sabato 28 agosto 2010

Gli attacchi di Famiglia Cristiana al premier

da Ragionpolitica

Famiglia Cristiana non riesce a darsi pace. E’ difficile, per il settimanale dei Paolini, accettare che la maggioranza dell'elettorato cattolico dia fiducia a Silvio Berlusconi. Accusa infatti il premier di non rispettare né la Costituzione né il valore della sovranità popolare. Forse il settimanale, che ha fatto registrare un forte ridimensionamento di lettori, tenta di estremizzare i toni per recuperare più visibilità, cavalcando l'antiberlusconismo e sventolandolo come un vessillo per certificare la sua esistenza, rifiutando una realtà che non coincide con i suoi dettami culturali. Ma a chi parla Famiglia Cristiana? Siamo sicuri che i cattolici, oggi, siano così inclini a seguire gli strali ideologici della rivista dei Paolini? Sarebbe utile ricordare al direttore, don Sciortino, che è grazie alla stragrande maggioranza dei cattolici che è sorta la Seconda Repubblica di cui Silvio Berlusconi è il leader più rappresentativo. Come affermava Baget Bozzo, «l'elettorato del centrodestra è nato da una crisi di Stato e non da una questione di scelta politica, è nato da una crisi del consenso attorno alla Costituzione del '48 e allo Stato su cui si fondava».
Le tesi di Famiglia Cristiana sembrano tuttora ancorate ad una visione legata al «patriottismo della Costituzione» di memoria comunista, in cui i partiti ideologici della Prima Repubblica e quello confessionale della Dc erano i garanti della Carta. La vita democratica delle istituzioni italiane si svolgeva, quindi, entro i confini di un'etica della Repubblica che faceva dell'antifascismo la legittimazione politica e culturale, ed i comunisti, che non erano di certo paladini della democrazia, esercitavano la loro funzione legittimante attraverso l'attuazione materiale della Costituzione. Ed è proprio in questo quadro storico che emerse la maggioranza silenziosa, ossia il popolo italiano che determinò l'archiviazione della Prima Repubblica e l'avvento della Seconda. Fu merito di Silvio Berlusconi il dare forma politica a questa istanza, in cui la cultura dei bisogni si era sostituita all'approccio degli ideologismi del Novecento. Egli ha dato voce a quella maggioranza silenziosa, instaurando un rapporto diretto tra il leader ed il suo elettorato, che lo riconosce spontaneamente come tale.
Evidentemete Famiglia Cristiana ritiene ancora che la sovranità popolare debba essere irriggimentata negli equilibrismi che hanno contraddistinto la Prima Repubblica, nella quale la delega in bianco del mandato parlamentare era il mezzo per attuare i più biechi bizantinismi di palazzo. Ma come lo stesso giornale dei Paolini ricorda, nel 2008 uscì dalle urne un'ampia maggioranza che si strinse intorno a Silvio Berlusconi, e ciò costituì una rivoluzione nel panorama politico italiano e pose fine a quella visione materiale della Costituzione difesa strenuamente dai frammenti dei partiti della Prima Repubblica.
Ora che molti di quei frammenti si sono dissolti nel Pd, il «patriottismo della Costituzione» è diventato il vessillo di una minoranza del Paese incapace di costituirsi come alternativa efficace a Silvio Berlusconi. Assistiamo, quindi, ad un paradosso: l'uomo politico più votato nella storia italiana, colui che gode di più consensi democratici, viene dipinto come l'usurpatore, come colui che intrepreterebbe in maniera distorta il dettato costituzionale per poter fare ciò che vuole. Peccato che in Italia, proprio sulla base della nostra Carta costituzionale, il premier, rispetto ai pari grado di altri paesi, è una figura con poteri molto più limitati. Questo perché la nostra storia ha imposto, quando nacque la Repubblica italiana, di evitare il rischio di derive autoritarie dopo il regime. L'esigenza che si è imposata negli anni, ossia quella di riformare il nostro sistema istituzionale, è nata proprio dalla necessità di ovviare alle lacune che sono emerse negli anni e di poter rafforzare un potere decisionale troppo debole nel nostro Paese per poter affrontare le sfide globali.
In realtà l'Italia pensata da Famiglia Cristiana è ancora il frutto di quel retaggio culturale del «cattolicesimo adulto» che si erge a paladino per le sorti del popolo. Ma fu lo stesso Dossetti a ritenere che, con la Costituzione del '48, il popolo italiano avesse abbandonato il suo potere costituente. Il giornale dei Paolini è, forse, nostalgico di quei tempi, di quella storia che vorrebbe riprodurre nell'attuale contesto. Ma le sue posizioni risentono molto probabilmente della consapevolezza di essere ormai un frammento ideologico residuale nel mondo cattolico. Il suo antiberlusconismo le impedisce di dare il giusto peso alle scelte che il governo Berlusconi ha adottato, ad esempio in materie delicate come la difesa della vita nel caso Englaro. I giudizi severi che Famiglia Cristiana esprime in merito agli atteggiamenti assunti dal premier nei confronti della componente finiana dimostrano come, in verità, il settimanale dei Paolini si abbandona unicamente alla faziosità politica, sulla scia di tante altre testate giornalistiche ideologicamente antiberlusconiane come Il Fatto e L'Unità. Famiglia Cristiana parla di «Costituzione dimezzata» e non si rende conto che quella che essa teorizza, con il suo antiberlusconismo ideologico e persino teologico, è di fatto una «democrazia azzoppata».

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