spese e di risparmiare”. Anna Mercandetti però è tutto sommato soddisfatta anche perché nota un certo cambiamento nei rapporti con l’amministrazione comunale. “Credo che questo sindaco abbia imboccato la strada giusta – spiega – in particolar modo per quello che concerne i controlli e la sicurezza la mare. La stazione ferroviaria illuminata ha voluto dire molto e credo che se si potesse illuminare anche il cavalcavia andrebbe anche meglio. Mi sembra che il primo cittadino sia una persona disponibile al dialogo e soprattutto conosce bene la spiaggia ed i suoi problemi”. Adriana Brandoni di New Tropical, stabilimento con annesso ristorante a Palombina Vecchia sta pensando di prolungare l’apertura per compensare i giorni persi a causa della pioggia. “Di sicuro – osserva – saremo aperti ed in piena attività nel primo week end di settembre, poi vedremo il tempo, decideremo giorno dopo giorno. Certo un giugno così disastroso proprio non ci voleva, adesso le giornate sono già più corte, non è di certo la stessa cosa”. Però nonostante l’inizio difficile anche la stagione 2010 ha portato molte persone da fuori zona che, assicura la Brandoni, “ha apprezzato la spiaggia e le sue strutture”. “Il tempo ci ha penalizzato ad inizio estate”, ammette Gessica Petraccini di Picchio Beach che però annuncia una apertura “almeno per tutto settembre e se ci saranno sole e caldo anche più in là”. “Ad ogni modo – prosegue – noi non ci possiamo lamentare, la nuova area benessere con piscina ed idromassaggio ha creato movimento e portato moltissime persone nuove anche da Ancona e anche le attività sportive sono andate molto bene. Chi viene al mare ormai vuole tante proposte diverse, possibilmente per occupare tutta la giornata”.

venerdì 20 agosto 2010

Dal Corriere adriatico di oggi

Buffet e rock party da Roselli al Mare


Falconara

Stasera dalle 20 “Roselli al Mare” (stabilimento n.1 sottopasso della Stazione) aspetta i suoi clienti per un altro appuntamento fra musica ed aperitivi sotto le stelle. La serata partirà al tramonto con buffet e spritz per seguire alle 23 con un grande “Star light rock party” una festa con i dj Monta e Mario e “Astrozombie misfits tribute”. Info sul profilo Facebook di Roselli al Mare.

giovedì 19 agosto 2010

L’amministrazione dopo i due arresti

“Pugno di ferro contro gli affitti clandestini”

Falconara “Il problema esiste e sarà uno degli argomenti che porteremo al prossimo tavolo sulla sicurezza convocato dal prefetto”. Sulla questione degli alloggi dove vivono gli immigrati il sindaco Brandoni ha deciso di fare chiarezza entro tempi brevi, visto anche quanto scoperto dai carabinieri nei giorni scorsi. Gli uomini dell’Arma hanno trovato in un solo appartamento nella zona di via Fratti ben tredici persone ospitate da un connazionale che subaffittava posti letto a prezzi astronomici. Dei tredici presenti, due erano clandestini già gravati da decreti di espulsione, gli altri erano in regola con il permesso di soggiorno. Per l’uomo che affittava parte del suo appartamento è scattata una denuncia, mentre gli altri due sono stati processati per direttissima ed espulsi dal territorio nazionale. Il blitz ha acceso i riflettori sul panorama in penombra degli affitti e sul mondo degli stranieri, ma il sindaco annuncia anche un giro di vite per quello che riguarda gli aspetti di competenza del Comune sia per quanto concerne affitti e locazioni che sulle attività commerciali intestate a stranieri. “Stiamo collaborando con la Guardia di Finanza – fa sapere il sindaco – per cercare di tenere sotto controllo il territorio. Il fenomeno nel suo complesso sarà oggetto di un attento studio – spiega Brandoni – e faremo molta attenzione nel momento in cui vengono richieste nuove licenze commerciali”

mercoledì 18 agosto 2010

Multe per lucciole, trans e clienti

Ordinanza antiprostituzione a Montemarciano, sanzionati nel weekend cinque viados e un uomo

MONTEMARCIANO


Montemarciano Cinque viados e un cliente multati nel weekend di Ferragosto. Sono i primi a fare le spese dell’ordinanza antiprostitutzione firmata giovedì scorso dal sindaco Liana Serrani per fronteggiare il fenomeno del sesso a pagamento sulle strade di Montemarciano, in particolare lungo il litorale di Marina. Come avviene ormai da quasi due anni nella vicina Falconara, anche l’amministrazione civica di Montemarciano, su indicazione della Prefettura, ha deciso di dotarsi di uno strumento normativo che consentirà alle forze dell'ordine di sanzionare tanto i clienti quanto le prostitute. L'ordinanza che sbarra la strada a lucciole, trans e loro clienti abituali vieta infatti di “contrattare sulle pubbliche vie e in altri spazi pubblici o di uso pubblico prestazioni sessuali mercenarie con persone dedite al meretricio” e colpisce anche l'attività stessa svolta “mediante inequivocabili forme di adescamento”. Per chi si fa soprendere a mercanteggiare sesso sulla pubblica via, ci sono multe pesanti, visto che la sanzione prevista va da un minimo di 150 a un massimo di 900 euro.E i risultati sono subito concreti, almeno da un primo bilancio stilato dall’amministrazione civica. Forti della nuova ordinanza i carabinieri della stazione di Montemarciano hanno sanzionato nel corso del fine settimana ferragostano cinque viados brasiliani. Uno di loro è stato fermato in via Leopardi, gli altri mentre si radunavano in un distributore di benzina lungo la statale Adriatica, consueto luogo di ritrovo dei viados che si prostituiscono sulla litoranea. In un caso, insieme al trans, è stato multato anche un cliente, residente nella provincia di Ancona, sorpreso mentre contrattava la prestazione. Per tutti multe da 300 euro. Affinché i controlli siano capillari, copia dell'ordinanza è stata inoltrata dalla Polizia municipale anche alla Questura di Ancona e ai comandi provinciali di Carabinieri, Guardia difinanza, Corpo forestale dello Stato. Il prefetto Paolo Orrei – spiega il Sindaco Liana Serrani – durante il Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica dello scorso giugno ci aveva caldamente sollecitato di emanare questo provvedimento che, come si è visto, ha funzionato da subito. L'ordinanza è stata fatta perché abbiano notato presenze sempre più numerose di prostitute nei distributori della statale Adriatica ed era bene mettere per tempo un freno a questo fenomeno. Siamo soddisfatti dei primi risultati”.

martedì 17 agosto 2010

di Marcello Veneziani

DA ILGIORNALE.IT

Fini e la sindrome Salieri

Vi racconto la vera sindrome di Gianfranco

Ma perché lo ha fatto? Gira e rigira è quella la domanda su Fini che resta senza risposta. Tutti parlano del pasticciaccio brutto, da Montecitorio a Montecarlo, tutti conoscono le tappe dell’escalation ma in fondo non ci sono risposte alla domanda che pure sento ripetere ovunque io vada: ma cos’ha nella testa Fini, perché ha combinato tutto questo casino, dove vuole andare? Non pretendo di darvi una risposta convincente, mi limito a comporre le possibili spiegazioni in un racconto che tiene conto di tutte le più accreditate versioni, eccetto le tempeste ormonali. Escludo anche le cause patologiche, tipo la scatola cranica dei dobermann che a una certa età comprime il cervello e li fa impazzire, fino ad azzannare il padrone.

