domenica 31 luglio 2011


La sinistra antiberlusconiana, la democrazia e il grande tradimento








Da L'Occidentale



A dispetto dei decenni passati in attesa di un cambiamento radicale della società italiana, la cultura di sinistra non ha saputo cogliere una delle più importanti occasioni di trasformazione che si siano verificate in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale. La fine della Guerra Fredda, nel 1989, ha in effetti provocato un risultato del tutto inatteso: la liberazione di quelle forze popolari, borghesi e produttive che, imprigionate dall’urgenza di fare fronte contro la minaccia comunista, avevano accettato per decenni un ordinamento costituzionale, economico, politico e sociale a loro del tutto estraneo e sgradito. Dopo un periodo burrascoso e tragico come quello di Tangentopoli, l’avvento del berlusconismo nel 1994 è stato il mezzo tramite il quale l’Italia profonda, quella che la sinistra istituzionale e culturale non aveva mai saputo interpretare, ha avuto finalmente l’occasione di darsi un volto. Oggi, mentre la fine del ciclo iniziato nel 1994 è ormai all’orizzonte, è facile rendersi conto di quanto poco la cultura ufficiale abbia saputo comprendere quel che è accaduto negli ultimi vent’anni; e quanto maldestra sia stata la sua risposta alla vicenda berlusconiana e a quel che in essa si è espresso. Lungi dal comprendere i fenomeni in atto, la cultura dominante si è piegata alle ragioni della critica militante dell’avversario politico, venendo meno al suo compito fondamentale in una società libera.


Questo atteggiamento si incarna nella figura ormai arcinota del professore universitario impegnato nella redazione di volumi apparentemente neutrali, ma dietro ai quali, come uno spettro shakespeariano, aleggia il volto monotono, ossessivo, di un solo Nemico da abbattere, esecrare o esorcizzare. Quel che però il chierico militante combatte nella figura del berlusconismo non è un uomo, come si potrebbe credere a prima vista, ma è l’idea di fondo di una democrazia diversa rispetto a quella sancita nella costituzione del 1948. Per questa ragione nelle ossessioni e nelle mode degli intellettuali organici si riconosce un istinto regressivo: quello di fermare il corso del tempo e impedire ad una parte del paese di collaborare a pieno titolo al dibattito pubblico, proponendo una riforma strutturale della società che si indirizzi più verso il valore della libertà e meno verso quello della democrazia. Tutti i dossier intorno ai quali, nei due grandi cicli di governo berlusconiano, si è articolato il dibattito pubblico – dalla questione delle intercettazioni a quella della carcerazione preventiva, per citare due esempi – sono in fondo dei territori di battaglia tra democratismo e liberalismo, due categorie politiche che non sono per nulla morte e sepolte. Su tutti questi dossier i chierici militanti della sinistra hanno impedito un dibattito pacato intorno a un nuovo equilibrio di valori politici, tacciando qualsiasi ipotesi di trasformazione come una deriva autoritaria e populista.


Il numero di Paradoxa curato da Dino Cofrancesco è un tentativo serrato, puntuale, colto, di mettere i chierici della sinistra italiana di fronte alle loro responsabilità: rivelare i presupposti storici delle loro critiche alla recente evoluzione del sistema politico e svelare la pochezza asfissiante del loro orizzonte. L’impresa è ovviamente coraggiosa, visto che, tra questi chierici militanti in servizio permanente effettivo, vi sono delle firme di assoluto prestigio della pubblicistica contemporanea e dei maestri della cultura italiana. Il fascicolo di Paradoxa mette tuttavia in chiara evidenza tutti i limiti della strategia ossessiva di riduzione del berlusconismo a semplice fenomeno di populismo. Invece di leggere la profondità degli eventi in corso, l’intellettuale di sinistra ha preferito rinchiudersi nella certezza di un ordinamento considerato come la perfezione immutabile. La difesa ad oltranza della costituzione del 1948, intorno alla quale si sono più volte serrate le fila della sinistra culturale, ha fornito un esempio tipico di questo sbarramento ideologico verso qualsiasi mutazione degli equilibri valoriali della nostra società e ha manifestato un’avversione strutturale verso l’irrompere nel dibattito pubblico del tema della libertà. A dispetto di questo atteggiamento miope e per certi versi del tutto contrario all’etica elementare di un uomo di cultura, il paese ha continuato lungo la sua strada, riservando per quindici anni le sue dure repliche elettorali alla prosopopea dei cattedratici dell’antiberlusconismo.


Lo stordimento che le elezioni del 1994, del 2001 e del 2008 hanno riservato alla cultura di sinistra è una cifra dello spaesamento di fondo dei suoi maestri. Chiusi nel loro orizzonte autoreferenziale, pronti a tacciare ogni alternativa come un’eresia politica e culturale, i chierici militanti hanno forse paralizzato il loro avversario e rafforzato i loro privilegi di casta, ma di certo non hanno contribuito al progresso del paese. Invece di impegnarsi ad interpretare il paese vero, offrendo gli strumenti per un progressismo riformista concreto ai propri uomini politici, la gran parte degli intellettuali di sinistra si è impegnata in un rifiuto metodico di tutte le ragioni della parte maggioritaria del paese. Dietro questa coazione al rifiuto dell’Italia profonda si staglia un baratro ancora più grande: la mancata comprensione della storia più generale della cultura italiana nell’epoca contemporanea, la tendenza a leggerne l’evoluzione in modo ideologico e sempre armato di categorie bellicose: dal Risorgimento alla Prima guerra mondiale, dall’avvento del fascismo alla Liberazione, dalla nascita e affermazione della DC al terrorismo, per finire con il decennio craxiano. Dietro l’incomprensione dell’ultimo quindicennio sta quindi un’abissale, preoccupante, tendenza ad ignorare la complessità e la ricchezza di una storia nazionale che non si riduce allo schema infantile della lotta dei buoni contro i cattivi. Una strategia certo efficace per rassicurare le classi dirigenti e confermare la loro egemonia, ma incapace di indirizzare uno sviluppo e delle riforme.


