mercoledì 15 agosto 2012

La battaglia di Taranto

Il disastro Ilva insegna: i giudici sbagliano, guai a farne dei santi

Pansa: "Il salvataggio dell’acciaieria è necessario per il bene del Paese. Il pm Todisco ha sbagliato due volte"

In un vecchio disegno di Altan compariva un omino dall’aria pensierosa. La battuta diceva: «Sono preoccupato perché comincio ad avere delle idee che non condivido». Anche a me talvolta succede. Ma non nel caso dell’Ilva di Taranto. A proposito di questo dramma ho tre idee semplici e chiare, che condivido del tutto. Primo: l’Ilva non può chiudere. Secondo: l’Ilva va bonificata, ma deve continuare a lavorare. Terzo: il costo della bonifica deve essere pagato dai proprietari, ossia dalla famiglia Riva, e soltanto in parte dallo Stato, ovvero da noi contribuenti onesti che già versiamo una montagna di tasse.

Al di là di questi tre cardini che considero sacrosanti e invalicabili vedo soltanto il caos prodotto dai tanti vizi nazionali. Uno è di certo la santificazione della magistratura. Ma tutti i giudici sono esseri umani e possono sbagliare. Come qualsiasi altra corporazione, a cominciare da chi scrive sui giornali, sono professionisti diversi l’uno dall’altro. Molti lavorano con grande serietà e molti soltanto all’ingrosso. Considerarli tutti dei Superman senza difetti è un errore consolidato negli anni. Molto difficile da ammettere e, soprattutto, da rimediare.

In casa nostra l’errore è diventato gigantesco perché l’Italia è una nazione che più di altre si è trovata alle prese con due mostri imbattibili. Uno è la presenza devastante della grande criminalità organizzata che ha affiancato la forza della madre di tutte le delinquenze, la mafia di Cosa nostra. Il secondo è il prosperare della corruzione politica, esplosa all’inizio del 1992 con il grande bubbone di Tangentopoli.

La mia generazione di cronisti, cresciuta negli anni Ottanta e Novanta, è stata segnata dall’appoggio sacrosanto ai magistrati che hanno perso la vita per difendere la legalità repubblicana. Penso a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino, morti in trincea. Insieme a loro abbiamo imparato a venerare i giudici assassinati dal terrorismo politico, tanto da quello rosso che da quello nero. Quando poi è apparso il merdaio tangentizio siamo stati dalla parte dei tanti pool di Mani Pulite.

Guardare da vicino e venerare gli eroi di quelle stagioni ci ha fatto dimenticare che non tutta la corporazione dei magistrati risultava uguale a loro. Conclusa l’epoca delle guerre ci sono apparsi con chiarezza le qualità e i difetti di chi amministra ogni giorno la giustizia. Nessuna professione si regge soltanto sugli eroi. Anche i magistrati italiani non sono diversi dai loro colleghi di altre nazioni democratiche. In più di un caso, commettono gli stessi passi falsi. Con errori gravidi di conseguenze. Soprattutto quando applicano la legge senza tenere nel dovuto conto gli effetti che derivano dalle loro decisioni.

L’età mi ha insegnato una verità: l’uso neutrale e asettico del codice civile o penale è una pura chimera. Saremmo di fronte a una perfezione che non esiste in natura. Per questo non mi scandalizza la decisione del Gip di Taranto che ha decretato la chiusura dell’Ilva. I sostenitori del giudice Patrizia Todisco fanno di lei un’eroina, mentre i suoi denigratori la vorrebbero crocifissa. Entrambe le fazioni sbagliano.

La signora Todisco ha soltanto commesso un errore, sia pure uno di quelli pesanti. Per poi ricascarci una seconda volta, sulla base di una convinzione che non conosce remore. Era fatale che altri poteri, a cominciare dal governo, reagissero. Adesso possiamo soltanto sperare che lei, o qualche altro magistrato al suo posto, non persista nello sbagliare una terza volta. Perché in questo caso le conseguenze diventerebbero senza rimedio e con un solo risultato: determinare una catastrofe che nessuno riuscirebbe ad attenuare.