Fini soffriva della sindrome di Salieri. Sapete, Salieri era un musicista che non sopportava il successo del suo collega Mozart e dicono che abbia avvelenato il suo più famoso amico-rivale. Per tradurlo in termini correnti, diciamo che Fini ha vissuto per anni alla destra del Padre, soffriva del complesso del vicario; apparire sempre coprotagonista, cofondatore, spalla e cognato del Re, alla lunga logora e frustra. Non dimentichiamo il lato umano, la psicologia elementare. La stessa cosa accade al principe Carlo che ha passato una vita a fare l’erede, ma la regina non schioda e ora prevedono di bypassarlo. A Carlo per la rabbia gli sono cresciute le orecchie, a Fini il rancore.

A ciò si aggiunge la frustrazione dei sondaggi, dove Fini spopolava. E questo gli dava un senso di insofferenza anche verso il suo partito e la sua destra: si era convinto di essere più amato del suo partito e più grande della sua destra. In realtà confondeva la popolarità con il consenso, il generico apprezzamento con il voto. Se è per questo anche Almirante era ammirato da mezz’Italia e detestato dall’altra metà, ma poi visse al 5 per cento, per dirla con una poesia di Montale. Così Bertinotti. Mai confondere gradimento e consenso. Ma questa convinzione, probabilmente alimentata da chi gli sta vicino, lo ha portato a far crescere l’autostima e a nutrire un duplice fastidio: verso Berlusconi che gli faceva ombra, pur essendo più basso di lui, ma anche verso la sua destra, dalla base ai colonnelli tutti, che considerava con disprezzo la sua palla al piede, senza accorgersi che era il suo fondamento: è come un uccello che se la prende con l’aria perché fa resistenza al suo volo senza accorgersi che è l’aria a sostenerlo in volo, e senz’aria cadrebbe a terra.

Abbiamo così due spiegazioni di partenza, intrecciate e compatibili. Ma direte voi, un vero politico sa pazientare, conosce i tempi giusti per uscire allo scoperto, non rompe il gioco a metà fino a inimicarsi i suoi stessi elettori. Fini era il naturale successore di Berlusconi, e dopo la diaspora di Casini ancora di più; era perfino accettato dalla Lega, verso cui solo ora ha scoperto i suoi livori nazionalistici. Perché allora non ha avuto pazienza? Qui viene l’ipotesi chiave. Fini ha il terrore di succedere a Berlusconi come premier, ha orrore del gran lavoro, sa che sarebbe schiacciato sotto il peso del governo, non ce la farebbe. Lui aspira al ruolo di Speaker Supremo, cioè di presidente della Repubblica. Perché lui vuol essere Capo ma senza la fatica di governare; vuol essere sopra i partiti e non dentro, perché ha nausea dei medesimi, è single. Bello fare il presidente della Repubblica, magari qualche bel discorso a reti unificate, ricevi i potenti della Terra, passi dal Principato di Monaco al regno d’Italia, fai immersioni nelle tenute di Stato… Per andare al Quirinale deve azzoppare il suo più temibile concorrente interno, Berlusconi, e amicarsi la sinistra, senza aspettare il turno per Palazzo Chigi. Ecco, la partita è il Colle.

In tutto questo, capirete bene che a Fini il suo partitino gli serve solo come leva provvisoria, come calzante per mettersi le scarpe presidenziali; poi non serve più. Dopo aver scaricato il Fronte della Gioventù, l’Msi, l’elefantino, An, avete ancora qualche dubbio che Fini non sia disposto a sbarazzarsi dei suoi?

Non trascurate poi l’incoraggiamento avuto: dopo una vita d’insulti e di ghetto perché fascista, non gli è parso vero l’elogio della stampa e della sinistra.

Alla costruzione del movente manca però la causa scatenante. Quando Fini ha svoltato? Dicono al predellino che Fini ha subìto; ma sapeva che correndo da sola An, svuotata da anni di sfinimento, avrebbe perso voti. Io penso a due altre ipotesi, una vistosa e l’altra nascosta.

La causa vistosa accadde due anni fa. È la convinzione finiana che Striscia la notizia lo abbia killerato per conto del Cavaliere, mandando in onda quei terribili filmati sulla Tulliani e Gaucci. Fu la svolta. Lui chiese la testa di Ricci e di Confalonieri, fece il diavolo a quattro, annunciò la fine di Mediaset… E invece, mi ha raccontato Antonio Ricci, il filmato andò in onda quasi per caso, anticipato da uno spezzone su Blob; giaceva lì da qualche giorno, lo tirarono fuori per casuali circostanze, senza parlarne con i vertici di Mediaset che magari avrebbero tentato di bloccarlo… Lui se la legò al dito, come poi col Giornale. Perché Fini è vendicativo, non ha la duttilità del politico intelligente né la magnanimità del vero capo.

Insomma la causa prossima fu Gaucci. Non è una gran bella causa e non è certo una base adatta per diventare presidenti della Repubblica, semmai per diventare presidenti del Perugia calcio, completando la successione a Gaucci…

In alternativa, se cercate una ragione più alta, complessa e dietrologica, ve ne prospetto un’altra concomitante: si narra dell’ostilità di Fini al progetto berlusconiano dell’accordo con Putin sul gasdotto che passa dall’Iran; un progetto sgradito agli ambienti che stanno dietro a Fini, che lo seguono da tempo, non solo agli Esteri, e lo hanno sdoganato nei luoghi giusti. Non so quanto sia vero, ma fa emergere anche l’ipotesi che Fini, come è sempre stato, sia eterodiretto, guidato, telecomandato.

