domenica 24 aprile 2016


Falconara, maltempo in arrivo: mercatino del Made in Italy rinviato

Falconara, maltempo in arrivo: mercatino del Made in Italy rinviato

Le previsioni meteo avverse fanno saltare il mercatino previsto per il weekend. Data che sarà recuperata l'11/12 giugno allungando la Fiera


Falconara, maltempo in arrivo: mercatino del Made in Italy rinviato
Il meteo dice male. È così il Comune apre l'ombrello soprattutto per mettere al riparo dalla pioggia sponsorizzazioni e impegni privati racimolati per il mercatino del Made in Italy che si sarebbe dovuto tenere sabato 23 e domenica 24 aprile. «È stato difficile prendere questa decisione, considerando la mole di lavoro che richiedono iniziative complesse come questa - ha detto l’assessore al Commercio Stefania Signorini - ma mi sono sentita in dovere di rinviare questa bella iniziativa a favore del commercio artigianale in rispetto di tutti i partner, Cna in primis, che avevano contribuito finanziariamente alla realizzazione di questa due giorni. Mi auguro vivamente che questo rinvio possa tradursi in un vero e proprio incremento delle proposte per il mese di giugno. Questa fruttuosa collaborazione, infatti, si è rinnovata per il quinto anno, crescendo nel tempo».
Per recuperare la due giorni è stato scelto il weekend di sabato 11 e domenica 12 giugno. In concomitanza con altre due iniziative per creare un unico grande evento. Sabato gli stand si affiancheranno a quelli della Fiera che, in pratica diventerà di due giorni. Oltre a questo è previsto anche un appuntamento, per domenica, dedicato agli amici a 4 zampe: A spasso con Fido, una giornata che si articolerà tra agility, aperidog e una sfilata per le vie del centro a passeggio con i propri cani. «Allungando di un giorno la fiera, infatti, sarà possibile riempire le vie del centro arricchendo ulteriormente il calendario degli eventi falconaresi» si legge in una nota del Comune.
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M.Catalani


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giovedì 21 aprile 2016


Ex Montedison e Internazionale: blitz negli hotel dei disperati

Ex Montedison e Internazionale: blitz negli hotel dei disperati

Ruspe in azione per rimuovere i rifiuti all'interno dell'ex sito industriale e clandestini via tra le proteste. Operazione anche nell'ex albergo: trovati 4 minori
Ex Montedison e Internazionale: blitz negli hotel dei disperati
Due ruspe, camion e addirittura un container per ripulire dai rifiuti gli edifici all'interno della ex Montedison. Vestiti, soprattutto, accumulati nel tempo dagli abusivi, tutti di nazionalità romena, che vi dimorano abusivamente nonostante i continui sgomberi e i tentativi da parte del privato proprietario dell'area di impedire l'accesso ad estranei. Sul posto anche carabinieri e polizia municipale, oltre al sindaco Goffredo Brandoni e all'assessore all'Urbanistica Clemente Rossi per verificare lo stato della struttura. Blitz che ha visto il suo secondo tempo all'ex hotel Internazionale dove un paio di famiglie hanno occupato altrettante camere al terzo piano della struttura. Alla vista dei mezzi meccanici, gli occupanti della Montedison, circa una 20ina tra uomini e donne, hanno iniziato a raccogliere le loro cose prima di essere allontanati. Materassi portati via in spalla, oggetti personali messi alla rinfusa dentro grandi sacchi neri della spazzatura e via alla fermata dell'autobus. Direzione? Qualcuno raggiunge il centro di Falconara, altri vanno a nord verso Senigallia. «E ora dove andiamo noi a dormire?» chiede con veemenza uno al sindaco Brandoni. «Stiamo cercando di risanare quest'area. La preoccupazione è che tornino. La proprietà dovrebbe prendere in considerazione l'abbattimento di qualche edificio come fatto con le casette degli operai qualche anno fa. Da parte amministrazione comunale c'è massima disponibilità se questo può scongiurare la presenza di queste persone che vivono per altro in condizioni igieniche inesistenti».


domenica 17 aprile 2016

Aeroporto delle Marche, annuncio choc in bacheca: «Adesso licenziamo»

Annuncio-choc all'Aeroporto delle Marche: Aerdorica, la società di gestione dello scalo di Falconara, decide di licenziare. «La società Aerdorica spa comunica ai dipendenti che a seguito del mancato accordo per la Cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale, si procederà all'avvio di procedura di mobilità al fine di procedere ai licenziamenti per riduzione del personale».