Non è la prima volta che in Italia il diritto al lavoro confligge con il diritto alla salute. Lo so bene perché vengo da una città, Casale Monferrato, dove è ancora in atto una strage innescata molti anni fa da una fabbrica del diavolo. Aveva un’insegna che oggi dà i brividi: Eternit, l’inferno dell’amianto. Quanti sono i morti per mesotelioma pleurico nella mia piccola patria? Forse abbiamo toccato quota duemila. L’Eternit è chiusa da decenni, però molti continuano a morire di quel cancro. Quante sono le persone uccise dai veleni dell’Ilva? Ecco un dato che non ho scoperto in nessun giornale. Ma se l’Eternit è una fabbrica scomparsa da tempo, l’Ilva è una acciaieria ancora attiva. Lo stabilimento di Taranto dà lavoro, e dunque vita, a migliaia di persone. Molti altri operai e impiegati sono occupati in due fabbriche collegate, a Genova e a Novi Ligure. In complesso si tratta di circa ventimila esseri umani e questo significa altrettante famiglie. Che facciamo di tutta questa gente? Vogliamo mandarla anzitempo all’altro mondo, distrutte dalla disoccupazione e dalla miseria, per affermare l’interpretazione di una norma?

Al punto in cui è arrivata la tragedia dell’Ilva, mi sento l’obbligo di dichiarare un’enormità: del diritto non m’importa nulla, se lo confronto con i disastri che può provocare. Troppe volte mi sono reso conto di una verità che secoli fa un cinese sapiente aveva espresso così: la giustizia è come il timone, a seconda del modo in cui lo giri la barca va da una parte o dall’altra. Vogliamo usare il timone per affondare l’Italia o per condurla in un porto sicuro?

Nel mio piccolo non ho dubbi. La salvezza dell’Ilva è un passaggio necessario per salvare l’Italia. Non sto a ripetere le tante cose scritte da chi s’intende di politica industriale. E voglio dimenticare le assurdità che la cronaca ci mette ogni giorno sotto gli occhi. La faziosità di clan della Casta partitica che sperano di lucrare sulla sciagura dell’Ilva. La Fiom Cgil che, rifiutando di scioperare contro i giudici, si mette contro gli operai. Il partitino dei Verdi che conta di rinascere nel deserto di Taranto. L’Associazione nazionale magistrati che si schiera con il Gip Todisco.

Una volta chiarito che dovrà essere la famiglia Riva a pagare gran parte della bonifica, adesso la parola torna alla magistratura. Coraggio, signori giudici, alzate le pallide chiappe che avete portato in vacanza al mare. Sospendete le ferie e risolvete questo maledetto imbroglio. Non obbligatemi a diventare come l’omino di Altan. Perché comincio ad avere anch’io cattive idee che non condivido.

di Giampaolo Pansa

(da Libero )


Bologna, il grillino Giovanni Favia ammette: pago per andare in tv. E scoppia il caso


Repubblica lancia il caso: il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia compra spazi in tv con i soldi pubblici. Lui ammette candidamente: "L'informazione non è libera, continuerò a pagare per andare in tv". Ma la base grillina s'infuria