Insomma questo è il quadro generale delle ipotesi. Ora mi direte voi che ci azzecca con tutto questo il progetto politico, o addirittura culturale, la destra più moderna, la libertà, il futurismo, la legalità, e pure il suo partitino provvisorio, il suo pied-à-terre in aula. Ora i conti tornano, le contesse un po’ meno…

PS) Questo articolo mi ha fatto riflettere molto, molto.....

R.B.

sabato 14 agosto 2010

“Così si rischia la città-polveriera”

Mastrovincenzo accusa l’amministrazione di alimentare l’intolleranza




Dal Corriere


Falconara Il Pd va al contrattacco. E in una il capogruppo Antonio Mastrovincenzo parla del rischio che Falconara diventi una “città-polveriera in cui l’amministrazione di destra sta alimentando un’insopportabile cultura dell’intolleranza”. Mastrovincenzo parte dall’annuncio del sindaco sulla chiusura del campo nomadi.

“Una sola cosa mi trova effettivamente concorde - ironizza il capogruppo Pd -. Brandoni ha trascurato il problema della sicurezza, che ha affrontato, sin dall’inizio, in modo demagogico e populista. Lo ha dimostrato anche in consiglio comunale quando a maggio dello scorso anno, annunciò la necessità dell’esercito a Falconara e l’imminente istituzione delle ronde, alimentando irresponsabilmente paure e timori nella comunità”.

Così “nel lungo elenco di prodigiosi interventi del sindaco”, Mastrovincenzo cita alcuni “episodi emblematici. Nel 2008, in poco tempo ha rincorso per le campagne ragazzini afgani affamati; ha indignato dirigenti scolastici, genitori, alunni dopo aver fatto irruzione nelle scuole, strappando volantini sindacali che promuovevano una democratica assemblea e violando platealmente una giurisdizione che non gli appartiene, si è cimentato in azioni di polizia nelle case di immigrati, molto spesso regolari. E proprio sugli immigrati assistiamo costantemente a detestabili discriminazioni (l’ultima in occasione dell’approvazione del regolamento sul Fondo di solidarietà per i disoccupati) e a nessuna risposta concreta”.

Riprende: “Che fine ha fatto la Consulta a loro rivolta? Che fine hanno fatto le iniziative volte a favorire una reciproca conoscenza tra cittadini italiani e stranieri e la promozione del rispetto delle diverse culture, previste dal protocollo sulla sicurezza firmato con la prefettura? Rispetto a questo protocollo, sono rimasti lettera morta anche gli interventi per la prevenzione alla tossicodipendenza e i percorsi di uscita dal mondo della prostituzione. L’ordinanza emanata su questo tema ha, di fatto, solo aggravato il fenomeno, spostando la prostituzione nelle case, rendendo difficile l’operato di associazioni che operano sul campo come Free Woman. Così come vergognosa - dice Mastrovincenzo - è stata l’ordinanza contro chi dimora negli autoveicoli e nelle roulotte: chi vive in auto non è un pericoloso delinquente ma vi è costretto da condizioni di povertà e di precarietà”.

Aggiunge: “La grande fermezza dimostrata da Brandoni in questi anni nei confronti dei poveri si trasforma in completa subalternità nei confronti del Governo amico, a cui non si opporrà quando nella nostra città, come sembra, istituirà un Cie”. Il Pd, rimarca Mastrovincenzo, “sente il dovere morale di mettere in campo fin da subito un'alternativa, anche culturale, nella nostra città: la sicurezza è un bene di tutti da salvaguardare ma va perseguita con una maggior prevenzione, una più efficace integrazione”.

venerdì 13 agosto 2010

Brandoni: “Chiudo il campo nomadi”


Falconara Goffredo Brandoni aveva fatto della sicurezza il cavallo di battaglia della campagna elettorale. Da inquilino del Castello è rimasto in groppa, per muovere lancia in resta a difesa di Falconara. “Voglio garantire una città vivibile”, aveva promesso. Parola mantenuta, se oggi s’è guadagnato la fama di sindaco sceriffo. Anzi no, dice lui. “Se ho un rammarico, è di non aver fatto abbastanza per il rispetto della legge. La gente si aspetta di più e fa bene, qualche commerciante non mi rivolge più la parola perché non gli basta”. Pausa. “Pensi, quando siamo riusciti a mandare via i romeni da piazza Mazzini mi hanno fatto un applauso. Non vivo di queste cose, ma mi incoraggiano”.

Qualche flash di pugno di ferro. Ottobre 2008. E’ guerra al mercimonio del sesso con multe di 300 euro a prostitute e clienti. No a decolleté selvaggio e minigonne spericolate. Niente sfilate discinte nella passerella della notte. E’ l’ordinanza decoro per sanare a suon di stangate la piaga della prostituzione. Nelle aree hot anche divieti di fermata per raffreddare i bollori dei compratori di sesso e frenare le oscenità di lucciole e viados. “Abbiamo liberato di viados via Clementina, con sopralluoghi insieme al questore”, commenta soddisfatto Brandoni. “Entro l’anno metteremo la luce dalla Rocca in su, sarà un altro deterrente. L’illuminazione ha funzionato molto per esempio in stazione”.

Ancora storia. A marzo 2009 ha affilato le armi delle contravvenzioni per dare battaglia ai piccioni, stabilendo come infrazione punibile con un’ammenda di 500 euro chi fosse pizzicato a nutrire abusivamente i volatili che sono troppi e sporcano.

Stesso mese, ha mostrato i muscoli anche contro i bivacchi. Vietato l’uso “come luogo di dimora di camper, auto, furgoni parcheggiati in strada. Perché “utilizzo improprio delle aree pubbliche e ne limita la corretta fruizione prevista dal Codice della strada”.

Due mesi, e il piglio militare di Brandoni ne ha ispirato l’auspicio di un intervento della mimetica. Maggio 2009: “Voglio l’esercito”. Spiegava. “Sono fermamente convinto che utilizzare l’esercito per i controlli e la sicurezza sia un’ottima idea. Se il Governo darà il via libera, faremo subito richiesta per avere qui i soldati”. Di più. Sempre a maggio: “Aspettiamo il pacchetto sicurezza, e sia ben chiaro: se verranno autorizzate le ronde le faremo”.

A luglio altro acuto: l’annuncio della chiusura del campo nomadi. “Non assolve più il ruolo per cui era stato realizzato e non è più idoneo dal punto di vista igienico-sanitario, logistico e di integrazione sociale”. Verso i lucchetti. “In questi anni le famiglie hanno subito una grande trasformazione e da tempo l'ingresso al campo avviene in modo incontrollato e senza progettualità”. Un passo fino all’attualità. Il chiavistello arriva proprio in questi giorni. “Abbiamo dovuto cercare un’altra collocazione a quelli che risiedevano nel campo, abbiamo trovato appartamenti a Fiumesino e un contenzioso con la ditta ci ha fatto perdere tempo. Adesso ci sono disponibilità e abitabilità e possiamo procedere all’assegnazione delle case”. E allora, “a breve emaniamo l’ordinanza di chiusura del campo”. Questione di giorni.