Se la parte critica del fascicolo di Paradoxa è quella, per così dire, più gustosa, la parte costruttiva, positiva, non è meno interessante. Nel momento in cui ci si chiede quale sia l’altra idea dell’Italia che è emersa a partire dal 1994, diviene subito chiaro quanto essa sia lontana dal sistema nato nel 1948. Nessuno può negare alla Costituzione del 1948 il merito di avere garantito al paese stabilità, prosperità, diritti e libertà in un contesto difficile. Ma una parte consistente d’Italia non si riconosceva nelle formule del compromesso costituzionale, sentendosi sempre come estranea a quel sistema politico e a quella cultura di fondo. Nel 1989, tuttavia, l’equilibrio tra libertà e democrazia sintetizzato dalla vecchia Costituzione repubblicana è definitivamente saltato. Nel corso degli anni Ottanta la società italiana era profondamente mutata e aveva già manifestato l’esigenza di una riforma di quelle strutture di base di cui l’equilibrio costituzionale post-bellico era il simbolo. La ragione è semplice: la Costituzione del 1948 era nata da un compromesso a tutto vantaggio della democrazia e a tutto svantaggio della libertà. L’affermazione non deve scandalizzare: democrazia e libertà sono due valori politici distinti, che possono convivere, ma che non possono mai esaurirsi l’uno nell’altro. Le democrazie liberali moderne sono dei tentativi di sintesi, sempre imperfetti e sempre parziali, tra questi due valori distinti. Il 1994 è stato l’anno in cui il tema della libertà è venuto alla ribalta, chiedendo una nuova trasformazione degli equilibri sociali, politici, culturali, costituzionali ed economici.

Quel che il numero di Paradoxa definisce un conflitto tra idee di democrazia, è in effetti un conflitto tra una democrazia della partecipazione, a tendenza sociale, ed una democrazia della libertà, a tendenza individualista. Così si svela l’arcano, incomprensibile per i chierici della sinistra: la battaglia che si combatte dal 1994 ad oggi non è quella tra la democrazia e la barbarie, ma semplicemente tra due modelli differenti di organizzazione politica democratica. Quel che i professori militanti non riescono ad ammettere è che ci sia in questo paese una sete di democrazia diversa, fondata sulla libertà, e quindi alternativa rispetto a quella difesa e protetta nei loro templi sacri. Per questo si sono eretti a difensori ierocratici e profetici della democrazia del 1948 e della sua stilizzazione mitologica, condannando tutti gli altri – anche quando si tratta della maggioranza laboriosa e silenziosa del paese – all’inferno del populismo, della demagogia e dell’inciviltà. Ma, a dispetto delle loro illusioni e delle loro rassicuranti condanne, il paese continua ad avere sete di libertà e di un riformismo ispirato ad una nuova idea di democrazia. L’ultimo numero di Paradoxa propone dei contributi, delle strade, delle possibilità per questa tanto agognata democrazia devota alla libertà: non è cosa da poco, in un tempo tanto triste e tanto confuso.






IMPORTANTE

45500 SMS SOLIDALE - EMERGENZA SICCITA' IN AFRICA
AVSI ADERISCE ALL'APPELLO DI AGIRE

Un SMS solidale per sostenere la carestia in corso in Africa. Un risposta concreta per donare 2 euro dai cellulari Tim, Vodafone, Coopvoce o chiamando da reti fisse Telecom Italia e Teletu.

Dal 28 luglio alle 22 fino alle 02.00 del 31 luglio il numero dell’sms solidale di AGIRE sarà proiettato sulle pareti di due storici monumenti: la Mole Antonelliana a Torino e Palazzo Marino a Milano. Il Colosseo a Roma avrà invece un’illuminazione speciale.

mercoledì 27 luglio 2011

Partono oggi i lavori di asfaltatura del manto stradale su via Marconi. L’intervento interesserà il tratto di strada compreso tra il civico 103 e l’intersezione con la via del Tesoro. Si procederà ai lavori di asfaltatura anche sulla bretella che collega via Marconi e via del Consorzio tra le due rotatorie: quella davanti al Comando della Municipale e quella che separa via del Consorzio dal ponte sulla ferrovia.







Assalto al casello, presi due rapinatori



Minacciano con una roncola l’addetto e fuggono con 4000 euro. Decisivo un testimone




Falconara Un piede di porco per scardinare la porta del gabbiotto protetto, una roncola affilata per minacciare il casellante e farsi consegnare l’incasso dei pedaggi autostradali, circa 4000 euro. Ma i due rapinatori romeni che ieri poco prima dell’alba hanno assaltato il casello di Ancona Nord dell’A14 di strada ne hanno fatta pochissima: sono stati fermati neanche tre ore dopo dai poliziotti della Stradale nell’area di Servizio Esino, in direzione Nord, grazie anche alle indicazioni di un testimone e alle descrizioni date dalla vittima. Il colpo era stato commesso verso le cinque, quand’era ancora buio. La banda di incappucciati aveva preso di mira l’unico casellante in servizio a quell’ora nel varco di Ancona Nord. Un blitz di pochi minuti: con un piede di porco avevano forzato la porta del box con i vetri blindati e per convincere il dipendente della Società Autostrade a svuotare le casse l’avevano minacciato puntandogli contro la lama di una roncola. Poi erano fuggiti nel buio con un bottino di denaro contante e tessere viacard.

Poi, dopo aver abbandonato l’armamentario, s’erano incamminati a piedi per la campagna, dirigendosi verso un complice che li aspettava in autostrada. E’ lì che alle 7 e 40, quand’era giorno da un po’, un giovane impiegato di Loreto che viaggiava diretto a Fano ha notato una scena che l’ha subito insospettito. E’ lui stesso, Riccardo, 31 anni, a raccontarla: “Avevo rallentato perché dovevo immettermi sulla corsia per la stazione di servizio. Ho notato una Rover Grigia ferma sul margine della carreggiata, all'altezza della pista dell'aeroporto. Sul lato guida, c’era una persona, aspettava con il motore acceso”.