Il giornale

Grosso guaio per Beppe Grillo. Ve la ricordate la fatwa che aveva scagliato durante l'ultima campagna elettorale? Al bando le televisioni: è severamente vietato ai candidati del Movimento 5 Stelle rilasciare interviste tv.
Un editto talebano che aveva creato non pochi mal di pancia all'interno dei pentastellati. Un precetto che era stato violato, per primo, proprio dal leader supremo che si è sempre concesso interviste fiume a quotidiani e televisioni straniere. Un po' come dire: qui comando io e faccio quello che voglio, anche concionare per ore davanti alle telecamere.
Adesso la questione, come un boomerang, torna dritta in mezzo alla fronte delnonpiùcomico. A Bologna, capitale morale e serbatoio di voti del grillismo, è scoppiato il caso dei politici (tutti) che utilizzano soldi pubblici per pagarsi interviste e comparsate nelle tv e nelle radio locali. Dobbiamo comunicare coi cittadini, dicono loro. Ma tra quelli che fanno shopping di visibilità, a sorpresa, compare anche Giovanni Faviaconsigliere regionale del M5S. Favia - in un'intervista a Repubblica - lo ammette candidamente e rilancia: "L'informazione non è libera e io continuerò a pagare per andare in tv". Almeno così sembra. Poi nel primo pomeriggio Favia smentisce l'intervista rilasciata al quotidiano diretto da Ezio Mauro: "La solita operazione di disinformazione di Repubblica nei nostri confronti. Noi non paghiamo nessun giornalista nè abbiamo quotidiani amici. Abbiamo acquistato degli spazi autogestiti - ha continuato il consigliere - per fare un’ora di informazione in diretta con telefonate aperte alle domande dei cittadini e la terzietà era garantita dal fatto che tutte le forze politiche vi partecipavano in regime di Par Condicio. La cosa su cui Repubblica non si interroga è come mai il Pd fosse l’unico a non pagare pur partecipando." Ma il problema rimane comunque.
Ricapitoliamo: Beppe Grillo vieta di andare in tv e i suoi, non solo infrangono l'editto catodico, ma addirittura pagano per poter apparire sul piccolo schermo. E lo fanno pure coi soldi pubblici. E la sbandierata potenza mediatica della Rete? La televisione che corrompe e deforma tutto? Ma soprattutto: la promessa di non dilapidare i soldi pubblici? Per il momento da Genova tutto tace. Ma tutti gli occhi sono puntati sul blog di Grillo, la gazzetta ufficiale del Movimento che ha il potere di mettere alla porta chiunque non piaccia più al leader supremo.

martedì 14 agosto 2012

Dal Carlino
Falconara, grande attesa per i fuochi sul mare


RISTORANTI quasi al completo, cocomerate, giochi a squadre e lancio collettivo di palloncini: la spiaggia è protagonista a Falconara.
Il Ferragosto resta la festa più animata dell’estate, con gli chalet sul mare che tra oggi e domani organizzano tante iniziative per intrattenere i bagnanti durante il giorno mentre la serata del 15 è dedicata agli attesissimi fuochi d’artificio, che partiranno alle 23 dal Disco, e che catalizzeranno l’attenzione di tutta la costa.
Già oggi, invece, i bambini di Palombina potranno partecipare ad un gioco a squadre organizzato dallo stabilimento Dany in tandem con il New Tropical, domani saranno gli adulti a sfidarsi in imprese singolari al Caracas, che organizza gli ‘sport estremi’: i concorrenti dovranno cimentarsi nel ‘Grappa e vinci’ (un percorso ad ostacoli da affrontare con un imbuto in bocca fino a bere due bicchieri di grappa), oppure nel ‘Chiappa il gallo’ (da acciuffare dopo un superalcolico).
Proprio al Caracas, domani, è atteso Steve Santini di Sarabanda.
Al Koco Beach ci si sfida a dodgeball, ormai una tradizione della «pallonate», mentre da Marcello e Walter alle 17 sono attesi due supereroi.
Da Le Ragazze i bagnanti domani arriveranno mascherati da odalische e il pomeriggio si concluderà con un lancio di palloncini.

martedì 7 agosto 2012

Calcoli Imu sbagliati, il dissesto è a un passo

I nodi della politica

Revisori dei conti contestano i numeri del bilancio: all’appello mancano oltre 9 milioni


Ancona, 7 agosto 2012 - Le entrate Imu previste dal Comune non sono veritiere, all’appello mancano 9 milioni e 598mila euro. E’ stato consegnato ieri, durante il Consiglio comunale, il nuovo verbale dei revisori dei conti (Moretti, Raccosta e Rosati in carica fino a ieri) in cui dimostrano che le entrate Imu calcolate dal Comune e messe a bilancio (preventivo) non sono corrette al punto tale che all’appello mancano 9 milioni e mezzo di euro

L’assessore Andrea Biekar ne ha infatti iscritti, nel bilancio preventivo, 36 milioni e 133mila euro quando in realtà ne entreranno non più di 26 milioni e 535mila euro; un dato ‘falsato’ a meno che nelle sue intenzioni non abbia già previsto aumenti pari al massimo delle aliquote sia per la prima casa (che dal 4,8 per mille passerebbe al 6 per mille) sia per le altre abitazioni (che arriverebbero tutte al 10,6 per mille).

