sabato 25 settembre 2010

La posizione dell'Italia sulla questione iraniana


Rigorosa applicazione delle sanzioni per dissuadere Teheran dal suo programma nucleare, ma porte aperte al dialogo, per far sentire la nostra voce soprattutto in merito al rispetto dei diritti umani. In estrema sintesi è questa la posizione che il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, ha rappresentato al suo omologo iraniano durante i colloqui bilaterali tenutisi a New York a margine della sessantacinquesima Assemblea Generale dell'ONU. L'Italia dunque è in prima linea nella lotta contro il programma nucleare degli ayatollah, che a quanto pare comincia a dare importanti risultati. Fondamentale, infatti, è la decisione presa da Mosca e firmata dal presidente russo in persona, di bloccare «permanentemente» la vendita di missili S-300 all'Iran. Un'arma considerata strategica dallo stato maggiore di Teheran, e vista con preoccupazione dalla IAF, l'aviazione militare israeliana, perché rappresenta la più temibile arma di difesa terra-aria attualmente in circolazione.
Anche su questo tema l'Italia ha giocato un ruolo di primo piano, insieme a Francia e Stati Uniti, così come richiesto a febbraio dello scorso anno dal ministro degli Esteri israeliano Avigdor Lieberman al presidente Berlusconi in persona. Durante la visita del nostro premier a Gerusalemme, culminata con lo storico discorso alla Knesset, Lieberman aveva invitato l'Italia a fare leva sul suo «rapporto privilegiato» con la Russia affinché Mosca interrompesse la vendita a Teheran dei missili terra-aria S-300: «L'Italia deve assumere un ruolo di guida nel promuovere una legislazione internazionale che fornisca ai Paesi democratici gli strumenti per combattere il terrorismo», aveva affermato il capo della diplomazia dello Stato ebraico, ed il presidente del Consiglio Berlusconi, ancora una volta, non ha mancato di tenere fede all'impegno preso con il popolo israeliano.
L'operato della nostra diplomazia ha indubbiamente contribuito al raggiungimento di un importante risultato, che indebolisce l'esercito iraniano, e che viene ufficializzato proprio nei giorni in cui Ahmadinejad, dal palco dell'ONU, torna ad attaccare Israele. «Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu è un killer esperto, che dovrebbe essere sottoposto a processo per l'uccisione di donne e bambini», ha detto il presidente iraniano, che ha anche sottolineato come la vera minaccia del mondo non sia la bomba nucleare iraniana bensì «il regime sionista ed il governo Usa» e le loro armi. Ma la stella di Ahmadinejad non brilla più come in passato, né all'estero né in patria. Non ci sono più le televisioni occidentali a contenderselo a New York, come qualche mese fa, e in Iran l'opposizione continua a crescere. Non a caso mercoledì a Mahabad, nel nord-ovest dell'Iran, si è verificato l'ennesimo attentato durante una parata militare, che ha provocato una decina di vittime e confermato l'isolamento del governo nei confronti di una popolazione sempre più esasperata dalla crisi economica e da una disoccupazione a livelli record.
La situazione è sempre più esplosiva, per questo la posizione espressa dal ministro Frattini è la migliore possibile, perché occorre ora più che mai applicare pienamente le sanzioni votate dall'ONU, volte ad isolare ed indebolire il governo militare degli ayatollah, ma anche mantenere un canale aperto per poter esercitare la massima pressione affinché il governo rispetti i diritti del popolo iraniano. Come nel caso Sakineh, come nei centinaia di altri casi che quotidianamente, lontano dai riflettori, vedono impegnati gli uomini della nostra diplomazia. Una linea che ha più volte premiato il nostro Paese, e che ci consente oggi di essere una delle nazioni in prima fila a fianco dei nostri partner occidentali, per risolvere il complicato rebus iraniano.

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