Con questo avviso, appeso come qualsiasi altro alla bacheca interna dell'Aeroporto, Aerdorica  annuncia i licenziamenti. Un atto che ha colto totalmente di sorpresa sindacati e lavoratori, proprio nel momento in cui, dopo l'annuncio dello sciopero da parte dei lavoratori, si stava cercando di ricucire lo strappo con la Regione per arrivare ad un accordo. Ora questo fulmine a ciel sereno che piomba come un macigno sui 105 dipendenti di Aerdorica, in attesa da due mesi degli arretrati dello stipendio.

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lunedì 11 aprile 2016



Le trivelle non c’entrano un tubo.


 Vademecum per un’astensione consapevole




Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli 

abbonamenti) – Il referendum del 17 aprile sulle trivelle non è sulle

 trivelle. È la prima cosa da chiarire: il quesito non riguarda le

 perforazioni ma la durata delle concessioni. Le trivellazioni entro le 

12 miglia sono già state bloccate per legge così come sono state 

negate nuove autorizzazioni. Non stiamo parlando di nuove 

perforazioni, ma di piattaforme offshore, in mare, che servono a 

estrarre olio o gas. Le trivelle trivellano, le piattaforme estraggono.

 Le immagini che girano in rete su pennuti ricoperti di petrolio, 

bagnanti circondati da acque nere, scenari apocalittici da disaster 

movie sono fumo negli occhi.



La domanda vera cui si deve rispondere è, semplificando, questa: volete voi che, quando scadranno le concessioni in essere, l’attività delle piattaforme attive entro le 12 miglia si fermi oppure volete che continui fino all’esaurimento del giacimento? Chi vota “sì” non ferma nessuna trivella, per il semplice motivo che non esiste alcuna trivella da fermare. Chi vota sì vuole che, al termine della concessione, siano chiusi gli impianti di produzione anche se i giacimenti sono ancora produttivi. Se vince il no o l’astensione, le compagnie potranno chiedere di proseguire nell’estrazione se vi è ancora gas o petrolio nel giacimento.Come si è arrivati al referendumUn passo indietro. Il referendum è stato ottenuto, per la prima volta in Italia, non attraverso la raccolta di 500 mila firme, ma per la richiesta di dieci Regioni: Abruzzo (poi ritiratasi), Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, amministrate dalla sinistra, Liguria e Veneto, dal centrodestra. Dall’elenco manca l’Emilia-Romagna cioè la regione dove sono situate la maggior parte delle piattaforme. Fra i richiedenti vi è, invece, la Puglia il cui governatore, Michele Emiliano, è il più accanito sostenitore del voto no-triv, sebbene nel suo mare non vi sia nemmeno una piattaforma entro le 12 miglia.



