mercoledì 11 agosto 2010

La fedeltà dei finiani al programma è solo un proclama retorico


Giurano che loro si atterranno al programma di governo presentato agli elettori nell'aprile 2008, ma poi, alla prova dei fatti, dimostrano l'esatto contrario. E' già accaduto negli scorsi mesi sui temi dell'immigrazione e della giustizia, e accade di nuovo oggi sulle questioni bioetiche. I finiani, per bocca del vice capogruppo alla Camera di Futuro e Libertà, l'onorevole Benedetto Della Vedova, annunciano una iniziativa per «riprendere in mano il tema di una legge civile sulle coppie di fatto anche gay, senza confinarlo nella maggioranza ma allargandolo a tutte le forze parlamentari». Ma non finisce qui. Perché, sempre secondo Della Vedova, è necessario apportare modifiche anche alla legge sulla procreazione assistita votata dal centrodestra nel 2004, definita «assurda» dall'ex radicale e oggi deputato finiano. Infine, per completare il tutto, ecco la proposta di un «disarmo bilaterale» in materia di testamento biologico, visto che il Popolo della Libertà «ha prodotto solo proposte confessionali su questo tema».
Niente di nuovo sotto il sole, si dirà. Queste non sono soltanto le posizioni di Della Vedova, ma anche quelle espresse a più riprese, negli anni scorsi, dall'onorevole Fini, che non ha mai nascosto la propria idiosincrasia per l'approccio del centrodestra alle questioni bioetiche. Basti ad esempio ricordare la scelta - peraltro molto contestata all'interno del suo partito - dell'allora capo di Alleanza Nazionale in merito al referendum sulla fecondazione assistita del 2005, in occasione del quale egli decise, in nome di una non ben definita idea di «laicità», di appoggiare i quesiti che puntavano a scardinare l'impianto della normativa varata dalla Casa delle Libertà. Una normativa che - ricordiamolo - non vietava il ricorso alle tecniche procreative medicalmente assistite, ma ne disciplinava in modo rigoroso le condizioni e le modalità. Dunque, non un provvedimento «confessionale», al punto che l'allora presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, pur considerandola una sorta di «male minore» ed invitando per questo i credenti all'astensione referendaria, disse chiaramente che non si trattava di una «legge cattolica».
Se quindi, per un verso, le proposte di Fini e dei finiani in materia bioetica non rappresentano una novità, per un altro verso è evidente che il rimetterle in campo oggi - in un momento così delicato per le sorti della legislatura e dopo l'annuncio del presidente del Consiglio di una mozione programmatica sulla quale chiedere la fiducia del parlamento alla ripresa settembrina - rivela una chiara volontà di rottura che fa a pugni con le dichiarazioni di fedeltà al centrodestra e al mandato ricevuto dagli elettori due anni e mezzo fa. Dissotterrare la questione delle coppie di fatto, della fecondazione assistita, del testamento biologico in un frangente come quello attuale significa infatti cercare un pretesto per prendere ancora una volta le distanze dalla maggioranza: l'ennesima mossa tattica nascosta sotto la solita giustificazione del «dibattito culturale» e dell'espressione del «legittimo dissenso».
Certi temi, proprio per la loro rilevanza, per la loro delicatezza e per i loro risvolti etici, andrebbero affrontati nei modi e nei tempi opportuni, con un confronto degno di tal nome, e non dovrebbero essere utilizzati strumentalmente come la quotidiana occasione per differenziarsi, per mostrarsi diversi, infine per prendersi gli applausi della sinistra e di tutti i media politicamente corretti. Un'operazione di piccolo cabotaggio che contrasta con la grandezza delle questioni sul tappeto.
A questo proposito ci piace ricordare, proprio per il loro valore di coraggiosa opposizione alla politically correctness, le parole pronunciate dal presidente del Consiglio durante la conferenza stampa con la quale, nei tragici giorni che portarono alla morte di Eluana Englaro, annunciò il decreto del governo volto a salvare la vita della giovane donna - decreto poi respinto dal capo dello Stato: «Se non avessimo prodotto ogni sforzo nelle nostre possibilità per evitare la morte di una persona che è in pericolo di vita e che non è in morte cerebrale, ma è una persona che respira in modo autonomo, una persona viva, le cui cellule cerebrali sono vive, una persona in uno stato vegetativo che potrebbe variare come diverse volte si è visto, io, dal mio punto di vista personale, rispondendo alla mia coscienza, mi sentirei responsabile di un'omissione di soccorso nei confronti di una persona in pericolo di vita». La decisione di Berlusconi, accompagnata da queste sue parole, ha segnato lo spartiacque tra il «dibattito culturale» astratto e l'azione concreta in favore della vita e a sua difesa, divenuta parte del Dna del Popolo della Libertà. Rimarcare oggi le posizioni opposte - per di più, come abbiamo visto, come mero tatticismo - vuol dire certificare la propria rottura tanto con l'azione di governo del Pdl quanto con i suoi fondamenti culturali. Basterebbe riconoscerlo con chiarezza ed agire di conseguenza, senza ulteriori indugi finalizzati soltanto a guadagnare tempo per sé facendolo perdere al governo e alla maggioranza votata dai cittadini.


Ragionpolitica

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