Di nuovo un salto indietro. Molto caldo quel luglio 2009. Pure il blitz in spiaggia del sergente Brandoni, sulla sabbia con i vigili. “Intensifichiamo i passaggi di giorno e di sera”. Incandescente anche il dicembre successivo. Il sindaco ha messo in moto le ruspe per demolire una baracca alle spalle del Pala Badiali dove vivevano una famiglia con due bambini, senza decoro ambientale e sicurezza. Con un manifesto Brandoni si era beato sui muri della città per aver ripulito il territorio dagli ultimi. E questo non era andato giù a don Giovanni Varagona, parroco del Rosario, a al suo vice Dieudonné.si erano detti “costernati”. Brandoni chiosa oggi. “I proprietari della baracca abusiva hanno denunciato me e i coordinatori comunale e provinciale del partito, entro dicembre ci sarà la prima udienza della causa civile. Chiedono 50 mila euro di danni anche morali”. Annuncia. “A settembre prima di prendere decisioni drastiche faremo un tavolo per confrontarci con don Giovanni pe ascoltare quel che dicono lui e le associazioni in favore di questa gente”.

L’ultimo sussulto è cronaca dell’altra notte, infiammata dalla caccia ai romeni accampati ai giardini dei Frati. Un mini-bilancio. “Non mi pento di niente, anzi sì. Ho trascurato anche troppo il problema della sicurezza”. Altro che sceriffo.

giovedì 12 agosto 2010

Insulti e minacce, sindaco aggredito
Brandoni interviene per sgombrare un gruppetto di romeni. “Ho temuto che mi picchiassero”

Dal Corriere

Falconara “I romeni sono un problema grosso. Pensi che l’altra notte per poco non mi hanno picchiato”. Brandoni prende di petto ancora una volta la questione sicurezza. E annuncia il pugno di ferro. “Metteremo in campo tutte le misure necessarie per coordinare le forze dell’ordine”. Passa alle vie di fatto il sindaco, perchè non ci sono solo le “numerose segnalazioni di cittadini che mi chiedono di contenere il problema di condotte civili e irrispettose”. C’è un episodio che ha visto protagonista, suo malgrado, proprio Brandoni, che ha potuto toccare il nervo scoperto di una convivenza così difficile. Ecco l’episodio che accende l’allarme rosso. Martedì sera attorno alle 23 e 30 l’assessore Matteo Astolfi, notando un gruppo che si stava accampando nei giardini della chiesa dei Frati Minori, ha avvertito il comandante della polizia municipale Stefano Martelli, l’assessore alla sicurezza Loriano Petri e il sindaco. Questi ultimi dopo pochi minuti, col sostegno di una pattuglia dei vigili, hanno riscontrato la presenza di tre uomini e tre donne di nazionalità romena. Alcuni erano erano in evidente stato di ebbrezza. “Già li conoscevamo - ricorda Brandoni -. Ho assistito a una scena indecorosa durante una serata per disabili al centro Sì in piazza Mazzini. Importunavano con insulti e sputi la gente che assisteva alla manifestazione”. L’altra notte la tensione è tornata prepotentemente in superficie. La delegazione istituzionale ha fatto notare ai romeni che il loro comportamento non rispettava la legge e ha intimato di andarsene ponendo fine al bivacco. Per tutta risposta quelli hanno fatto volare insulti verso sindaco e assessore, minacciando di alzare anche le mani. Continua il racconto dell’amministrazione. Dopo vari tentativi di allontanamento, il drappello è finalmente uscito dal parco, dirigendosi verso la stazione sotto lo sguardo vigile del sindaco, dell’assessore e del capo dei vigili. Dietro di sé hanno lasciato i segni dell’accampamento in vicolo del Cantinone. I romeni si sono avvicinati ai binari, la Polfer gli ha imposto di tornare indietro. Sono arrivati anche i carabinieri per far tornare la normalità. Lo squillo d’allarme ha suggerito un breafing tra sindaco, assessore alla sicurezza e comandante della Municipale per concordare le strategie più efficaci. Intanto la Municipale ha eseguito con successo l’ennesimo controllo sul litorale falconarese, con sequestri di materiale contraffatto che veniva commercializzato tra i bagnanti. Nei giorni scorsi erano stati portati alla luce veicoli sprovvisti del certificato assicurativo, o ancora più grave, con certificati taroccati.

mercoledì 11 agosto 2010

Dal Riformista

Il dossier Tulliani
di Fabrizio d'Esposito

Non solo Paglia. Nel senso di Guido, l'ex finiano di ferro della Rai che ha affidato il suo sfogo contro la famiglia Tulliani a Franco Bechis per Libero. Paglia, infatti, ha confidato di aver rotto a causa del cognato di Fini, Giancarlo, lo stesso dell'affaire Montecarlo, «un'amicizia di trent'anni» con il presidente della Camera. Tulliani e le fiction. Tulliani e il trading diritti cinematografici. Tulliani e l'intrattenimento in prima e seconda serata