Ma è guardando giù, sul campo sottostante verso la statale, che il giovane ha notato due ragazzi che correvano a piedi verso la vettura, risalendo la scarpata. “La scena mi è parsa subito strana perché si cambiavano mentre correvano - racconta Riccardo -. Uno si toglieva la maglietta, l'altro addirittura le scarpe, abbandonandole sul campo”. La Rover è partita con i tre a bordo, accodandosi alla vettura guidata dall’impiegato di Loreto. Il giovane ha rallentato nella speranza che i tre lo sorpassassero per riuscire ad annotare la targa sospetta. Dopo neanche un chilometro però entrambe le auto hanno imboccato la stazione di servizio Agip Esino. Riccardo, in coda al distributore per fare benzina, guardando dallo specchietto ha notato che la Rover svoltava sul retro dell’autogrill, confondendosi tra i camion in sosta. “Ho visto due ragazzi e una donna, non mi parevano italiani, uno era sceso per cambiarsi gli indumenti, nascosto dietro a un Tir in sosta”. A quel punto, provvidenziale, è arrivata una pattuglia della Polizia Stradale, che dalle 5 era a caccia dei rapinatori e aveva bloccato tutte le vie di fuga. Il ragazzo gli ha raccontato la scena vista indicando la Rover, bloccata dagli agenti proprio mentre cercava di ripartire verso nord. A bordo erano c’erano due giovani romeni e la madre di uno dei due, risultata però del tutto estranea. Un terzo complice forse è riuscito a scappare. I due giovani romeni - G.C.I., 24 anni, e O.D.F. 23, entrambi senza fissa dimora - sono stati fermati dagli uomini della Polizia giudiziaria della Stradale con l’accusa di rapina aggravata. Vengono da fuori regione, avrebbero già commesso altri colpi del genere ai danni di casellanti nel Centro e Nord Italia.

dal Corriere Adriatico

giovedì 21 luglio 2011

Con l'arresto di Papa la magistratura ha vinto, il Cav. ha perso (quasi tutto)

L'Occidentale

Il centrodestra tenterà come può di arginare la frana che sta travolgendo l’ultimo perimetro difensivo delle prerogative parlamentari. L’arresto dell’onorevole Alfonso Papa crea un precedente da cui sarà difficile scostarsi perchè il rifiuto opposto dal Senato ai domiciliari di Alberto Tedesco sa di trucco svelato, il cui effetto è stato quello di consentire al centrosinistra di incassare un bonus aggratis.
Se poi l’arresto di Papa resterà isolato o inaugura una nuova declinazione dei rapporti fra Parlamento e magistratura lo si scoprirà presto, precisamente con la discussione su Marco Milanese e, se c’è equanimità, su quello in itinere di Filippo Penati.
Al di là degli episodi quello che emerge è la sconfitta di Silvio Berlusconi nel confronto con l’Ordine giudiziario che non solo non è stato ricondotto entro l’alveo fisiologico ma traborda affermando il primato del suo giudizio sulla volontà del corpo elettorale.
Le responsabilità vengono comunque da lontano e hanno origine nel mancato riallineamento dei rapporti di forza tra i poteri dello Stato seguito alla soppressione dell’immunità parlamentare e la mancata riforma della composizione del Consiglio superiore della magistratura.
Intendiamoci, di fronte all’insensibilità mostrata dal Parlamento rispetto ai privilegi di cui godono i suoi componenti, il rigetto delle istanze della magistratura avrebbe assunto i toni dello sberleffo per gli italiani epperò che sia ormai conclamato il venir meno dell’indipendenza e dell’autonomia del Parlamento è indiscutibile.
Troppo concentrato su questioni contingenti artatamente sollevate, il Cavaliere non ha ascoltato chi gli suggeriva di seguire la via maestra del rilancio dei principi di legalità e di separazione nel loro aspetto organizzativo dei rapporti istituzionali e si è lanciato in crociate che ne hanno offuscato l’immagine accreditandogli il perseguimento di interessi personali.
Per dirla chiara il presidente del Consiglio paga il non aver accettato il rischio del governo tecnico che nell’agosto del 2010 lo convinse a non stressare i rapporti con il Quirinale; paga non aver rivendicato il diritto di ospitare a casa sua chi vuole e divertirsi come lui ama divertirsi (perché è suo diritto, visto che le sue feste non le pagano gli italiani e il giudizio sull’etica dei costumi è un fatto di coscienza); paga il non aver liberato la Pdl dai servi sciocchi e consenzienti che lo scimmiottano e difendono per interesse; paga la pleonaxia che si è diffusa in tutta la classe politica nazionale. Insomma paga il suo timore di rischiare: lui che sul rischio ha costruito il centrodestra fin da quando sdoganò Fini e il Msi. Infine paga il tramonto della stella di Bossi, oggi in minoranza nella Lega "maronicentrica".
Nei prossimi giorni le fibrillazioni naturali o indotte rilanceranno la richiesta del governo tecnico (piuttosto che degli onesti, di solidarietà, ecc. ecc.) ma la palla sarà ancora nella mani di Berlusconi che dovrà scartare per evitare che l’arresto di Papa e quello incombente di Milanese si trasformino in prove generali di uno spettacolo che l’Italia non può permettersi.
Cosa c’è in definitiva da perdere nell’accettare la sfida e rilanciare: si vuole il governo tecnico che si provi a farlo, che lo si faccia! Si vogliono le elezioni: si sciolgano le Camere (una nuova legge elettorale non la vuole nessun partito)! Verifichiamo se gli italiani hanno abbandonato Berlusconi oppure non lo riconoscono nel presidente del Consiglio depresso e rinunciatario che vedono seduto a Palazzo Chigi; in molti dei suoi ministri, molti dei dirigenti dello Stato e manager pubblici che ha nominato; in molti dei dirigenti della Pdl che pontificano, in molti dei presidenti di regioni e provincia che ha fatto eleggere. Nel 2006 Casini e Fini lanciarono l’attacco a tre punte forti della sconfitta di Storace alla regione Lazio. Doveva essere la debàcle definitiva, invece bastò il discorso agli industriali e la vittoria di Pirro di prodi si tramutò nel successo del 2008.
Gli italiani sono ancora tanti popoli divisi. Il 150enario festeggiato non ha nulla dell’ 8 maggio 1995 tedesco (data in cui il riunificato Popolo Tedesco indicò l’8 maggio 1945 come data ideale della sua liberazione dal nazismo e dal comunismo) ma gli italiani sono uniti nel condividere l’esigenza di una leadership forte, capace di spiegargli perché bisogna fare sacrifici. In cambio chiedono solo per cosa devono farli questi sacrifici perché è sono tutti stanchi di avere il sospetto di farli solo per chi mandano in Parlamento

martedì 19 luglio 2011

Ecco tutta la verità sul crollo dei mercati La manovra non c'entra

di Nicola Porro

La speculazione attacca l'euro e ora tocca a noi. Unica soluzione: che l'Europa si decida a salvare la Grecia. Nessuna scelta politica può cambiare l'umore ribassista del mercato

