mercoledì 28 aprile 2010

Tu quoque, Bersani!

Che delusione Pierluigi Bersani! Proprio nei giorni in cui il presidente del Consiglio invoca, in sintonia con il capo dello Stato, uno spirito costituente capace di andare oltre le divisioni partitiche per «scrivere insieme una nuova pagina di storia della nostra democrazia e della nostra Italia», il segretario del Pd non trova di meglio da fare che proporre per l'ennesima volta una sorta di CLN contro la «deriva populista» che, a suo dire, Berlusconi vorrebbe imporre alle istituzioni democratiche del nostro paese.

La risposta negativa di Bersani aloltre che mostrare l'incapacità del Partito Democratico di rompere in maniera definitiva con quell'antiberlusconismo duro e puro che da sedici anni a questa parte paralizza ogni autentico processo di rinnovamento della sinistra italiana, mette in luce un'imbarazzante incomprensione delle parole pronunciate sabato alla Scala di Milano dal capo dello Stato. Parole che contengono un'interessante novità nell'interpretazione delle vicende che portarono alla nascita della Repubblica e che dischiudono, dal punto di vista politico, una prospettiva che potrebbe consentire - se davvero tutti i partiti la facessero propria - il superamento di una sterile retorica di parte e quindi la riscoperta di un terreno comune sulla base del quale dare vita ad un diverso modo di concepire e sviluppare il confronto tra le forze politiche.

Quando afferma che «il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione: è Festa della riunificazione d'Italia», Napolitano fa infatti appello ad uno spirito nazionale e ad un sentimento patriottico che dovrebbero essere comun denominatore di tutti i protagonisti della vita politica e che li dovrebbero spingere, nel momento in cui i principi di libertà e democrazia sanciti dalla Costituzione sono fatti propri da tutti i partiti rappresentati in parlamento, a non concepire la lotta politica come una sorta di perenne guerra civile, ma come un confronto che, per quanto aspro, non punta alla delegittimazione totale dell'avversario dipingendolo come un nuovo Duce contro il quale organizzare una nuova Resistenza. Che significa tutto ciò? Che sarebbe ora di finirla con una lettura faziosa della Liberazione, utilizzata in modo strumentale per colpire il nemico di turno e cancellarlo dal novero degli amanti della democrazia. Tanto più che - come ha ricordato ancora il capo dello Stato - «nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell'antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana». Per questo «si tratta di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale».

Vallo a spiegare a Bersani, tutto intento, con un tempismo degno di miglior causa, a organizzare il nuovo «patto repubblicano» contro il presidente del Consiglio, nella convinzione di poter in questo modo sconfiggere il Cavaliere alle prossime elezioni, tenendo insieme il Partito Democratico, Di Pietro, la sinistra radicale, l'Udc e tutti gli antiberlusconiani d'Italia, in una riedizione - se possibile ancor più vasta - di quell'Unione prodiana che ha già dimostrato tutta la sua inconsistenza politica e tutta la sua incapacità di governo del paese. Possibile che passino gli anni, passino i segretari del Pd, passino le sconfitte e il maggior partito della sinistra non riesca a proporre altro che il solito, stantio progetto del Comitato di Liberazione Nazionale contro l'uomo di Arcore? Non uno straccio di idea, nessuna disponibilità al confronto, le consuete alchimie per mettere in piedi un'alleanza dove convivano tutto e il suo contrario. E' evidente che si tratta dell'opposto di quello spirito nazionale richiamato dal presidente della Repubblica. Stavolta è chiaro chi sia a far spallucce di fronte alle ragionevoli e sagge parole dell'inquilino del Colle.

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