Storie che, ai piani alti di Viale Mazzini, circolano da due anni, da quando il centrodestra è ritornato maggioranza e Fini ha una nuova compagna, la rampante Elisabetta Tulliani. Questo quotidiano, già nel 2009, rivelò per primo la sigla della società di Giancarlo Tulliani creata per il settore delle fiction, la Giant, con l'aggiunta di un dettaglio non secondario: una sequenza di foto hard su “Ely e Gianfry” ritirata dal mercato a suon di migliaia di euro.Poco dopo, la Giant fu accantonata e comparve, come ha raccontato Dagospia, la At media di Francesca Frau, mamma di Elisabetta e Giancarlo Tulliani, che mise le mani su uno spazio di Festa italiana, contenitore pomeridiano di Raiuno, diretta da un altro giornalista amico di Fini, Mauro Mazza. Già, Mazza. E se, dopo Paglia, si decidesse a parlare anche lui? Adesso che in Rai non ci sono più finiani all'indomani della svolta di Futuro e Libertà, i falchi berlusconiani stanno preparando un dossier sul sistema Tulliani che ha imperversato per un bienno a Viale Mazzini. Raccolgono confidenze, stilano cifre, chiamano a raccolta ex finiani “bruciati” dal Capo a causa delle esose pretese del clan familiare della compagna. Sarebbe il colpo di grazia dopo il brutto pasticcio ancora non chiarito della casa della contessa Colleoni a Montecarlo.E stavolta, fanno osservare, il presidente della Camera non potrebbe aggrapparsi al «non sapevo» balbettato sull'appartamento monegasco. Stavolta verrebbe fuori un sistema organico di rapporti e affari che tirerebbe in ballo direttamente Fini. Del resto, la decisione di Paglia di togliersi gli innumerevoli sassolini finiti nelle sue scarpe in questi ultimi due anni è arrivata dopo una recentissima telefonata del presidente della Camera al viceministro Romani, uomo Rai di Berlusconi e in pole position per lo Sviluppo economico lasciato libero da Scajola. Quel giorno Fini, al telefono con Romani, pose il veto su Paglia presidente della Sipra. E quest'ultimo, che aveva già pagato i suoi no a Giancarlo Tulliani con la mancata nomina a vice dg di Mauro Masi, capì che non c'era più niente da salvare nel suo rapporto trentennale con l'ex leader di An.Ma ancora più di Paglia, che a Viale Mazzini aveva organizzato un circolo di An che raccoglieva ben 307 iscritti con quota annua di 25 euro, sarebbe stato il direttore di Raiuno Mauro Mazza a subire il sistema Tulliani. In pratica, lo spazio affidato all'interno di Festa Italiana, e non confermato per la prossima stagione, non sarebbe che la punta dell'iceberg. In questi due anni, Mazza avrebbe sopportato pressioni di ogni genere, spesso opponendo rifiuti come Paglia. Di qui furibonde litigate con Fini e di qui la decisione di rompere del tutto con l'antico amico.Nella destra ex missina di Viale Mazzini, il ciclone Tulliani ha fatto tabula rasa di amicizie consolidate, improntate al mutuo soccorso tra ex camerati ritrovatisi al governo del paese dopo decenni di ghetto costituzionale. Al punto che persino finiani come Italo Bocchino e Luca Barbareschi, entrambi con interessi nella fiction (Bocchino con la moglie Gabriella Buontempo, l'attore-deputato direttamente), quando ancora non era scoppiata platealmente la guerra con il premier, si sarebbero sommessamente lamentati con «l'amico Gianfranco» per le mire eccessive dei Tulliani in campo televisivo.Al settimo piano di Viale Mazzini, Giancarlo Tulliani si presentava come «il referente del presidente della Camera». E i falchi azzurri stanno monitorando le persone che hanno avuto contatti con lui. E minacciano: «Per sapere il numero esatto non resta che consultare l'ufficio passi e vedere quante volte è venuto». Ormai la rottura con il presidente della Camera è totale. Compresa la Rai. Come dimostrano la già citata decisione di non non far lavorare più At media su Raiuno (un affare da un milione e mezzo di euro) e lo stop alla miniserie Mia madre prodotta da Ellemme Group, una società di Massimo Ferrero detto er Viperetta e dello stesso Giancarlo Tulliani. Per il cda la proprietà della Ellemme, facente capo a due società londinesi, sarebbe «opaca». La tesi del dossier berlusconiano, al momento segreto, è che Giancarlo Tulliani, col pieno sostegno del cognato Gianfranco, avrebbe cercato di accaparrarsi una triplice e sostanziosa fetta della torta Rai. Quella elencata da Paglia nel suo sfogo su Libero: fiction, intrattenimento, diritti cinematografici.In forte imbarazzo, i finiani per un biennio hanno cercato di resistere all'offensiva dei Tulliani, tentando di limitare i danni. Ma ciò non è servito. Questo è il motivo per cui oggi non si trova un finiano nemmeno a pagarlo oro. Ed è anche tempo di aggiornare la nota battuta che Luca Barbareschi fece in una riunione dei quadri An della Rai alla fine della legislatura 2001-2006: «In Rai abbiamo portato solo zoccole». «Zoccole e cognati», osserva oggi, con molta amarezza, un altro ex aennino di Viale Mazzini rimasto con Berlusconi.
La fedeltà dei finiani al programma è solo un proclama retorico


