Raimondo Baia
sabato 8 giugno 2013
Minacciare Berlino, poi uscire davvero. Per Bootle è “l’idea più ragionevole”
Bisogna soltanto far capire a Berlino che Roma è pronta a uscire dall’euro se l’architettura della moneta unica non cambierà. Bisogna poi farlo davvero.
Perseguire questa linea “è l’idea più ragionevole”, dice al Foglio Roger Bootle, fondatore e direttore di Capital Economics, commentando
l’intervista di ieri al Foglio dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi
. Soltanto così si può contrastare il processo di “deindustrializzazione” in corso, visto che i dislivelli di competitività tra paesi dell’Eurozona sono ormai viziati anche da effetti monetari e di costo indipendenti dalle riforme che pure vanno portate a termine. Bootle è a capo di una società di ricerca economica britannica con sede tripartita tra Londra, Singapore e Toronto, dirige 40 economisti e rifornisce con i suoi report 1.500 tra banche d’investimento e operatori in tutto il mondo. Soprattutto, Bootle nel 2012 si è aggiudicato il premio più importante per le materie economiche dopo il Nobel, cioè il Wolfson Prize. L’anno scorso il premio ha avuto particolare risonanza sui media internazionali ed è stato apprezzato dal Financial Times perché finalmente sdoganava quello che fino a quel momento era stato un tabù nel dibattito pubblico: avrebbe vinto infatti chi avesse studiato la via migliore, per un paese qualsiasi, per uscire dall’euro. Bootle si è meritato le 250 mila sterline per il primo classificato e ora commenta così l’idea di Berlusconi: “E’ un’opzione reale, è fattibile, non è impossibile”. Anche per un paese grande come l’Italia, con un pil di 1.600 miliardi di euro e un debito pubblico ancora maggiore? “Per me è l’opzione più realistica”. Il piano di Bootle – al netto di dettagli pur importantissimi – prevede che un paese abbandoni la moneta unica tenendo i suoi piani “segreti” fino all’ultimo, poi introduca controlli di capitale, inizi a stampare moneta subito dopo l’uscita formale, faccia default sui suoi debiti, ricapitalizzi le banche e, anche attraverso la naturale svalutazione monetaria, punti tutto sull’export e sulla cooperazione con i paesi rimasti nell’euro. Non è una passeggiata, sia chiaro, ma per l’economista inglese gli effetti complessivi sarebbero migliori del “decennio di stagnazione” cui è condannato oggi il nostro paese.
di Marco Valerio Lo Prete
– Il Foglio
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