Le Regioni avevano proposto sei quesiti, chiedendo l’abrogazione di alcuni articoli del decreto Sviluppo e del decreto Sblocca Italia. Cinque sono decaduti perché, a dicembre, attraverso la modifica della legge di Stabilità, il governo li ha sterilizzati restituendo alle Regioni quei poteri in materia di sfruttamento di gas e petrolio che aveva loro sottratto. L’unico quesito rimasto in campo riguarda quelle piattaforme che sono presenti nei nostri mari e si trovano a meno di 22 chilometri dalla costa. Stiamo parlando, secondo l’elenco consultabile sul sito del ministero dello Sviluppo, di 92 impianti (piattaforme marine e strutture assimilabili), di cui otto non operativi, le cui concessioni scadrebbero in un tempo variabile tra i due e i trentaquattro anni. È da notare un altro fatto importante: si tratta di piattaforme che, nell’80 per cento dei casi, estraggono metano, non petrolio. La maggioranza di esse si trova al largo di Ravenna.
Le ragioni del sì sono sostenute dalla minoranza Pd, Lega Nord, M5S, Sel. Il sì ha messo d’accordo per una volta Matteo Salvini con Maurizio Landini e Stefano Rodotà. Poi ci sono associazioni come Greenpeace, Wwf, Legambiente, Slow Food. Hanno firmato un appello per il sì Dario Fo, Erri De Luca, Andrea Camilleri, Moni Ovadia, Sabina Guzzanti, Jovanotti e Rocco Siffredi. Ottanta diocesi si sono espresse apertamente contro le trivelle e monsignor Nunzio Galantino, segretario Cei, ha detto che la Chiesa non dà indicazioni di voto, ma ha chiesto alla politica di «creare luoghi seri di confronto evitando semplificazioni e scomuniche contrapposte». Emiliano ha rilasciato un’intervista in cui ha affermato di essersi impegnato nella battaglia referendaria perché è «contro i petrolieri che sfruttano i giacimenti senza limiti e controlli» e perché illuminato dalla lettura dellaLaudato si’. Nel manifesto del coordinamento nazionale no-triv si legge che l’obiettivo di questo fronte è «diffondere un pensiero post-estrattivista» al fine di liberare il mare italiano dalla ricerca di idrocarburi.
Sul fronte opposto troviamo il comitato “Ottimisti e razionali”, capeggiato da Gianfranco Borghini, che aTempi spiega che la sua prima indicazione è l’astensione oppure il “no”. «Questo referendum non è onesto. Si fa un gran parlare di petrolio e trivelle, mentre si dovrebbe più correttamente discutere di gas e concessioni». Soprattutto, fa notare Borghini, questa mostrificazione degli impianti non ha ragione d’essere: stiamo parlando di metano, «un’energia pulita», e di strutture «sottoposte a continui controlli».