Se domani mattina, Silvio Berlusconi mollasse Palazzo Chigi e al suo posto arrivasse... sceglie­te chi più vigarba. Se domani mattina la mano­vra­fiscale d’improvviso raddoppiasse la sua en­tità, con tagli virtuosi alla spesa pubblica. Se do­mani mattina i politici decidessero finalmente di dimezzare i propri appannaggi. Se domani mattina ci svegliassimo in questo quadretto; eb­bene, nulla cambierebbe sui mercati finanzia­ri. Dobbiamo metterci una volta per tutte nella zucca l’idea che la speculazione che sta colpen­­do l’Italia nulla ha a che vedere con la condotta della politica economica di questo governo. Lo abbiamo scritto prima dell’approvazione della manovra finanziaria e lo ribadiamo oggi con le Borse scese a capofitto e i titoli di Stato sulla via greca.L’attacco è all’euro e al suo fianco più de­bole. Ma siccome il pregiudizio del nostro ombeli­co ( cioè riportare al nostro misero dibattito poli­tico, i grandi movimenti della storia) fa premio sulla ragione, conviene prendere a prestito qualche straniero. Al di sopra dei sospetti. Ecco­vi serviti. L’ Economist ,di questa settimana,pur criticando come sempre la politica del Cav, scri­ve: «Dopo tutto l’Italia, con tutti i suoi difetti, non è una grande Grecia. Il suo debito pubblico è alto ma è stato stabile per anni. Il suo bilancio è in avanzo primario
’Italia ha un record nel tagliare le spese e aumentare le tasse quando è necessario farlo. Per gli standard europei le sue banche sono decentemente capitalizzate. Il suo ricco risparmio privato, comporta che mol­to del suo debito sia finanziato in casa». Il tede­sco Wolfgang Munchau, ieri sul Financial Ti­mes : «È difficile capire perché i mercati hanno deciso di andare in panico sull’Italia.I suoi problemi non sono nuovi». E allora per quale motivo un titolo di Stato italiano a dieci anni è improvvisamente sali­to al 6 per cento? Perché ieri non c’era praticamente un operatore che si azzardasse a comprare Btp a due anni targati Roma? Perché all’ultima asta, gli uomini di Tre­monti hanno dovuto usare tutta la loro «moral suasion» per piazzare un po’ di carta in giro? Perché le quotazioni delle banche italiane, che venerdì hanno brillantemen­te­passato gli stress test europei, ie­ri dal fondo in cui erano piombate hanno iniziato a scavare ancora più in giù? Partiamo da quest’ultima do­manda la cui risposta purtroppo è anche la più semplice e che me­glio indica la situazione in cui ci troviamo. Gli stress test mettono sotto sforzo la tenuta del bilancio di una banca. Come in laboratorio si ipotizzano in provetta degli eventi gravissimi e si vede la reazio­ne ipotetica dei conti della banca. Sapete quale era uno degli eventi gravissimi ipotizzati dagli stress test? Che i tassi di interesse a lunga fossero del 5,9 per cento. Ieri aveva­no superato il sei per cento. Quello paventato dagli stress test non è più uno scenario futuribile, è la re­altà. Siamo già stressati. È chiaro dunque che il mercato si sia bevu­to questi test con la leggerezza di un bicchiere d’acqua e che ieri si sia messo a vendere le banche co­me ai tempi di Lehman. La radice del male sono dunque i tassi di interesse a cui dobbiamo piazzare i nostri tanti titoli di Sta­to. E il contagio non si sta ferman­do. Parte dall’Irlanda,passa per la Grecia,il Portogallo,la Spagna.Ar­riva all’Italia. Ieri ha toccato persi­no i titoli francesi. I tassi sono il ter­mometro di una malattia che si chiama euro. Quello è il vero obiet­tivo della speculazione: la mone­ta unica. Un esperimento mai pro­vato in natura, che mette insieme le monete di 17 Paesi, la politica monetaria gestita da una banca centrale unica per tutti, ma man­tiene divergenti politiche fiscali ed economiche. Anche negli Stati uniti c’è il dollaro per tutti. Anche là c’è qualche divergenza di politi­ca fiscale. Anche loro hanno la lo­ro Grecia: il Minnesota nelle setti­mane scorse è fallito ed ha licen­ziato i suoi 22mila dipendenti. E la loro situazione di finanza pubbli­c­a è ben peggiore di quella dell’Eu­rozona, con un debito superiore al Pil e un deficit del 9 per cento. Ma, c’è un grande Ma : Obama ha la Fed. La Banca centrale america­na negli ultimi anni si calcola che abbia stampato moneta per 2mila miliardi di dollari e nel frattempo ha tenuto i tassi di interesse prati­camente a zero. Con questa poten­za di fuoco la speculazione si but­ta dove il gioco è più facile: l’Euro­pa e i suoi Paesi più indebitati. Quella che manca, per rispon­dere alla domande poste, è una po­litica europea. Nel pieno della ba­garre italiana, la Signora Merkel ha deciso di rimandare il vertice europeo, che si doveva tenere ve­nerdì scorso. I diciassette dell’eu­ro come scrive il Ft «nel pieno del­la crisi, si sono semplicemente gi­rati da una altra parte». Fischiet­tando. Prima con la Grecia, e ora con l’Italia,si sta perdendo tempo prezioso. Quando i tassi salgono, portarli giù non è più un gioco da ragazzi. Più passa il tempo e più è costoso. Ha ragione, ragionissi­ma, Giulio Tremonti ad avvertire la Signora: siamo sul Titanic e sal­ta anche la prima classe. Se dopo­domani i vertici europei non da­r­anno una risposta precisa alla cri­si in corso, l’euro rischia per davve­ro di saltare. Certo saranno dolori per l’Italia: ma il giocattolo salta tutto insieme. Le risposte esisto­no, sono state già abbondante­mente discusse e sono principal­mente due. 1 .L’emissionedi un grande Bot europeo che abbia dietro di sé la forza unita dei diciassette, con i lo­ro debiti e i loro attivi. Certo i Paesi più virtuosi come la Germania non amano questa soluzione. Ma l’alternativa è che le loro banche, piene di titoli italiani, saltino. 2. Una politica monetaria della Bce accomodante, sullo stile della Fed. La sua indipendenza e la sua straordinaria incapacità di segui­re il tono dei mercati (ha alzato i tassi di interesse qualche settima­na prima del fallimento di Leh­man e li ha rialzati nuovamente poche settimane fa) non ci fa ben sperare. Scrive l’ex direttore del Ft tede­sco, Munchau: «Il mio consiglio a Tremonti è di affrontare la Me­rkel ». Altro che cucù, non si tratta solo di salvare l’Italia, ma di tene­re in piedi un pezzo d’Europa.
(Il Giornale)

