martedì 27 luglio 2010

La "Rosa Parks" dell'autobus di Varese



Solidarietà con la 22enne Roberta Dos Santos, brasiliana che vive in Italia da 10 anni, dove ha preso il diploma per assistente nelle case di riposo. Giorni fa la ragazza è rimasta vittima di un brutto episodio di razzismo a Varese, nella dicono civilissima Lombardia. La giovane era sull'autobus e si stava lamentando con un'amica perché non funzionava l'aria condizionata, quando interviene un sedicente autista "in borghese", con tanto di moglie incinta accanto, che prima le dice "la prossima volta che vi lamentete vi mettiamo il tappeto rosso", poi l'apostrofa con vari insulti tipici come "tornatene a casa tua" e "negra di merda".

Non contento, chiede al conducente del bus di farla scendere - ma Roberta si rifiuta e risponde agli insulti, giù botte, moglie incinta compresa, che graffia la ragazza al collo. Due anziani, grazie al cielo, riescono a riportare l'ordine. Questa la versione offerta dalla ragazza all'edizione on line di "Varese News", quotidiano della lombardia. Il giornale fa il suo lavoro, tanto che cercando in archivio scopriamo che il varesotto non è nuovo a episodi del genere, sempre sugli autobus, e protagonisti, anzi vittime, gli immigrati. Ma alla redazione scappa un paragone che, sinceramente, a noi sembra esagerato. Roberta? E' "la nuova Rosa Parks", l'afroamericana che negli anni Cinquanta, rifiutandosi di scendere da un autobus, divenne una eroine del movimento per i diritti civili negli Stati Uniti.

Be', non ci risulta che in Italia ci sia la segregazione razziale, sicuramente non quella legalizzata com'era ai tempi della Parks. La donna, per essersi rifiutata di scendere, fu arrestata e processata visto che allora gli afroamericani dovevano sedere nei posti a loro riservati dalla legge. Roberta invece, per quanto comprensibilmente sconvolta, ha continuato il tragitto fino alla fine, e ha poi avuto modo di denunciare l'accaduto al giornale, così come avrebbe potuto fare rivolgendosi direttamente alle forze dell'ordine (se non l'ha già fatto), visto che, a quanto dice, è stata aggredita. Aggiungiamo che se i fatti stanno così come li racconta, l'amministrazione di Varese dovrebbe attivarsi al più presto per pizzicare l'autista in incognito e valutare se sia il caso che resti al suo posto.

Ma da qui a far intendere che la Lombardia è diventata segregazionista e che i nativi si preparano a riunirsi in bande con il cappuccio da Ku Klux Klan ce ne vuole. Per cui, memori della birretta usata da Obama per placare la questione razziale, proponiamo ai colleghi di VareseNews di lanciare una battaglia comune, che anche a Roma e nel resto d'Italia avrebbe sicuramente grande successo: "Rivogliamo gli autobus con l'aria condizionata!". A quaranta gradi, in quegli enormi scatoloni puzzolenti, o in quell'incubo di nome metropolitana di Roma, la gente, si sa, dà in escandescenza. Ed esce il meglio di noi stessi, razzimo e xenofobia compresi. Per cui chiediamo a Roberta di diventare la testimonial di una campagna sul funzionamento dei nostri mezzi pubblici, più che di una rivolta antisegregazionista. Di quest'ultima infatti non si vede il bisogno. Basta punire chi ha sbagliato, sempre che il primo cittadino di Varese intenda farlo.

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