lunedì 19 luglio 2010



Dal Corriere Adriatico


Tassista pestato e rapinato di notte


In due lo sequestrano minacciandolo con una pistola giocattolo: arrestati.

“Ho visto la morte in faccia”


Ancona Uno si è seduto avanti, accanto alla postazione di guida. L’altro dietro. E hanno preso in ostaggio il tassista facendosi trasportare con una pistola alla schiena in un viaggio al buio e senza respiro come un tunnel degli orrori. Alla fine lo hanno riempito di botte colpendolo senza pietà con l’arma finta ma pesante come una vera. E gli hanno preso 500 euro e il cellulare. Poi i carabinieri hanno arrestato i due malviventi, giovani e senza scrupoli.

E’ un biglietto per l’inferno e ritorno il racconto di Giovanni Sifo, falconarese di 48 anni che lavora come tassista ad Ancona. “Ho visto la morte in faccia”, ripete mentre i ricordi di scene buone per il più rabbrividente dei thriller sono ancora così freschi e bruciano le ferite alla testa, al collo e alla spalla. Dalle undici all’una di notte. Il terrore s’accende quando Sifo risponde alla chiamata che arriva dalla stazione, dove i due ragazzi chiedono il taxi. Alberto Grande, napoletano di 25 anni, domiciliato ad Ancona, si mette accanto. Sul sedile posteriore Farouk Aziz, tunisino di 22. Dicono di essere diretti a Senigallia.

Ma presto si svelano: non sono normali clienti, estraggono una pistola giocattolo, che però senza tappo rosso e fredda come il ferro quando gliela puntano addosso sembra proprio autentica. “Ce l’avevo sulla schiena, avevo una gran paura”. Senigallia, qui è esplosa la notte bianca. “Ho pensato di abbandonare la macchina e buttarmi tra la folla, ma ho rinunciato perché avrebbero potuto sparare”.

E allora decide di non rischiare e continuare a obbedire agli ordini. “Vai a Falconara”. Arrivati. Altra tappa. I due si fanno portare a Rocca Priora, sul lungomare, dalle parti dove fino a qualche tempo fa nelle notti d’estate risuonavano le note e brillavano le luci della movida del Sottosopra. Devono ritenerlo il luogo giusto per finire il lavoro.

L’auto, una Fiat Stilo station wagon, si arena in una zona di terriccio dove le ruote affondavano e non permettono una partenza rapida. L’ultimo capitolo del terrore si macchia di sangue. Lo trascinano all’esterno, e vicino al suo taxi con l’arma a un soffio dal viso gli sibilano la minaccia: “Se non ci dài i soldi ti spariamo”.

Tira fuori le banconote, porgendole ai suoi aguzzini: cinquecento euro. Non tutti ricavi della serata, prima del lavoro Sifo doveva fare una commissione che era saltata. Il denaro non basta a calmare la furia dei rapinatori, che gli scaraventano addosso una gragnuola di colpi col calcio della pistola. In pieno volto, centrandolo sul naso. “Mi hanno anche picchiato sulla tempia, sulla nuca, il collo, la spalla e la gamba”. Dolore e panico. “Chiedevo aiuto ma la gente s’impressionava, ero una maschera di sangue”. Ci sono due pescatori ma non si distraggono. “Chiamate un’ambulanza, urlavo”.

Grido disperato raccolto da un gruppetto di stranieri, romeni forse, o albanesi. Arriva il 118, lo accompagnano al pronto soccorso dell’ospedale regionale di Torrette dove viene medicato, e al termine di tutti gli accertamenti il referto parla di ossa del naso rotte, trauma cranico ed ecchimosi per tutto il corpo. Ne avrà per diciotto giorni. I prossimi di giorni li passeranno presumibilmente in carcere il napoletano e il tunisino, che nel frattempo vengono scovati e arrestati dai carabinieri di Falconara agli ordini del tenente Matteo Demartis. La pattuglia dell’Arma interviene a Rocca Priora dopo una segnalazione anonima con accento straniero. Cercano per un po’ i due malviventi, li scoprono mentre cercano di nascondersi tra i cespugli. Cominciano a correre verso una fuga disperata e impossibile. I militari li abbrancano, poi li chiudono nel carcere di Montacuto. Dalle parti della cattura ritrovano i soldi e il cellulare di Giovanni. E’ senza scheda, l’hanno gettata via.

emanuele coppari

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