mercoledì 13 luglio 2011

Dal Corriere Adriatico

ll Comune: “Renderebbe più appetibile l’intervento dei privati per riqualificare l’area”

Parco Kennedy, la sosta che divide

Falconara “Numerosi cittadini ci hanno chiesto di aumentare i parcheggi in città, quindi abbiamo iniziato a ragionare su quali aree, di proprietà comunale, fossero disponibili per la realizzazione di un progetto ovviamente a costo zero per l’amministrazione e il parco Kennedy è una di queste”. Un intervento che, secondo l’assessore ai Lavori pubblici Matteo Astolfi, si coniuga alla necessità di riqualificare il parco “mediante la realizzazione di due campetti sportivi e polivalenti ad utilizzo della collettività”. “Le dimensioni e l’estensione del parcheggio ipotizzato per parco Kennedy – prosegue Astolfi – sono le minime possibili per poter rendere il progetto sufficientemente appetibile per un intervento di finanziamento completamente privato, comunque il parcheggio seminterrato non si alzerebbe non più di un metro e mezzo rispetto all’attuale livello del campetto da calcio”.

L’intervento verrebbe finanziato con il meccanismo del project financing che prevede la realizzazione a totale carico del promotore, scelto tramite bando pubblico, dell’opera mediante la gestione degli introiti dei parcheggi. “Questo è lo stato delle cose – osserva Astolfi – ora la scelta sta ai cittadini che sentiremo in più passaggi per capire se è più importante avere maggiori posti auto o mantenere inalterato il parco senza realizzare parcheggi”. L’amministrazione comunale fa comunque sapere di “essere disponibile a nuovi confronti, ma ricorda che il progetto consente anche una riqualificazione più generale della zona, attraverso il restyling del percorso che conduce dal parco alla spiaggia e la possibilità di un rinforzo del viadotto di via della Repubblica realizzato all’inizio degli anni ’70. Secondo il “Comitato cittadino per la salvaguardia del parco Kennedy” un parcheggio da 170 posti “è inutile e finirebbe con il danneggiare l’unica area verde del centro”. Inoltre il comitato sostiene che “si sta sottovalutando il rischio di smottamenti e danni che una struttura di quelle dimensioni può portare al quartiere dato che sarebbe edificata in una ex cava di argilla, rinforzata negli anni con la piantumazione di alberi ad alto fusto e da due fila di alte mura contenitive in cemento armato”. I cittadini però oltre a dire no hanno anche fatto una proposta concreta. “Siamo disponibili a collaborare con il Comune per la gestione del parco magari anche creando una associazione”.

marina minelli,


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I quattro parcheggi previsti in centro

Falconara Oltre al parco Kennedy sono quattro le aree individuate come funzionali al progetto di miglioramento del sistema dei parcheggi cittadini: l’ex super-garage di via Rosselli (area nord), zona piazza Mazzini – Stazione FF.SS. (area centro) e Palombina Vecchia – CRAL (area sud). “In seguito ad una serie di colloqui svolti nel corso dei primi tre anni di mandato con i cittadini dei vari quartieri di Falconara – spiegano gli amministratori - è emerso il disagio della mancanza di parcheggi nelle zone più congestionate. Tutto ciò si riflette nell’uso di tutti gli spazi stradali per il posteggio delle auto, a danno di pedoni e ciclisti, nonché in un maggiore inquinamento ambientale causato dalla ricerca continua da parte degli automobilisti di posti auto liberi nei pressi delle zone centrali della città. L’aumento dei posti auto in generale contempla le esigenze di miglioramento della qualità della vita sia dei residenti, che dei commercianti per l’evidente aumento della possibile clientela che la facilità di parcheggio dell’auto determina”.


domenica 10 luglio 2011

Spacciano al bar City, arrestati due pusher




Dal Corriere




Falconara Spacciavano droga all’interno del bar City. Due ragazzi stranieri sono finiti in manette giovedì sera, colti sul fatto dai carabinieri della Tenenza di Falconara.

Alle 23.30 circa, i militari, guidati dal tenente Matteo De Martis, hanno arrestato X.F., albanese di 26 anni e residente a Falconara, nullafacente ma già conosciuto alle forze dell’ordine, e M.H., tunisino di 19 anni residente a Chiaravalle studente e incensurato. L’albanese è stato colto nell’atto di cedere al tunisino un involucro di cellophane del peso di 30 grammi circa, risultato poi essere cocaina. I carabinieri hanno così proseguito le indagini con una perquisizione domiciliare a casa del giovane tunisino, dove sono stati trovati altri cinque involucri di hashish, per un peso complessivo di cinque grammi, oltre a materiale per il confezionamento e da taglio, e altri 10 grammi di marijuana. A casa dell’albanese, invece, gli uomini dell’Arma hanno trovato mille euro in banconote da piccolo taglio, probabile compenso dell'attività di spaccio, materiale per il confezionamento e bilancini di precisione. I due sono stati portati nel carcere di Montacuto.