Giurano che loro si atterranno al programma di governo presentato agli elettori nell'aprile 2008, ma poi, alla prova dei fatti, dimostrano l'esatto contrario. E' già accaduto negli scorsi mesi sui temi dell'immigrazione e della giustizia, e accade di nuovo oggi sulle questioni bioetiche. I finiani, per bocca del vice capogruppo alla Camera di Futuro e Libertà, l'onorevole Benedetto Della Vedova, annunciano una iniziativa per «riprendere in mano il tema di una legge civile sulle coppie di fatto anche gay, senza confinarlo nella maggioranza ma allargandolo a tutte le forze parlamentari». Ma non finisce qui. Perché, sempre secondo Della Vedova, è necessario apportare modifiche anche alla legge sulla procreazione assistita votata dal centrodestra nel 2004, definita «assurda» dall'ex radicale e oggi deputato finiano. Infine, per completare il tutto, ecco la proposta di un «disarmo bilaterale» in materia di testamento biologico, visto che il Popolo della Libertà «ha prodotto solo proposte confessionali su questo tema».
Niente di nuovo sotto il sole, si dirà. Queste non sono soltanto le posizioni di Della Vedova, ma anche quelle espresse a più riprese, negli anni scorsi, dall'onorevole Fini, che non ha mai nascosto la propria idiosincrasia per l'approccio del centrodestra alle questioni bioetiche. Basti ad esempio ricordare la scelta - peraltro molto contestata all'interno del suo partito - dell'allora capo di Alleanza Nazionale in merito al referendum sulla fecondazione assistita del 2005, in occasione del quale egli decise, in nome di una non ben definita idea di «laicità», di appoggiare i quesiti che puntavano a scardinare l'impianto della normativa varata dalla Casa delle Libertà. Una normativa che - ricordiamolo - non vietava il ricorso alle tecniche procreative medicalmente assistite, ma ne disciplinava in modo rigoroso le condizioni e le modalità. Dunque, non un provvedimento «confessionale», al punto che l'allora presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, pur considerandola una sorta di «male minore» ed invitando per questo i credenti all'astensione referendaria, disse chiaramente che non si trattava di una «legge cattolica».
Se quindi, per un verso, le proposte di Fini e dei finiani in materia bioetica non rappresentano una novità, per un altro verso è evidente che il rimetterle in campo oggi - in un momento così delicato per le sorti della legislatura e dopo l'annuncio del presidente del Consiglio di una mozione programmatica sulla quale chiedere la fiducia del parlamento alla ripresa settembrina - rivela una chiara volontà di rottura che fa a pugni con le dichiarazioni di fedeltà al centrodestra e al mandato ricevuto dagli elettori due anni e mezzo fa. Dissotterrare la questione delle coppie di fatto, della fecondazione assistita, del testamento biologico in un frangente come quello attuale significa infatti cercare un pretesto per prendere ancora una volta le distanze dalla maggioranza: l'ennesima mossa tattica nascosta sotto la solita giustificazione del «dibattito culturale» e dell'espressione del «legittimo dissenso».
Certi temi, proprio per la loro rilevanza, per la loro delicatezza e per i loro risvolti etici, andrebbero affrontati nei modi e nei tempi opportuni, con un confronto degno di tal nome, e non dovrebbero essere utilizzati strumentalmente come la quotidiana occasione per differenziarsi, per mostrarsi diversi, infine per prendersi gli applausi della sinistra e di tutti i media politicamente corretti. Un'operazione di piccolo cabotaggio che contrasta con la grandezza delle questioni sul tappeto.
A questo proposito ci piace ricordare, proprio per il loro valore di coraggiosa opposizione alla politically correctness, le parole pronunciate dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa con la quale, nei tragici giorni che portarono alla morte di Eluana Englaro, annunciò il decreto del governo volto a salvare la vita della giovane donna - decreto poi respinto dal capo dello Stato: «Se non avessimo prodotto ogni sforzo nelle nostre possibilità per evitare la morte di una persona che è in pericolo di vita e che non è in morte cerebrale, ma è una persona che respira in modo autonomo, una persona viva, le cui cellule cerebrali sono vive, una persona in uno stato vegetativo che potrebbe variare come diverse volte si è visto, io, dal mio punto di vista personale, rispondendo alla mia coscienza, mi sentirei responsabile di un'omissione di soccorso nei confronti di una persona in pericolo di vita». La decisione di Berlusconi, accompagnata da queste sue parole, ha segnato lo spartiacque tra il «dibattito culturale» astratto e l'azione concreta in favore della vita e a sua difesa, divenuta parte del Dna del Popolo della Libertà. Rimarcare oggi le posizioni opposte - per di più, come abbiamo visto, come mero tatticismo - vuol dire certificare la propria rottura tanto con l'azione di governo del Pdl quanto con i suoi fondamenti culturali. Basterebbe riconoscerlo con chiarezza ed agire di conseguenza, senza ulteriori indugi finalizzati soltanto a guadagnare tempo per sé facendolo perdere al governo e alla maggioranza votata dai cittadini.


Ragionpolitica

domenica 8 agosto 2010

Il Cln di Bersani è figlio dell'odio e del nichilismo politico


Ragionpolitica

Senza politica, senza identità, senza progettualità. Senza l'abc che costituisce il fondamento di ogni partito degno di tal nome. Tenuto in piedi soltanto da un'ossessione: Silvio Berlusconi. Questo è il Pd oggi. Il Pd di Pierluigi Bersani e di Rosy Bindi, che sui giornali si dichiarano disponibili a tutto e pronti a qualsiasi alleanza pur di abbattere il nuovo tiranno. «Dobbiamo liberarci di Berlusconi, per questo non vado troppo per il sottile e mi rivolgo a tutti», dice senza tanti giri di parole il segretario a Repubblica. «Personalmente non avrei preclusioni verso nessuno, da Fini a Di Pietro, a Vendola», aggiunge la pasionaria della Val di Chiana intervistata da La Stampa.
Ed eccolo, dunque, il nuovo Comitato di Liberazione Nazionale auspicato dai vertici del Partito Democratico: una grande ammucchiata pseudo-resistenziale che tenga dentro chiunque abbia un motivo di risentimento, di rabbia, di odio nei confronti del Cavaliere Nero. Chiunque abbia intenzione di «normalizzare» lo scenario italiano eliminando dal panorama politico la cosiddetta «anomalia berlusconiana».
Secondo questa prospettiva, l'uomo di Arcore non va sconfitto democraticamente, cioè attraverso il voto dei cittadini, partendo da una proposta alternativa fatta di contenuti culturali, di programmi di governo, di diversi progetti politici. No. Egli va rimosso dalla scena in nome di una negatività assoluta, di un disprezzo ontologico totale e di una conseguente volontà distruttrice. Che cosa vi sia alla base di questa visione - se così possiamo chiamarla - è presto detto: un nichilismo politico che talvolta oltrepassa gli steccati divisori degli schieramenti, e che è potenzialmente in grado di tenere insieme quelli che a prima vista potrebbero apparire come uomini e storie opposti e incompatibili, ma che in realtà sono accomunati dall'incapacità di dare vita a proposte positive di governo dopo la fine delle ideologie novecentesche e delle grandi narrazioni che, nel bene e nel male, avevano costituito l'ossatura della politica italiana nel secolo passato.
Conseguenza diretta di questo nichilismo è una concezione del potere autoreferenziale e fine a se stessa, in cui di fatto scompare - anche se viene evocato a parole - ogni riferimento agli interessi vitali della nazione, sostituito da un frenetico tatticismo di palazzo che nulla di buono produce per il Paese. Questa idea del potere si manifesta, ad esempio, nelle manovre per dare vita a governi che non tengano in alcun conto la volontà popolare espressa in libere elezioni, ma che garantiscano comunque la sopravvivenza di pezzi del ceto politicante che da tempo non godono più della fiducia e del consenso degli elettori. E poco importa se è la tanto evocata Costituzione a stabilire che in Italia «la sovranità appartiene al popolo»: il gorgo nichilista tutto inghiotte, tutto dimentica, tutto calpesta. Rimane soltanto il potere per il potere e la lotta disperata per ottenerlo.
Alla luce di tutto ciò, non esagera il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, quando afferma che le parole pronunciate dal segretario del Partito Democratico a proposito della necessità di «liberarsi di Berlusconi» non soltanto sono inaccettabili, ma contengono in sé una «inaudita violenza». Perché la violenza è uno sbocco sempre possibile del nichilismo e dell'odio, del disprezzo totale di una realtà che va in direzione opposta ai propri desideri. Credevamo, dopo le gesta di Tartaglia, di esserci lasciati il peggio alle spalle. Forse non è così.

venerdì 6 agosto 2010

Lo sbilanciamento sulla Lega? Dovuto alla politica autolesionista di Fini



L'Occidentale

Piero Ostellino ha certamente il merito di avere posto, su Il Corriere della Sera, la questione della situazione sbilanciata della Lega Nord nella coalizione che governa il paese, con una larga maggioranza. La ha definita, in modo appropriato, azionista privilegiato della coalizione di governo.