Le cozze, ad esempio
Il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti ha detto al Corriere Tv che «facciamo ventimila analisi all’anno, una sola non è risultata dentro i parametri europei». L’unico incidente avvenuto in Italia si verificò più di cinquant’anni fa, nel 1965, sulla piattaforma Paguro al largo di Ravenna. In fase di installazione un guasto causò la morte di tre persone, ma non vi furono gravi danni ambientali. «E l’estrazione di gas è sicura – aggiunge Borghini –. Deve passare al vaglio dei severi controlli dell’Ispra, dell’Istituto Nazionale di geofisica, quello di geologia e quello di oceanografia, delle Capitanerie di porto, delle Usl, delle Asl, dell’Istituto superiore di Sanità e dei ministeri competenti. Ogni anno l’Ispra pubblica un rapporto e tutti hanno confermato che la situazione è sotto controllo. Esiste l’inquinamento medio dell’Adriatico, ma non uno specifico “inquinamento da piattaforma”».
A voler essere polemici, esistono casi che dimostrano l’opposto: le cozze, ad esempio. La regione con più piattaforme è l’Emilia-Romagna che è, per quantità, la regina in Italia per produzione di mitili. Sebbene poi abbia smentito se stessa, la stessa Slow Food ha affermato che fra i molluschi più pregiati in Italia vi siano quelli raccolti proprio sulle gambe delle trivelle (e che si possono gustare alla “Festa della Cozza di Marina di Ravenna”). Le più sottoposte a contestazioni da parte delle autorità sanitarie sono, invece, quelle di Napoli, il cui primo cittadino, Luigi de Magistris, è un fegatoso no-triv. La Campania è la regione italiana messa peggio nel controllo degli scarichi fognari in mare – quelli che, poi, sono i più pericolosi per la salute dei bagnanti –, eppure è tra le Regioni promotrici del referendum. Lo stesso discorso vale per il bel mare blu che circonda le trivelle della Calabria jonica, la cui acqua è certamente più limpida di quella del litorale romano senza piattaforme.
Posti di lavoro
Secondo Greenpeace, gli addetti che lavorano sulle piattaforme sarebbero una settantina. Dunque, dal punto di vista dell’occupazione, non ci sarebbero grandi ricadute. Perché allora molti sindacati si sono schierati contro il referendum? Non solo la Femca Cisl e Uiltec Uil, ma anche la Filctem Cgil (anche se poi, all’interno della Cgil, c’è stata una spaccatura tra favorevoli e contrari). Angelo Colombini, segretario generale Femca, spiega a Tempi perché i sindacati abbiano paventato la perdita di «migliaia di posti di lavoro». «I dipendenti che lavorano sulle piattaforme in Italia, tra ingegneri e staff, sono 7.000. A questi dobbiamo aggiungere i lavoratori dell’indotto e così arriviamo a 30 mila». Il segretario fa notare che «per noi che siamo la seconda potenza manifatturiera europea è indispensabile sostenere un approvvigionamento domestico. Dipendere, come ora, in maniera rilevante da Libia, Algeria e Russia – con i loro problemi di instabilità – e Norvegia, ci lascia sempre in una posizione precaria». Un discorso sistemico che accosti alle energie rinnovabili quelle tradizionali è cruciale per Colombini che vede con favore la bioraffinazione in atto a Venezia, mentre lamenta una certa lentezza, «talvolta ideologica, talvolta burocratica», da parte di ministeri e amministrazioni locali nel concedere le autorizzazioni: «Tutti fattori che fanno perdere al nostro paese tempo, investimenti e posti di lavoro».
Per il sì sono schierate quasi tutte le maggiori associazioni ambientaliste. A fare eccezione sono gli Amici della terra, la cui presidente, Monica Tommasi, spiega a Tempi che «questo referendum ripropone in tutta la sua interezza la questione di un ambientalismo ideologico che, attraverso iniziative demagogiche, allontana la soluzione dei problemi ambientali e li aggrava. Noi abbiamo scelto da tempo di resistere alla deriva della demagogia privilegiando l’approccio alla soluzione dei problemi ambientali fondato sulle conoscenze tecnico scientifiche, sulla corretta informazione del pubblico e sull’assunzione delle responsabilità in nome dell’interesse generale».
Facciamo un esempio: negli ultimi 25 anni nel Mediterraneo ci sono stati 27 incidenti con sversamento: tutti hanno riguardato petroliere. «Se vincesse il sì – dice Tommasi – saremmo costretti ad aumentare le importazioni di gas e petrolio, aumentando così le emissioni in atmosfera e il rischio di incidenti da petroliere». IlMessaggero ha calcolato che per pareggiare la quantità di energia prodotta nel 2015 dalle piattaforme saremmo costretti a fare transitare nei nostri mari 85 superpetroliere, quindi, per paradosso, bloccare le piattaforme significa aumentare il rischio di disastri ambientali.