Ieri mattina, invece, nell’ambito dei controlli sul territorio, la polizia municipale ha scoperto che un vecchio prefabbricato, apparentemente abbandonato, era utilizzato come dimora da un trans quarantenne, presumibilmente brasiliano. Il viados, privo di documenti, è stato accompagnato, intorno alle 9, in questura per gli accertamenti del caso. La Municipale può contare su quattro nuove vigilesse, assunte per il periodo estivo, e per rafforzare i controlli ha anche esteso l’orario di servizio tutti i giorni fino a mezzanotte, assumendo i contorni di un presidio costante contro ogni forma di illegalità.

lunedì 4 luglio 2011




Comunicato Regione Marche sul rigassificatore








Il Governo regionale si è mosso in coerenza con il mandato ricevuto dall’Assemblea Legislativa delle Marche del 17 maggio 2011.

Una Risoluzione che impegna la Giunta regionale a negare l’intesa per la realizzazione del rigassificatore “qualora non si raggiunga un accordo su un progetto industriale di bonifica, riqualificazione e riconversione produttiva del sito che riduca gli attuali impatti ambientali e garantisca la sicurezza sul lavoro e sulla salute, unitariamente alla salvaguardia dei posti di lavoro e dell’interesse collettivo”, auspicando anche un intervento pubblico-privato nel settore energetico.

Nei giorni successivi, dunque, sono state verificate le garanzie richieste su: salute; ambiente e territorio; lavoro e occupazione; monitoraggio e controllo; sistema Adriatico, con riferimento sia alla politica energetica nazionale che al quadro della mobilità.

Il confronto tra la Regione e l’API ha prodotto un’ipotesi di accordo che ora verrà sottoposto il prossimo 6 luglio all’attenzione dell’Assemblea Legislativa Regionale.

Questa ipotesi di accordo sottolinea, evidenzia e definisce i seguenti aspetti.

1.Il parere sul rigassificatore API non comporta alcuna modifica del Piano Energetico Ambientale che la Regione ha approvato nel 2005.

2.Il progetto di rigassificatore ha ricevuto i seguenti pareri tecnici: favorevole del Comune di Falconara direttamente interessato all’impianto; sostanzialmente non negativo della Provincia di Ancona, con prescrizione; favorevole del Servizio Ambiente della Regione, espresso in piena autonomia; favorevole del Ministero dell’Ambiente.

3.La valutazione epidemiologica degli ultimi 10 anni sull’area interessata, effettuata dall’Agenzia Regionale Sanitaria e dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale, presenta indicatori di criticità inferiori alla media regionale.
I dati epidemiologici relativi all’area industriale di Falconara mediamente sono anche al di sotto di quelli relativi ad altri distretti industriali della Regione.
Nell’ipotesi di accordo si rafforza il monitoraggio epidemiologico gestito direttamente dalla Regione.

4.Le emissioni in atmosfera potrebbero essere ulteriormente ridotte, grazie all’eventuale accordo API-Regione che comporterebbe 120 milioni di investimenti da parte dell’Azienda sulla attuale raffineria specificamente dedicati.
API si impegna a ridurre il livello di lavorazione del greggio e a sviluppare progetti di crescita nel settore delle energie rinnovabili.
Gli effetti sull’ecosistema marino del rigassificatore sono comunque tecnicamente sostenibili perché lo scarico di cloro nelle acque avviene con concentrazioni molto ridotte e inferiori a 0,1 milligrammi al litro, dunque ben al di sotto al limite di 0,2 milligrammi previsto dalla legge che norma gli scarichi idrici. In ogni caso molto al di sotto rispetto alle concentrazioni immesse in mare dall’attuale impianto IGCC (Turbogas) della stessa azienda, oggi di 7 volte superiori a quelle previste per il rigassificatore in termini di flussi di massa.
E’ importante sottolineare che gli investimenti aggiuntivi di miglioramento industriale previsti nell’ipotesi di accordo di programma potrebbero anche determinare un abbassamento degli scarichi in mare dell’impianto IGCC, con la risultante di un bilancio netto positivo circa i flussi di massa complessivi di cloro in acqua rispetto alla situazione attuale.
Inoltre, gli effetti sull’ecosistema marino, sia con riferimento alla concentrazione di cloro che alla restituzione in mare dell’acqua utilizzata per il raffreddamento dell’impianto a -6 gradi centigradi, si esaurisce in un raggio di 200 metri, come si definisce sulla base di un modello sperimentale.
I timori di eutrofizzazione sembrano scarsamente motivati perché tale fenomeno, che favorisce la proliferazione delle alghe, è innescato dal riscaldamento delle acque, e non dal raffreddamento che si realizza nel processo di rigassificazione.
Il sistema di monitoraggio gestito da Regione e ISPRA viene comunque rafforzato e integrato rispetto a quello già previsto dalla valutazione di impatto ambientale, con costi a carico dell’API.

5.L’API si impegna a mantenere per 10 anni gli attuali livelli di occupazione ed eventualmente incrementarli.
L’Azienda si impegna anche a valutare progetti di reimpiego di lavoratori in difficoltà di altre realtà aziendali in crisi del territorio e a privilegiare imprese marchigiane.
Esiste anche un’ipotesi di studio per l’eventuale produzione di navi gasiere negli stabilimenti di Fincantieri.

6.Pur avendo la Regione Marche firmato una clausola di riservatezza, che ha consentito di approfondire piano industriale e flussi finanziari, si può dire senza timore di violarla, che i margini dell’attività dell’impianto compensano dal terzo anno le perdite annuali della raffineria.

7.Una eventuale caduta delle attività della raffineria comporterebbe un pesante utilizzo di fondi pubblici per ammortizzatori sociali anche in deroga, che nell’attuale situazione di crisi economica della provincia di Ancona, che già ricomprende Fincantieri e A.Merloni, risulterebbe difficilmente sopportabile.

8.La crisi della raffineria comporterebbe in base a calcoli dell’Autorità Portuale di Ancona una riduzione delle attività del 40% e dei flussi finanziari del 50% del porto di Ancona, che già oggi non rientra tra i primi 10 scali strategici del Paese.

9.Nell’ipotesi di accordo stilata, la Regione può entrare a far parte della Società del rigassificatore, con una partecipazione fino al 30%, ed il suo rappresentante nel Consiglio d’Amministrazione avrebbe con il suo voto diritto di veto su ogni decisione strategica in contrasto con l’accordo sottoscritto.
I relativi utili della partecipazione regionale potrebbe essere destinati alle politiche per il lavoro, l’ambiente e il sociale.

