domenica 30 novembre 2008

Quando ancona gridava
"Mamma li turchi!"
Dal Messaggero del 30 Novembre
SE ci fu un tempo in cui Ancona doveva stare con gli occhi aperti specie quando andava per mare fu proprio quello in cui si coniò il famoso detto “mamma li turchi”. Si ricorda una grossa nave da trenta mila scudi, con 60 uomini tra passeggeri ed equipaggio depredata dai pirati turchi, più spudorati e temerari che mai, proprio davanti al porto dorico. Correva l’anno 1566. Ancona, allora, faceva parte dello Stato della Chiesa e papa Pio V si era rivolto agli ambasciatori di Costantinopoli i quali consigliarono agli anconetani di sequestrare per ritorsione gli effetti dei turchi e degli ebrei levantini che si trovavano in città. Non solo, sentendosi in qualche modo in colpa, Costantinopoli donò ad Ancona tre turchi che erano imprigionati in città come spioni. Il magistrato però, li mise in libertà, li vestì e diede loro del denaro per il viaggio. Così facendo Ancona dinostrava di non nutrire malgrado tutto inimicizia con il turco. Una ritorsione simile era già successa nel 1518, quando il 4 giugno sette fuste turche assalirono Portonovo e il Poggio, derubando, incendiando e facendo schiave le persone che incontravano nella loro scorreria. Fu così che «il consiglio del 22 giugno 1518 decretò che tutti gli effetti dei turchi qui esistenti fossero sequestrati fino a che non fossero restituiti gli schiavi e gli effetti rubati» come scrisse Antonio Leoni nel 1832. Le fuste erano veloci navi da guerra a remi con una vela, più piccole delle galee.Per difendere Ancona, dopo l’episodio del 1566, il Papa ordinò di rafforzare e allestire nuove fortificazioni e inviò uomini e artiglieria. Il comando fu affidato al colonnello Cesare Guasco, che fece costruire opere militari sul colle dove c’è il Duomo di San Ciriaco, da qui il nome del colle. In mare c’erano le navi veneziane a fare la guardia e Pio V acconsentì che due galee venete potessero ancorarsi in modo permanente nel porto dorico. A quei tempi il golfo di Venezia arrivava fino ad Ancona, sebbene gli anconetani contestassero che l’Adriatico fosse considerato golfo veneziano. E c’erano anche problemi di competizione per i commerci via mare. Situazione aggravata dalla pirateria che imperversò per secoli. Già nel 1458 papa Pio II precisò che i traffici di Ancona erano diventati quasi impossibili perché i mari erano infestati da predoni e pirati. Non solo, Monaldo Leopardi, padre di Giacomo, nei suoi “Annali di Recanati” dirà «da allora (1475) incominciarono i timori quasi periodici di uno sbarco dei turchi, i quali durarono fino al mio tempo». Mentre nel 1477 il Papa impose addirittura una tassa per armare le galere (navi) da usare contro i turchi che infestavano l’Adriatico. Ci cercava di prendere provvedimenti come si poteva. Nel 1523 furono posizionate guardie a vigilare sul Monte Conero, affinché avvistassero le temibili fuste turche. E se ne compariva una all’orizzonte, le guardie facevano fuochi di notte e fumi di giorno. Ma nel 1533 gli Uscocchi, bande di corsari di origine serbo-croata, si nascosero sotto il Monte Conero. Prima catturarono alcuni mercanti che si trovavano in mare e poi fecero irruzione nel castello di Sirolo e rapirono alcuni abitanti. Gli episodi erano gravi tanto che Sisto V, che fu papa dal 1585 al 1590, costituì una flotta pontificia a difesa delle coste contro i pirati. Il papa dispose che ad Ancona si costruissero due fuste per la vigilanza del litorale. Per questo impose una tassa per tutto lo Stato della Chiesa. Nonostante ciò nel 1592, una nave proveniente da Ancona fu svaligiata da 16 barconi uscocchi con ricco bottino vicino Ragusa. La pirateria si sviluppò con l’intensificarsi dei viaggi e commerci via mare. D’altronde chi non possedeva verità e saggezza ed era impotente, usava l’imbroglio e la forza per prevalere sull’avversario.L’attività piratesca si svolgeva tra marzo e novembre. Le coste dell’Adriatico, tra la Dalmazia e l’Albania e il Mediterraneo orientale, ricche di isole e frastagliate, erano idonee come base e rifugio per i vascelli corsari. Nel XVI secolo Ancona era all’apogeo della sua espansione mercantile e il rischio della cattura faceva parte degli incerti del viaggio in mare. E non vennero risparmiati neanche i pellegrini in viaggio per Loreto. Anche i pescatori venivano catturati e poi venduti nei mercati turchi. Non solo, alcuni venivano usati come rematori nelle fuste (ne poteva contenere fino a 60). C’era molto bisogno perché i rematori erano la forza motrice dei battelli ma dovevano essere continuamente rimpiazzati dato che in un viaggio da Venezia a Costantinopoli un terzo dell’equipaggio non resisteva. Pirati e corsari rapivano anche le persone per chiedere il riscatto. La somma raccolta spesso non bastava per tutti e si doveva scegliere tra membri della stessa famiglia dato che in mare andava il nonno, padre e nipoti. Come testimonia la lettera disperata di una senigalliese che chiedeva almeno uno tra marito e due figli.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo pezzo che ho letto con soddisfazione.
Grazie

Anonimo ha detto...

Quando falconara gridava: "mamma Carletti"