Verificare le concessioni
Il sospetto, come fanno notare gli osservatori più smaliziati, è che di trivelle&cozze importi poco o niente a nessuno. A Emiliano preme la sua battaglia politica contro Matteo Renzi, alle Regioni di mettere il becco nella trattativa con lo Stato per il rinnovo delle concessioni.
Qui, infatti, sta il vero nodo della questione. Il senatore Mario Mauro spiega a Tempi di essere favorevole al sì al referendum non per ragioni «ambientaliste», ma perché contrario «alle scelte di questo Governo in materia di concessioni». «Porre come unico limite l’esaurimento del giacimento è un grande regalo ai gestori che, anche in caso di giacimenti ormai poveri e residui, avrebbero tutto il vantaggio ad andare avanti, lavorando a basso regime pur di non affrontare le ingenti spese di smantellamento e bonifica». Ergo, è il ragionamento di Mauro, «poiché una trentina di queste piattaforme sono piuttosto obsolete, è meglio che la concessione abbia un termine così da poter verificare se ha ancora ragion d’essere oppure no».
La seconda questione, fa notare Mauro, è che nella lotta di potere tra Stato e Regioni è giusto che queste ultime possano fare valere la loro voce. «Comprendo il fatto che su una questione di interesse nazionale, come è il caso dell’approvvigionamento energetico, debba essere lo Stato a dire l’ultima parola, ma non penso che questo debba essere fatto “a prescindere” dalle Regioni». Soprattutto, fa notare il senatore, «certe misure prese dallo Sblocca Italia sono più in linea con la nuova Costituzione che vuole approvare il governo piuttosto che con la vigente. Dico io: almeno prima fatecela votare».
C’è un problema energetico
Le obiezioni poste da Mauro hanno il pregio di far tornare la discussione nel suo reale ambito (le concessioni, le piattaforme, l’equilibrio di potere tra Stato e Regioni) e di non dirottarla su questioni che non la riguardano (le trivelle, i disastri ambientali). Resta da sottolineare, tuttavia, come il referendum sia lo strumento meno adatto per risolvere il busillis, soprattutto questo che, essendo stato caricato di significati simbolici ambientalisti, rischia di avere conseguenze importanti sul fronte energetico.
A monte di tutto il discorso sulle trivelle sta, infatti, il problema su come il nostro paese debba produrre energia. Sebbene, come abbiamo visto, la maggioranza delle piattaforme estraggano gas, gli ambientalisti calcano la mano sul petrolio. Basta, dicono, investiamo sulle energie rinnovabili. «Straparlano», sentenzia Borghini. «Bene puntare sulle rinnovabili, ma ora come ora non sono sufficienti a soddisfare il nostro fabbisogno. Faccio poi notare che il metano è la fonte più vicina alle rinnovabili, con l’unica differenza che il metano non ha bisogno dei contributi di Stato, mentre per sole e vento lo Stato ha già elargito 12 miliardi di euro».
Anche Tommasi invita a «essere realisti. È falso dire che si possano abbandonare le fonti fossili dall’oggi al domani. Gli ambientalisti seri sanno che la transizione verso un futuro interamente rinnovabile è lunga e difficile. A livello tecnologico ed economico oggi non è possibile coprire tutti i fabbisogni di energia con queste fonti». Una riflessione seria sulle rinnovabili e sulla loro capacità di sostituire le fonti fossili non può prescindere «dall’analisi delle loro effettive potenzialità, dai loro costi e dalle loro esternalità. Il loro contributo è destinato ad aumentare, ma non è ancora prevedibile quando e in che misura potranno incidere sullo scenario energetico mondiale. Riusciremo sicuramente a raggiungere gli obiettivi europei al 2030 portando la quota di fonti rinnovabili al 30 per cento. Questo significa che l’altro 70 per cento dei consumi dovrà essere coperto ancora da combustibili fossili (principalmente da gas ma anche da petrolio e carbone). Se vincerà il sì al referendum saranno tutti fossili importati da altri paesi». Per Tommasi la produzione di gas e petrolio italiano a chilometro zero è un’opzione migliore per l’ambiente locale e globale rispetto a quella degli idrocarburi importati da paesi lontani: «Oltre a evitare i costi ambientali dei trasporti, l’industria estrattiva nazionale eccelle nelle tecnologie per la prevenzione di danni ambientali e per la sicurezza delle condizioni di lavoro».
Secondo Borghini, quelle degli ambientalisti come Emiliano che hanno proposto di sostituire il contributo energetico fornito dalle piattaforme con l’eolico sono boutade a cui si può rispondere solo con altre boutade. «Sa cosa significherebbe? Vorrebbe dire che, solo per soddisfare il fabbisogno energetico pugliese, dovremmo piantare una fila di pale da Roma Nord a Milano Rogoredo».
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mercoledì 6 aprile 2016



Falconara, commercio: insegne commerciali più facili

Commercio a Falconara, sarà più facile ottenere l'insegna del proprio negozio

Approda in commissione il nuovo regolamento sulle insegne. Tempistica falciata: da due mesi di attesa a installazione immediata. Per il futuro si prevede una tariffa unica di 50 euro e l'esenzione totale per le nuove attività