10.Per quanto attiene la sicurezza, l’impianto di rigassificazione ha ottenuto il nulla osta di fattibilità preliminare da parte del Ministero dell’Interno, Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco.

11. Sul fronte turistico, in Italia esiste da 3 decenni un rigassificatore tra l’altro a terra, mentre quello di Falconara sarebbe a 16 km su una piattaforma già esistente, esattamente a Porto Venere, che non ha determinato una diminuzione dei flussi turistici delle Cinque Terre, consentendo di conservare la bandiera blu.

12.La Regione ha chiesto e ottenuto una comunicazione ufficiale del Ministero dello Sviluppo Economico sulla politica energetica nazionale nel Mar Adriatico, in cui si evidenzia la natura strategica dei rigassificatori soprattutto alla luce del risultato del referendum sull’energia nucleare ed un quadro che prevede la realizzazione di rigassificatori a Brindisi, Rovigo e Falconara.

13.L’eventuale diniego della Regione, comunque da motivare adeguatamente, potrebbe anche non essere sufficiente, in base a valutazioni giuridiche, per impedire l’autorizzazione dell’impianto da parte dello Stato.

Su questi elementi è stata richiesta la riflessione delle istituzioni e della comunità regionale. Una riflessione che deve essere ispirata al principio di responsabilità nel rispetto del programma di governo della Regione Marche che prevede centralità del lavoro, crescita sostenibile, sicurezza sociale e valorizzazione dell’ambiente
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Lavoratori Api oggi a Falconara







Noi siamo gli eroi
























Carabinieri in campo Territorio presidiato


Dal Corriere



Falconara Sempre presenti i carabinieri sul territorio di Falconara, dalla città alla periferia, e sul litorale. L’Arma resta a guardia della sicurezza. Nello scorso mese di giugno i militari coordinati dal tenente Matteo Demartis ha messo in campo un grande sforzo per prevenire e reprimere fatti di criminalità nel territorio. In strada hanno garantito la loro presenza 130 pattuglie che hanno permesso di identificare oltre 600 persone e di controllare circa 500 mezzi. Sono stati 5 i soggetti trovati positivi al test etilometrico, con conseguente deferimento in stato di libertà all'autorità giudiziaria. Notevole l'impegno nel controllo della circolazione stradale con dieci interventi per incidenti stradali con feriti.

L'attività antidroga ha visto la segnalazione di 10 persone quali consumatori di sostanze stupefacenti, e l'arresto di 4 soggetti per detenzione ai fini di spaccio, con circa 200 grammi di sostanza stupefacente sequestrata. I furti consumati sono stati dieci , di cui uno tentato. Sei ne sono stati scoperti con l’arresto di sei persone e la denuncia in stato di libertà di altre 10 persone. Sono stati 40 i soggetti deferiti a piede libero per reati di varia natura.




Spacciatore di spinelli preso in spiaggia


Dal Corriere



Falconara Procede l’attività antidroga della Squadra mobile della questura di Ancona. Questa volta, a cadere nella rete dei poliziotti è stato un cittadino marocchino B.S. di 28 anni, senza fissa dimora e clandestino. Gli uomini diretti dal dottor Giorgio Di Munno hanno spostato il baricentro della propria azione operativa anche lungo il litorale anconetano, concentrando le energie investigative lungo le spiagge, tra l’altro, frequentate anche da spacciatori “in versione marinara”.

Non sono sfuggiti agli occhi degli investigatori della polizia i movimenti sospetti del marocchino che, nonostante l’assidua presenza nei pressi della spiaggia, non aveva mai fatto il bagno nelle acque dell’Adriatico.

Pertanto, gli uomini della Mobile hanno deciso di controllare il 28enne, extracomunitario, nel momento in cui si abbassava nei pressi di una barca ormeggiata nel tratto costiero che si trova nel territorio del comune di Falconara per riprendersi un involucro in chellophane contenente 15 dosi di hashish per un peso complessivo di 26,85 grammi pronti per essere spacciati ad alcuni giovani del luogo.

Lo spacciatore, colto sul fatto, è stato ammanettato dai Poliziotti in servizio in abiti da spiaggia. Inoltre, la Squadra Mobile, nell’ambito della stessa operazione antidroga, ha arrestato Y.Z. di anni 29, marocchino con precedenti penali che da qualche giorno, spacciava droga nei pressi di piazza Pertini. Le manette ai polsi di Y.Z. sono scattate proprio mentre il magrebino era pronto a spacciare 55 grammi di hashish e alcune dosi di eroina. Il doppio blitz della Mobile allunga la scia di arresti che dall’inizio dell’anno ha assestato duri colpi al traffico degli stupefacenti.

sabato 2 luglio 2011

Corriere Adriatico

Monitor informativi e copertura wi-fi, il Comune lunedì incontra gli operatori balneari

Sicurezza, la spiaggia sotto videosorveglianza

Falconara Un sistema di videosorveglianza, alcuni monitor informativi e la copertura wi-fi. Sono le novità con cui il Comune spera di rendere più sicura e confortevole la spiaggia e che lunedì mattina saranno illustrate agli operatori balneari di Confartigianato e Cna in un incontro organizzato dall’amministrazione comunale che si terrà dalle ore 9 alla Sala Convegni del Castello di Falconara Alta. A illustrare il progetto saranno gli assessori alla sicurezza Clemente Rossi e all’informatizzazione dell’ente Fabio Marcatili. “Il progetto in questione - è scritto in una nota dell’amministrazione comunale - rientra nel tentativo di aggiudicarsi il bando di gara di cofinanziamento di fondi per il sostegno del turismo indetto dal ministero stesso, con lo scopo di agevolare l’affluenza di persone a Falconara”. I fondi sono destinati al potenziamento e alla innovazione dei servizi informativi a favore dell'utenza turistica e il termine per la presentazione delle domande scade proprio martedì.

“Con la partecipazione a questo bando - informa ancora il Comune - l’amministrazione punta a sviluppare e ad implementare un sistema di offerta turistica molto innovativa. A cui verrà affiancato anche il sistema di video sorveglianza nell’ottica di aumentare i sistemi di sicurezza lungo l’arenile”.