La popolarità del governo Berlusconi e del suo leader persiste, anche in periodo di crisi e anche con la linea di rigore, che esso ha assunta nella manovra di finanza pubblica. Ciò dimostra la maturità degli italiani, ma anche il senso di responsabilità nazionale di questa coalizione di cui la Lega Nord è l’azionista privilegiato. Che, dunque, sponsorizza questo indirizzo e se ne assume la responsabilità anche nello scontro con le Regioni.

Un partito che alcuni, non comprendendo le piccole e medie città e i paesi, che sono il bacino elettorale della Lega Nord (in particolare mi riferisco a quelli montani e pedemontani in cui è nata e fiorisce la Lega) giudicano come composto di un elettorato intimamente secessionista. Ma in realtà, se ha un peccato, questo elettorato, è quello di essere convinto che esso paga troppe tasse per colpa del Sud. Mentre in realtà paga troppe tasse per colpa della enorme estensione del governo, statale, regionale e locale.

Tuttavia se c’è lo sbilanciamento che Ostellino pone in luce, ciò non dipende dalla Lega Nord, dipende essenzialmente dal fatto che il gruppo di Fini ha rinunciato ad essere espressione della destra storica, di unità nazionale e ha anche rinunciato a essere espressione di quella media e piccola borghesia centro meridionale che crede nella legge ed ordine, nel risparmio, nella dignità nazionale ed è contro il meticciato etico e culturale che viene teorizzato dalla sinistra. Non è razzismo essere contro l’immigrazione clandestina, non è razzismo richiedere che il voto agli immigrati non sia automatico e che essi rispettino la nostra identità culturale.

E’ paradossale che lo slittamento finiano verso il “pensiero debole” e i tic della sinistra crepuscolare abbiano luogo mentre in Calabria la competizione per la Regione è stata vinta con distacco da un esponente del mondo che crede in questi valori, proveniente da An e che nel Lazio abbia trionfato Renata Polverini, esponente del sindacato che si rifà alla tradizione valoriale di An, da Fini stesso sponsorizzata. A Napoli ha vinto Caldoro, in questo caso si tratta di un giovane esponente del Pdl che si rifà alla tradizione del liberal socialismo, ma il discorso, comunque, non cambia. E’ un volto del Sud diverso dal clichè tradizionale. E diversi da quel clichè, sono personaggi come Alfano e Schifani.

Sarà pure vero che la Lega è azionista privilegiata del governo, ma il Pdl ha un crescente consenso nelle forze vive del ceto medio borghese e piccolo borghese del Meridione e dell’Italia centrale, che non si capisce bene perché Fini, al momento, non sembra interessato a rappresentare, preferendo la sinistra elitaria.

Si può aggiungere che prima di Fini, il cui indirizzo a me pare comunque ancora indefinito e incompiuto, è stato Casini a rinunciare alla espressione di questi ceti all’interno della maggioranza, per inseguire un ruolo nel terzo polo, che è una fata Morgana.

Come ha ben chiarito Emma Marcegaglia, alla grande maggioranza degli italiani il tripolarismo non è più gradito perché non è adatto alle sfide del mondo globalizzato. Come essa ha argomentato, in risposta a un articolo di Sergio Romano, gli italiani sono per un sistema maggioritario, cioè per la democrazia competitiva, che è l’interfaccia dell’economia competitiva. Non sono più (posto che realmente lo fossero nel passato) per la democrazia consociativa, interfaccia dell’economia concertata. I governi di unità nazionale non sono più graditi, vuoi se gestiti dai politici, con dosaggi parlamentaristici, vuoi se gestiti da tecnici illuminati come vagheggiano gli ex azionisti di via Solferino e di Piazza Cuccia (dico “ex azionisti” riferendomi al partito d’azione di cui essi sono orfani, non ai pacchetti azionari di cui essi sono felicemente dotati).

Occorre sottolineare una cosa che manca nel chiaro e nobile ragionamento di Emma Marcegaglia, ma che è in esso implicita: il fatto che il sistema maggioritario, che piace agli italiani e che da luogo alla democrazia competitiva, si attua anche con il sistema elettorale proporzionale, tramite il ruolo del leader. E’ questo elemento necessario per l’efficienza della politica e dell’economia.

Un tempo alla Confindustria non era gradito che ci fosse una figura di leader del governo, dotato di troppo potere di governo. Infatti per condizionare la politica alle banche e alle grandi imprese, occorre che i leader politici siano intercambiabili e le maggioranze siano mobili. Invece ora la Confindustria vuole che ciascuno sia autonomo. Vuole lo stato “laico” dal punto di vista del potere economico. Le piace la Fiat di Marchionne, ma indirettamente le piace il governo che lascia libero Marchionne nel suo rapporto con i sindacati e non interferisce con le mosse di questi e di quello. Marchionne su Termini Imerese e su Pomigliano agisce con criteri economici che Emma Marcegalia loda. Ma ciò accade perché questo governo "lascia fare". E’ un governo pro mercato. Sarà vero che il suo azionista privilegiato, la Lega Nord non ha il bollino blu dei liberali doc. Ma è pur vero che la Lega è coprotagonista di questa svolta che si può definire col motto “Libera (Conf)industria in libero stato”.

La Lega Nord, nella vulgata sarebbe un partito ultra provinciale, in quanto le vallate da cui essa trae i voti sarebbero ricche, ma fondamentalmente incolte e pertanto dotate di una mentalità chiusa, stra paesana e provinciale. Non bisogna confondere gli aspetti pittoreschi con la sostanza.

La Lega Nord non ha commesso i due errori che si possono imputare a Fini e Casini, cioè quello di non avere capito che per avere un governo autorevole, che guida in modo continuativo lo stato e non è esposto alla pressione martellante delle lobbies, occorre un leader autorevole. E occorre rispettare la volontà dell’elettorato che ha votato questo leader, dando il voto alla coalizione che reca il suo nome. Inoltre occorre prendere atto che la Lega Nord ha capito alcuni principi dell’economia sociale di mercato liberale (dove la parola “sociale” non ha il senso concertativo e redistributivo che gli attribuiscono Romano Prodi e il professor Monti). Essa vuole attuare il federalismo. Ma si è resa conto che per farlo in modo gradito ai cittadini, occorre smagrire le Regioni e ridurre le imposte in occasione della devoluzione ad esse e agli enti locali dell’autonomia fiscale.