La stangata sarebbe così servita, pronta per essere applicata già da settembre. E proprio in questo modo l’ha interpretata il capogruppo di Sinistra per Ancona, Eugenio Duca che ha insistito più volte per conoscere la base imponibile Imu: "Dovete trovare il coraggio di dire ai cittadini che avete già deliberato gli aumenti Imu e che le tariffe sono state già portate al massimo".


Si è difeso l’assessore al Bilancio Andrea Biekar: "I conteggi sono stati fatti in base ai riferimenti forniti dal Ministero, e comunque c’è un fondo di riequilibrio nazionale che compensa le mancate entrate dei Comuni. In fase di riequilibrio comunque tutte le cifre saranno poste sotto verifica".

Ma la giustificazione difficilmente potrà accontentare i revisori. "E’ poco probabile — scrivono nel verbale — mantenere l’equilibrio al 30 settembre visto l’ammontare consistente pari a circa 9,5 milioni di euro di errata previsione di gettito Imu". Dunque nel bilancio votato appena qualche settimana fa, è stato inserito un importo che "verosimilmente è privo della necessaria copertura finanziaria".

Furibonda l’opposizione di Giovanni Zinni (Pdl): "Hanno fatto un bilancio di previsione irregolare e gonfiato in entrata per camuffare la volontà politica di coprire le perdite delle Fondazioni teatrali con un ulteriore innalzamento dell’Imu sulla prima casa che arriverà in maniera ipocrita sugli scranni del consiglio con il riequilibrio di bilancio a fine settembre. Se l’assessore Biekar non dimostra per iscritto che ha utilizzato le stime ministeriali, al contrario confermerà che ha detto una bugia, cosa affermata dal Collegio".


Chiamato in causa il sindaco alla parola ‘bugia’ si è alzato in piedi per replicare: "Invito Zinni a moderare i termini. Qui dentro né il sindaco, né gli assessori, né i consiglieri dicono bugie. Forse è proprio Zinni a dirle". Di non poco conto anche il rilievo fatto sulla "mancanza di iniziative della giunta e del Consiglio alle indicazioni della Corte dei Conti".


Sempre in tema di bilancio è stata respinta la mozione presentata dall’Udc che impegnava il sindaco a riportare l’aliquota Imu sulla prima casa dal 4,8 per mille (aumento deliberato di recente) al 4 per mille. Anche in questo caso il Pd non è riuscito a fare passare una proposta del suo alleato.

di Maria Gloria Frattagli (Resto del Carlino )



Marche, impennata record delle temperature: le campagne soffrono

Coldiretti

Rispetto alla media storica si registrano 3,8 gradi in più. In crisi colture e allevamenti

Ancona, 7 agosto 2012 - L’estate marchigiana è quella che in Italia ha fatto registrare l’aumento di temperatura massimo rispetto al passato, con il termometro che tra giugno e luglio ha segnato ben 3,8 gradi in più nel confronto con la media storica di riferimento.

E’ quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base di un’analisi sui dati dell’Osservatorio agro climatico del Ministero delle Politiche agricole. Dopo che nel mese di giugno il termometro è arrivato a 28,7 gradi, 4 gradi in più rispetto alla media, a luglio ha raggiunto quota 31,3, 3,7 gradi in più del solito.

Uno scarto climatico che, sottolinea Coldiretti, colloca la nostra regione al primo posto tra quelle più 'calde' rispetto al passato, con una media di 3,85 gradi di aumento della colonnina di mercurio, davanti a Umbria e Basilicata. E con Nerone si rischia di battere ulteriori record. Una situazione che, sottolinea Coldiretti Marche, si sta facendo sentire nelle campagne.