L’argomento sicurezza è molto sentito tra gli operatori balneari, che da anni chiedono più telecamere e controlli in spiaggia. Tema tornato di stretta attualità nel maggio scorso, quando gli stabilimenti del lungomare falconarese sono stati colpiti da una banda del taglierino, che ha squarciato teloni nei chioschi e nei ristoranti dal sottopasso del Touring e la stazione ferroviaria. Ma i progetti si sono arenati sul tema del “chi paga?”. Il Comune aveva dato una sua disponibilità a contribuire, ma poi la Prefettura aveva vietato all’amministrazione di partecipare alla spesa per i vigilantes (“sarebbe distrazione di fondi”). Qualcuno intanto s’è già attrezzato con la sicurezza “fai da te”, ingaggiando vigilantes.

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Nuova illuminazione dei sovrappassi


Ancona Da ieri sera è in funzione la nuova illuminazione dei sovrappassi ferroviari di via Cairoli e di via Roma. L’intervento del personale dell’ufficio tecnico si aggiunge al ristrutturazione e ritinteggiatura dei sottopassi effettuata all’inizio di ogni stagione estiva. Questo intervento di potenziamento dell'illuminazione pubblica – spiega l’assessore Astolfi - si inserisce nel programma più organico di aumento dell'illuminazione pubblica nelle zone più critiche della città, come ad esempio via Clementina che sarà illuminata da settembre”. “Decoro, pulizia e igiene - si legge in una nota - sono infatti le tre parole chiave che stanno alla base delle iniziative prese in materia di sicurezza dalla giunta Brandoni e grazie a questi importanti interventi sarà possibile consentire alla popolazione un libero utilizzo degli accessi alla spiaggia, anche nelle ore notturne. I cavalcavia sulla Flaminia saranno illuminati per tutta la notte, dall’imbrunire fino all’alba, come promesso dall’amministrazione falconarese. Nel contempo resterà alta la guardia per evitare usi impropri dei sovrappassi e contrastare il pernotto abusivo”.



venerdì 1 luglio 2011

Di Pietro il funambolo




Da Ragionpolitica




«Cosa avrei dovuto fare? Menarlo? Morderlo? Il presidente del Consiglio ti avvicina, in Parlamento non in un sottoscala, e tu come reagisci? Lo ascolti. Tieni la tua posizione. E lo inviti a seguire il tuo intervento». Antonio Di Pietro prova a difendersi in tutti i modi. Sul suo blog, sul suo profilo Facebook, sul Corriere della Sera e sul Fatto quotidiano. Tutto inutile, il suo elettorato non ha capito il senso del colloquio che lui e Silvio Berlusconi hanno avuto tra i banchi di Montecitorio. E continua a non capirlo. L'ex pm di Mani Pulite, che in più occasioni ha paragonato il premier al dittatore Vileda, ora cambia strategia politica. Perché? Perché, proprio ora che L'Italia dei Valori è riuscito a battere sia centrodestra sia centrosinistra a Napoli, la terza città d'Italia, il più acerrimo nemico del berlusconismo si trasforma in un leader liberaldemocratico disponibile al dialogo? Essenzialmente per due motivi.


Di Pietro ha capito che la vittoria di Napoli e la vittoria dei sì ai referendum non sono attestabili al centrosinistra e nemmeno al suo partito. La candidatura di Luigi De Magistris aveva due obiettivi nascosti. In caso di sconfitta Di Pietro lo avrebbe indebolito, in caso di vittoria invece si sarebbe liberato di una figura molto ingombrante che stava minando la sua leadership dentro l'Italia dei Valori, un po' come avvenne dentro il centrosinistra quando Sergio Cofferati fu candidato a sindaco di Bologna. Ma Napoli può rivelarsi un'opportunità o una sconfitta politica se non si risolve il problema dei rifiuti. L'alta partecipazione ai referendum è stata trasversale perché l'acqua e il nucleare, nel bene o nel male, sono temi che toccano tutti e per i quali sono andati ad esprimere la loro opinione nel segreto dell'urna anche vari esponenti del centrodestra come i governatori Zaia e Polverini. Con Futuro e Libertà che attenta al suo bacino elettorale, il pm di Montenero di Bisaccia non ha altre alternative che riposizionarsi. Dal 2008 ad oggi è già successo tre volte. La prima fu durante la campagna elettorale quando cavalcò la battaglia dell'antipolitica iniziata con il primo V-Day del comico genovese Beppe Grillo e dei suoi fan, i grillini. La seconda, immediatamente dopo le elezioni politiche, quando si rimangiò la parola data al Pd veltroniano di creare un gruppo unico sia alla Camera che al Senato. La terza fu quando si schierò accanto alla Fiom in occasione dei referendum Fiat di Mirafiori e Pomigliano e cercò così di occupare lo spazio lasciato libero (in Parlamento) dalla sinistra radicale.


Ora che il partito di Vendola governa non solo la Puglia, ma anche Milano, e che i sondaggi lo danno sopra l'Idv, intorno al 7%, ecco che Di Pietro si sposta più al centro del Partito democratico. Il funanbolico leader dell'Idv, ora che l'antiberlusconismo si sta espandendo a sinistra con Sinistra ecologia e libertà tanto che a destra con i falchi di Futuro e libertà per l'Italia, per sopravvivere ha l'obbligo di cambiare strategia e allargare i suoi confini elettorali sconfinando nei terreni altrui. Che Di Pietro punti alla leadership del centrosinistra? Possibile, probabile ma il terreno su cui si gioca la partita è proprio tra l'ex pm e il governatore della Puglia. È lui il vero obiettivo del leader dell'Idv che proprio in questi giorni ha dichiarato di non volere primarie che promuovano «candidati alla Vendola». A rendere ancora più esplicita questa teoria sono state le parole dello stesso Vendola:«Di Pietro sente restringersi lo spazio a sinistra : la crescita di Sel e il protagonismo del segretario del Pd lo hanno spiazzato e crede che ricollocandolo a destra nella coalizione di centrosinistra possa metterlo in grado di intercettare l'eventuale crisi del centrodestra». Le probabilità che l'Idv intercetti il voto degli elettori moderati appaiono però una mera illusione.