Nella vertenza con le Regioni, la Lega sta dalla parte di Tremonti che vuole ridurre le loro spese e non dalla parte dei governatori che le vogliono mantenere inalterate, magari distinguendo le Regioni virtuose dalle altre. La virtuosità che gli elettori si attendono è quella che viene affermata nel documento sul federalismo, appena varato dal governo, che vuole la riduzione delle regolamentazioni, la semplificazione delle regole e la chiarezza sulle competenze, con minor dirigismo anche delle Regioni e degli enti locali. La lotta all’evasione si accompagna con la moderazione delle aliquote per migliorare il gettito, in una economia in crescita.

In Via Solferino, sede del Corriere della Sera su cui scrive il liberale Ostellino, invece, in un passato recente, si è apertamente lodato Tommaso Padoa Schioppa che sosteneva che le imposte sono belle e che aveva come suo vice ministro delle finanze, Vincenzo Visco, che sostiene coerentemente uno stato sociale che tassa e spende, per modificare il sistema di mercato, con modalità ad esso non conformi. E sempre su il Corriere della Sera si legge che la tassazione con una cedolare secca del 23% (che diventa il 20% togliendo il 15% forfettario di spese) voluta da Tremonti e Calderoli per anticipare il federalismo e ottenere il consenso degli enti locali ai tagli imposti dalla manovra di finanza pubblica, è un regalo ingiustificato ai benestanti e agli enti locali. Ciò partendo dal postulato che l’imposta progressiva vigente sia una buona istituzione, che non ci sia alcun motivo per favorire fiscalmente il risparmio. Tale articolo definisce come dovuta alla “lobby del mattone” la riduzione delle imposte sul reddito del risparmio realizzato dai privati cittadini mediante l’investimento in immobili da dare in affitto. Si accusa questo governo – Pdl e Lega - di avere tradito la promessa agli elettori di ridurre le imposte, ma di fronte a una riduzione accompagnata alla lotta all’evasione che gli enti locali in questo campo sono in grado di fare meglio dello stato, si obbietta che è un regalo alle lobbies, definendo come tali tutti quei medi e piccoli borghesi che risparmiano investendo nell’edilizia civile.

C’è una altra cosa che la Lega Nord ha capito ed è che la lotta alla criminalità organizzata è essenziale per lo sviluppo del Sud e fa parte della battaglia federalista.

Lo schema di federalismo che la Lega propugna, con il fondo perequativo a favore delle regioni meno abbienti, i costi standard e i tributi autonomi, per responsabilizzare gli amministratori, non è uno schema secessionista, ma di unità nazionale. E’ pero uno schema molto difficile da attuare, se non si modifica la Costituzione, togliendo la confusione delle competenze concorrenti dello stato con le Regioni. Attualmente, ad esempio, tutte le Regioni hanno le proprie rappresentanze all’estero. Ci sono ancora molti passi avanti che la Lega dovrà fare per realizzare il modello federalista, con meno tasse e meno regole, che gli elettori vorrebbero.

La abrogazione delle province, la minimizzazione delle imprese pubbliche e degli enti pubblici delle Regioni e degli enti locali, la rinuncia alla imposta sui servizi, cattivo surrogato dei prezzi per i servizi, sulla base dei loro costi e della domanda, possibilmente con gestione privata. Le contraddizioni che serpeggiano nella Lega Nord mostrano che se la versione che ne dà Ostellino è impropria, è anche vero che essa è un partito in ebollizione. Perché, fra l’altro, la componente veneta è diversa da quella lombarda e questa da quella piemontese. Ciò benché tutte abbiano un elettorato che fa parte dell’area di Europa più aperta ai mercati globali, che per altro conserva un animo provinciale. Con i pregi e i difetti del caso.

Meglio qualche accento dialettale di troppo che lo snobismo dei salotti.

giovedì 5 agosto 2010

FONDO ANTICRISI

Intervento in consiglio comunale


Ci troviamo a votare oggi un atto molto importante.
Verra' dato il nulla osta al fondo di solidarieta' anticrisi messo in campo dall'amministrazione Brandoni estensione del lavoro della VI commissione servizi sociali.
Non sono state poche le difficolta', soprattutto nel reperire risorse.
Siamo partiti in sordina ma con le idee molto chiare fin dal principio.
Inizialmente potevamo contare su un fondo di 10 mila euro da impiegare nel sociale. Non si poteva di piu', non era possibile.
Oggi, con ulteriori sforzi e sacrifici, il Comune puo' contare su un fondo di trentamila euro, differenza scaturita dai canoni introitati dall'operazione via Roma, e comunque non si esclude prossimamente, se ci saranno le condizioni, di poter aumentare ulteriormente il fondo anticrisi.
Regolamento studiato con attenzione.
Nuove modalita', nuovo modo di intendere il contributo.
Contributo economico straordinario e temporaneo, individuato in 1200 euro da ripartire in sei mensilita'.
Ma fortemente abbiamo voluto motivare e responsabilizzare le persone che riceveranno tale contributo.
Infatti sara' obbligatorio prestare servizio in lavori di pubblica utilita' oppure rendersi disponibili a prestare servizio presso pubbliche assistenze presenti sul territorio.
In tale maniera, il richiedente, non vedra' erogarsi il classico “contributo a pioggia” ma, a tutti gli effetti diventera' un prestatore d'opera per la collettivita', guadagnandosi quindi il contributo.
Con molta attenzione, questa amministrazione, ha valutato i criteri di esclusione, saranno infatti esclusi dal bando coloro che nel 2009 e 2010 sono in possesso di alloggio di emergenza o di assegnazione in via definitiva di alloggi in base alla graduatoria di case popolari e coloro i quali hanno ricevuto contributi e servizi il cui ammontare corrisponde all'ammontare che avrebbero ricevuto con questo provvedimento.
Tutto questo proprio per evitare il doppio contributo alla stessa persona.
Il bando e' chiaro e trasparente, tanto che questa amministrazione si riserva il diritto di verificare con i metodi opportuni, il contenuto delle autocertificazioni.
L'amministrazione inserisce nel regolamento il principio di premialita', Pdl e Udc ritengono infatti di voler riconoscere un punteggio aggiuntivo agli Italiani che da anni risiedono sul territorio e che da anni pagano le varie tasse e le addizionali comunali.
Viene applicato quindi il principio della pubblica mutualita', concetto stesso che spesso e volentieri non viene preso in considerazione.
L'amministazione Brandoni quindi, ancora una volta, manda un chiaro segnale alla cittadinanza, messaggio di attenzione, sostegno, impegno e serieta'.
Oggi si accorciano le distanze tra cittadinanza e amministrazione.
Oggi diciamo ai cittadini in difficolta': noi ci siamo.

Raimondo Baia