venerdì 4 giugno 2010

Lo confessiamo: ci piace Santoro


Dobbiamo confessare una cosa che avremmo preferito tenere segreta: a noi Santoro ci piace. E’ uno tosto che se ne fotte delle regole e della buona creanza televisiva, è un rodomonte fracassone e ingombrante: che lo si ami o lo si odi non si può non guardarlo.

Il suo ego è talmente esorbitante, la sua brama di apparire così feroce, la sua mancanza di ironia così assoluta che il tutto, invece di risultare intollerabile, si ribalta in una dimensione teatrale che lo preleva dalla realtà e lo rende romanzesco. Questa traslazione narrativa gli consente qualsiasi esagerazione, qualsiasi azzardo.

Come l’invito per Patrizia D’Addario, rivendicato dal nostro come supremo atto di coraggio e di indipendenza giornalistica, in verità pura rappresentazione teatrale, dove qualsiasi elemento, anche il più eversivo, rifluisce e si ricompone nell’io narrante santoriano, l’unico personaggio in carne e ossa sulla ribalta. Tutti gli altri essendo solo ombre intercambiabili.

Lo si è visto alla perfezione ieri notte quando il suo monologo in apertura di Annozero ha fatto toccare all’uso privato del servizio pubblico il suo Everest, vette inaccessibili a qualsiasi altro essere umano. Ma il punto non è questo. (Per inciso la Rai dovrebbe fatturare a Santoro i dieci e passa minuti di autopormozione a prezzi di mercato pubblicitario) Il punto è che Annozero poteva finire lì, con lo sguardo di Michele fisso dentro dentro la telecamera mentre ingiunge alla sua platea immaginaria di nemici e cospiratori : "Se volete che rimanga me lo dovete chiedere". Il resto della puntata, dedicata alla pedofilia nella Chiesa era meno che un’ appendice, scenografia di cartapesta attorno al prim’attore.

Santoro ha smantellato il teatrino della televisione un po’ come Berlusconi ha fatto con quello della politica, sostituendolo con una dimensione altrettanto teatrale ma più grandiosa e a tratti più tragica. Per questo Berlusconi non va da Santoro, dove troverebbe non tanto un avversario in termini di contenuti ma una sfida sul piano della rappresentazione e del rapporto diretto con il pubblico. Berlusconi preferisce il teatrino di Vespa, dove il conduttore fa le domande ma lui può rispondere senza concorrenza agli spettatori e trascinarli nel suo personale teatro.

Santoro non ha bisogno di un programma, lo spettacolo è lui. Che vada, che resti, che torni, che parta, che pianga o che fotta, tutto quanto fa spettacolo. Il suo. Per questo Santoro non piace tanto ai suoi, alla sinistra, al Pd. Loro vanno bene per Floris, ma sulla ribalta santoriana sembrano sempre esangui e superflui.

L'Occidentale

1 commento:

Anonimo ha detto...

chissa che pensa uno nuovo del programma anno zero di san toro. sara sicuramente un fan