Per il girasole, una delle colture più presenti nella nostra regione con una superficie di 40mila ettari e una produzione di oltre 900mila quintali, si stima un calo produttivo certo del 20 per cento, che può arrivare però anche al 90 per cento per chi ha seminato tardi, con le piante in fase di crescita che hanno sofferto da subito lo stress idrico. Grave anche la situazione del mais (produzione di 500mila quintali su 7mila ettari).

Secondo Coldiretti chi ha la possibilità di irrigare dovrebbe contenere il calo entro i limiti del 20 per cento, a patto però di un consistente aggravio dei costi produttivi. Per chi non può irrigare si rischia di perdere fino all’80 per cento del raccolto. Oltre ad aggravare la siccità nei campi, il caldo ha fatto crollare la produzione di latte nelle stalle, con gli allevatori costretti a studiare diete specifiche per le mucche o a piazzare ventilatori in stalla.

A causa delle alte temperature gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte, con un calo medio che nella nostra regione va dal 20 al 50 per cento. Ma, denuncia Coldiretti, lo stress idrico inizia a farsi sentire anche su altre colture, a partire dalla vite e dall’olivo, per i quali saranno decisive le prossime settimane.

venerdì 3 agosto 2012



FALCONARA M. AL PARCO KENNEDY

DAL 1 AL 5 AGOSTO

GRANDE FESTA DELLA VONGOLA



Dal Carlino

Ombrelloni chiusi per sciopero.

I bagnanti aspettano pazienti al bar

Adesioni a macchia di leopardo a Senigallia

In alcuni bagni allestite anche delle aree ristoro con frutta fresca e bevande, per rendere l'attesa dell'agognato lettino più sopportabile

Ancona, 3 agosto 2012 - Ombrelloni chiusi e spiaggia transennata a Palombina. Compatta la protesta dei bagnini e degli imprenditori balneari contro la Bolkestein, la direttiva Ue che prevede dal 2016 aste per le aree demaniali, e quindi per gli stabilimenti, che oggi hanno il rinnovo delle concessioni automatico.
Molti bagnanti sapevano dello sciopero, e si sono seduti nei bar in attesa di poter scendere in spiaggia.
In alcuni bagni allestite anche delle aree ristoro con frutta fresca e bevande, per rendere l'attesa dell'agognato lettino più sopportabile. La protesta è nazionale ed è stata accolta da tutte le spiagge anconetane: a Palombina chiusura fino alle 11, a Portonovo sciopero degli ombrelloni dimostrativo di 5 minuti, ma sempre alle 11, al Passetto, nell'unico stabilimento, per dieci minuti. Stessa situazione a Numana. A Senigallia invece i dubbi sull'adesione erano molti, e il fronte si è un po' spaccato registrando anche qualche no: l'iniziativa ha preso piede a macchia di leopardo.

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Lavoro in nero, stop attività per noto stabilimento e multa da 10mila euro

Controlli a Falconara

I carabinieri con gli ispettori dell'Asur, hanno eseguito le ispezioni anche con la finalità di un attento monitoraggio di tutte le ditte, sia locali sia provenienti da altre province che intrattengono rapporti di lavoro con gli stabilimenti stessi

Ancona, 3 agosto 2012 - Carabinieri di Falconara Marittima unitamente a personale del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Ancona e del Nucleo Anti Sofisticazione sono stati impegnati negli ultimi giorni in una vasta attività di controllo degli stabilimenti balneari per verificare la sicurezza sul lavoro e contrastare il fenomeno dello sfruttamento della manovalanza, in particolare quella straniera. I militari, unitamente agli ispettori dell'Asur, hanno eseguito le ispezioni, anche con la finalità di un attento monitoraggio di tutte le ditte, sia locali sia provenienti da altre province che intrattengono rapporti di lavoro con gli stabilimenti stessi.

Diverse sono state le infrazioni riscontrate in materia di corretto mantenimento dei cibi e delle bevande e in materia di sicurezza sul lavoro. Sono state rilevate assunzioni in nero, che hanno determinato nei confronti
del titolare di un noto stabilimento, la sospensione dell'attività e la conseguente applicazione di sanzioni per oltre 10 mila euro.