martedì 28 maggio 2013



Volevano fare di Bologna il laboratorio per mettere in crisi tutte le scuole paritarie. Hanno fallito

(   da  TEMPI   Emanuele Boffi  )

Il Corriere della Sera scrive che «Bologna “snobba” il referendum», Repubblica parla di «vittoria zoppa». Il giorno dopo l’affermazione dell’opzione A alla consultazione domestica sui fondi alle scuole paritarie di Bologna, anche i quotidiani nazionali esprimono un giudizio unanime sull’esito del referendum: la città non ha mandato alcun segnale significativo all’amministrazione.
Innanzitutto, va ricordato che il referendum era consultivo. Quindi l’amministrazione bolognese può tenere in considerazione il risultato oppure no. Ci fosse stato il quorum, questo non sarebbe stato raggiunto.
In secondo luogo vanno guardati i numeri.
  • Gli aventi diritto erano quasi 290 mila cittadini.
  • Hanno votato 85.934 persone. L’affluenza è stata del 28,71 per cento. È, storicamente, il risultato peggiore mai registrato in città per un referendum. Mai nessuna consultazione era scesa sotto la soglia del 30.
  • L’opzione A (contro le paritarie) si è attestata al 59 per cento; B al 41. La A ha vinto di 15 mila voti, pari al 4 per cento dei bolognesi.
Il Comitato 33, promotore del referendum, ha parlato, con una certa tracotanza, di «buonissima partecipazione». Per intenderci: alle politiche, solo un mese fa, avevano votato in 232 mila.
Contro le paritarie hanno votato, in sostanza, poco più del 15 per cento dei cittadini. Nemmeno 2 su 10. E qui, al di là del caso specifico di Bologna, sta l’indicazione “politica” più importante della consultazione. E cioè che è stata un fallimento.

Essa è nata come tentativo da parte della sinistra che lo ha promosso (Sel, grillini, Fiom e compagnia cantante) di scardinare il Pd che, sia a livello locale sia nazionale, ha assunto posizioni di responsabilità in un momento difficile per il paese. Sel, che alle politiche ha raggiunto un magrissimo risultato, e i grillini – che si sono infilati nel vicolo cieco di un’opposizione sterile – hanno forzato a Bologna su una battaglia ideologica, presentandola come primo “laboratorio” per esperienze simili nel resto del paese. Se veramente importasse loro della scuola, semplicemente, preso atto dei numeri e del modello vigente in città, il referendum nemmeno l’avrebbero proposto. Invece interessava loro erodere consensi al Pd, lucrare su argomenti “di pancia”, visto che su tutto il resto non riescono a sfondare.
Se questo era l’intento, nemmeno troppo inconfessato e condito con rinascimentali polemiche sulle “scuole dei ricchi” e “dei preti”, ebbene, hanno miseramente fallito su tutta la linea, non riuscendo a mobilitare se non i militanti del loro orticello, in una delle piazze più “di sinistra” di tutto il paese.

1 commento:

Anonimo ha detto...

interessante questo articolo.Solo in
Italia c'è l'ossessione della scuola statale,invece un buon servizio è dato dalla concorrenza di scuole miste anche paritarie e private. e poi possibile che i genitori non possano scegliere la scuola che reputano migliore x i propri figli?