Falconara, commercio: insegne commerciali più facili

A Falconara sarà facile e veloce installare un'insegna per esercizio commerciale. È la direzione presa dall'amministrazione comunale nel proporre al voto del consiglio il nuovo regolamento per la pubblicità che, approvato nel 2010, aveva rallentato all'esasperazione i tempi burocratici. La rivoluzione passa per la Scia che sostituisce la richiesta di autorizzazione. Il cittadino potrà, attraverso un'unica richiesta valida anche per l'ufficio tributi, senza quindi affrontare due code allo sportello, installare da subito l'insegna della sua attività commerciale. In precedenza lo stesso iter prevedeva una richiesta all'ufficio urbanistica, una denuncia ai tributi e l'attesa della verifica da parte della Polizia municipale: circa 60 giorni di attesa.
Con la nuova normativa la Municipale effettuerà controlli successivamente richiedendo eventuali integrazioni alle imprese che dovranno ottemperare in massimo 30 giorni, pena la sospensione dell'autorizzazione. «La nuova normativa - ha spiegato il dirigente all'Urbanistica, Stefano Capannelli - entrerà in vigore 30 giorni dopo approvazione del consiglio per consentire lo smaltimento delle vecchie pratiche. È stata già preparata la nuova modulistica. Il terzo passaggio sarà far entrare tutte le procedure dal Suap entro il 2017». La giunta sta lavorando anche a nuove tariffe per le autorizzazioni. Attualmente chi installa un'insegna paga 75 euro (più 32 di marche da bollo) per una nuova autorizzazione o 32 (più 32 di marche) per il rinnovo. Parliamo di tributi per autorizzazioni in più rispetto alla tassa sulla pubblicità, regolata da leggi nazionali e non applicabile a insegne sotto i 5 metri quadrati. Per il futuro si prevede una tariffa unica di 50 euro (senza bolli) e l'esenzione totale, per i primi 3 anni, per le nuove richieste. Il nuovo regolamento andrà al voto nel consiglio comunale di venerdì 8 aprile.
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Falconara, commercio: insegne commerciali più facili
Marco Catalani Collaboratore Ancona

sabato 2 aprile 2016

Pensioni, in 4000 ad Ancona contro la legge Fornero

Pensioni, in 4000 ad Ancona per protestare contro la legge Fornero

Manifestazione unitaria con corteo dal porto al centro. Arrivi da tutta la regione e traffico bloccato durante il passaggio dei manifestanti fino a piazza del Papa
Circa 4000 persone hanno preso parte sabato 2 aprile al corteo di Cgil, Cisl e Uil per ottenere la modifica della legge Fornero sulle pensioni. Manifestazione nazionale che ha coinvolto con una partecipazione massiccia anche la nostra regione. Nel capoluogo dorico, già dalle 9, erano arrivati numerosi autobus da tutte le province marchigiane. Bloccato da polizia municipale e polizia di stato il traffico veicolare, che ha subito forti rallentamenti, durante il passaggio del corteo.
Pensioni, in 4000 ad Ancona contro la legge Fornero
Dietro lo striscione "Cambiare le pensioni. Dare lavoro ai giovani" i manifestanti hanno sfilato dal porto lungo via Marconi, via XXIX Settembre, corso Stamira fino a piazza Cavour, corso Garibaldi fino a raggiungere piazza del Papa dove si sono tenuti i comizi finali. Tra le richieste: pensioni dignitose per i giovani e i lavoratori precari, l'accesso flessibile al pensionamento, il riconoscimento dei lavori usuranti, il rafforzamento della previdenza complementare e la tutela delle pensioni in essere.
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M.Catalani

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venerdì 1 aprile 2016

Falconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia

La maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia

Due mozioni che si scontrano: di maggioranza pro assessori e quella di Falconara Bene Comune per bocciare i due esponenti della giunta Brandoni. Ecco quello successo nel consiglio comunale di Falconara giovedì


Falconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia
l mancato accordo con Ancona, il malfunzionamento del ponte radio per le ricetrasmittenti, la carenza dei pattugliamenti ma soprattutto la vicenda degli insulti tra vigili. Ecco i motivi che hanno portato Falconara Bene Comune alla mozione di sfiducia nei confronti degli assessori Clemente Rossi (Sicurezza) e Stefania Signorini (Pari Opportunità). Punto rovente del consiglio comunale contrastato dalla maggioranza con una seconda mozione, ma di fiducia in questo caso. «Signorini sempre attenta alle pari opportunità, Rossi sempre sensibile all'armonia tra gli agenti della Municipale» comunica Stefania Marini (Falconara in Movimento) a nome della maggioranza. «Accuse gravi e infondate - ha replicato la Signorini - Già nel 2012 ci eravamo mossi per affrontare la vicenda. Abbiamo avviato un procedimento disciplinare che si è concluso con un'archiviazione. Un successivo monitoraggio sul benessere dei dipendenti ha evidenziato che la situazione lavorativa è buonaVoto scontato. La mozione di maggioranza è passata con 11 sì e 5 no. Stessi numeri, a parti invertite, per la bocciatura del documento di Fbc.
Falconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia
La polemica era partita già ieri quando il presidente del consiglio Marco Giacanella aveva invitato in conferenza dei capigruppo 4 vigilesse in audizione. Unico delle opposizioni a restare, dopo l'abbandono del dem Federici e della Polita (Cittadini in Comune), Carmelino Proto di Uniti per Mastrovincenzo.
Falconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia
L'esponente di Fbc/Cic si era espressa duramente, definendo l'incontro «un'invenzione parziale, offensiva e al limite dell’intimidazione per le vigilesse. Dopo oltre 3 anni di silenzio sulla vicenda e la giunta Brandoni finge di non conoscere un procedimento disciplinare, un processo penale, l’operato dell’assessore al Personale (e quello della giunta), l’intervento della consigliera di Parità del Ministero del Lavoro. Le motivazioni scritte nel nostro odg, quindi, si basano su tutti quei fatti reali e dimostrati a cui abbiamo chiesto e ottenuto l’accesso». Affondo anche da parte del Pd. «Si dimostra, se mai ce ne sia ancora bisogno, la debolezza di questa amministrazione ormai in preda ad una vera crisi di nervi e incapace di risolvere i problemi. Il corpo dei vigili non è una sede di partito dove risolvere magagne politiche. Addirittura la convocazione è stata fatta appena il giorno prima: tale sollecitudine dovrebbe
Falconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia
essere messa per cause migliori di un'interrogazione consiliare di sfiducia se sono sicuri della loro granitica compattezza» ha attaccato Andrea Rossi. Per l'Ugl e Sulpl l'audizione «è semplicemente scandalosa. Il linguaggio a sfondo sessuale utilizzato dall'ufficiale per sua stessa ammissione è stato segnalato da diversi colleghi. Condanniamo questo modo di fare. Se esiste un problema di natura politica lo si deve affrontare in ambito politico e no schermendosi dietro la dignità dei lavoratori». Le due sigle sindacali hanno fatto sapere di aver dato mandato ai propri legali per individuare eventuali responsabilità. 
Dal canto suo, Giacanella ha respinto le accuse. «È stata un'iniziativa utile - ha detto - che ha consentito ai consiglieri di acquisire notizie e documenti utili ai fini dell'espletamento del proprio mandato. Ritenendo la proposta del sindaco finalizzata in tal senso ho deciso di aderire. L’unico elemento di biasimo reale è l’ignoranza dimostrata dalla consigliere Polita del Regolamento comunale e del Tuel. Mi sorge il legittimo dubbio che le risultanze delle audizioni possano far cadere la sua ricostruzione parziale della vicenda “costringendola” ad un cambio di posizione facendo rilevare l’odg peFalconara, la maggioranza fa quadrato su Rossi e Signorini: bocciata la mozione di sfiducia
quello che è: un atto di sciacallaggio politico contro gli assessori Rossi e Signorini». Sui sindacati, invece, Giacanella addita come «fuori luogo» l'intervento. «Forse - prosegue - la situazione riveste per qualcuno anche una questione personale ma, nel caso, ciò non dovrebbe influenzare le azioni di un sindacato che ha il compito di agire a tutela di tutti lavoratori e non di cavillare  in merito al diritto di informazione dei consiglieri comunali».
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