sabato 16 giugno 2012


Perché siamo convinti che alla fine le presidenziali le vincerà Mitt Romney


L'occidentale

Quando è rimasto l’unico a competere per la nomination Repubblicana, le chance dell’ex-governatore del Massachusetts, Mitt Romney, d’emergere come favorito nella corsa alla Casa Bianca, erano ben poche. Sempre sotto nei sondaggi e indigesto a gran parte della galassia conservatrice del GOP. Questo solo un paio di mesi fa. A Romney sembrava mancare una narrativa, un messaggio ed eccellenti capacità oratorie. La base di chi voglia competere per la carica più prestigiosa al mondo: la presidenza degli Stati Uniti d'America.
Negli ultimi due mesi, però, molto è cambiato. Se si tiene conto di tutta una serie di fattori, l'Occidentale si sente d’affermare che a Novembre, potrebbe essere proprio il candidato Repubblicano Mitt Romney a vincere le presidenziali, diventando il XLV presidente nella storia degli Stati Uniti d’America. Tre sono le ragioni che ci spingono a dire che Mitt Romney sia ormai favorito.
Prima ragione: l’economia. Dopo il piano di stimolo all’economia da quasi 1 trilione di dollari voluto da Larry Summers e Timothy Geithner nel 2008 e un mandato presidenziale con livelli massicci di spesa federale a deficit e a debito, questo cresciuto di quattro trilioni di dollari in soli quattro anni, gli Stati Uniti registrano ancora una disoccupazione ufficiale al di sopra dell’8% (che secondo alcuni si attesterebbe realmente al di sopra del 15%) e una crescita del Pil che secondo le previsioni si attesterebbe a un misero 1% sul 2012.
Se a ciò si aggiunge la brutta fotografia che emerge da alcuni dati recentemente pubblicati nel Survey of Consumers Finances 2010 della FED, si capisce il livello di gravità della situazione economica americana: secondo l’indagine, la ricchezza netta mediana delle famiglie americane sarebbe scesa nel triennio 2007-10 niente meno che del 38,8 %, portando la ricchezza delle famiglie a livelli che non venivano riscontrati da vent’anni a questa parte, ovvero dal lontano 1992. Disoccupazione, perdita di ricchezza, debito, poca crescita. Abbastanza per allontanare molti elettori. In più la prossimità del debito federale alla soglia psicologica del 100% sul Pil pesa a sua volta.
Seconda ragione: la debolezza dell’esecutivo del presidente. In particolare, deve preoccupare la posizione dell’Attorney General, il ministro della giustizia, Eric Holder. Quest’ultimo è da più di un anno sotto attacco da parte del House Oversight and Government Reform Committee, presieduto da Repubblicano Darrell Issa. Le accuse rivolte ad Holder si riferiscono all’operazione sotto copertura nella lotta al contrabbando d’armi contro i narcos messicani, ‘Fast and Furious’,  che ha finito per costare la vita a un agente di frontiera dell’Arizona, Brian Terry morto 15 Dicembre del 2010, ucciso  proprio da una pallottola sparata da narcotrafficanti in possesso di un'arma venduta da agenti del Dipartimento di Giustizia sotto copertura.
Holder è anche impigliato nello scandalo di questi giorni il ‘White House leaks’, ovvero le soffiate ad altissimo livello ricevute dal New York Times, probabilmente da qualche uomo molto vicino al presidente Obama, su programmi d’intelligence ancora in corso - si va dalle ‘kill list’ del presidente nella guerra al terrorismo islamico ai warm, i cyberarmamenti, contro le centrifughe degli impianti militari nucleari iraniani confezionati e 'spediti ' da Washington con il governo israeliano.
Si noti che nell’articolo del New York Times vi sono addirittura degli incisi riferiti al presidente Obama. Uno scandalo che sta facendo salire in barricata anche Repubblicani più moderati come il sen. John McCain, che se l’è presa sempre proprio con il presidente Obama ed con il ‘general’ Eric Holder per aver deciso di nominare due avvocati dipendenti dal DoJ, e non indipendenti, per scovare le talpe.
Due scandali questi che hanno spinto alcuni senatori Repubblicani a richiedere pubblicamente a Eric Holder le dimissioni (si noti che negli Stati Uniti la richiesta di dimissioni è una cosa seria, non uno sport che viene praticato a ogni piè sospinto come in Italia, tanto per finire sulle agenzie). Dunque, un governo dal quale trapelano informazioni sensibili di Sicurezza Nazionale non fa buona figura presso il pubblico, mai.
Terza e ultima ragione: le divisioni nel partito Democratico e la possibile fronda di Bill Clinton. L’ex-presidente Democratico starebbe giocando una doppia partita in questa campagna elettorale. Da una parte indossa spesso la maglia del team player, del giocatore in squadra Democratica e si presta a raccogliere fondi per la campagna di Barack Obama. Dall’altra, però, Bill Clinton critica indirettamente le scelte compiute dall’attuale amministrazione.
Durante una recente intervista ha affermato che estendere i tagli fiscali promossi dall’amministrazione Bush sarebbe “la miglior cosa da fare”. Di più: secondo alcune analisi raccontate su Fox News da ex-consiglieri elettorali di Clinton, l’ex-presidente avrebbe circa sei mesi fa cercato di persuadere sua moglie Hillary a correre ancora una volta nelle primarie Democratiche di quest'anno contro Obama. E c’è perfino chi, come Charles Krauthammer, giunge a dichiarare che Clinton si comporta ormai come in “doppio-agente”. Una velata accusa che viene anche dallo stratega elettorale ed ex-consigliere di Clinton, Dick Morris.
Secondo Morris, Clinton vorrebbe essere l’unico presidente Democratico ad essere stato eletto due volte dai tempi di Franklin D. Roosvelt; in più le accuse velatamente razziste che Obama avrebbe rivolto durante le primarie del 2008 al clan Clinton non sono andate giù all’ex-presidente. Infine, vi sarebbe, secondo Morris, un dissenso di fondo tra Obama e Clinton sulla linea politica da imprimere al partito. Clinton rimprovererebbe ad Obama d’aver portato il partito troppo a sinistra e di aver sbagliato a non intraprendere una linea più centrista.
Quel che è certo, è che un Obama con tutti questi problemi, non può permettersi d’avere mal di pancia  del genere dentro il suo stesso partito. Al presidente serve ogni singola energia politica per vincere. Insomma, un’economia in serie difficoltà; un esecutivo sotto attacco per una serie di piccoli e grandi scandali; un partito diviso. Troppo per una presidenza che ha veramente poco da portare oltre alla morte di Osama Bin Laden in Pakistan.
Tutto questo a prescindere dalla presenza o meno di un messaggio politico ed elettorale, ancora latitante, del candidato Repubblicano Mitt Romney (il governatore dell’Indiana, Mitch Daniels ha consigliato al Romney di tirare fuori un messaggio forte, oltre al ‘non sono Obama’). Il candidato Repubblicano deve poi sciogliere il nodo vice-presidenza. In questi giorni si vocifera che le quotazioni di Jebb Bush, ex-governatore della Florida e fratello minore di George W. Bush, sarebbero in ascesa per il ticket del Gop.
Una scelta, quella di Jebb, che rischia di alienare ancora di più il movimento libertario ‘Tea Party’ in campo Repubblicano e in generale i conservatori da Romney, che già considerano il candidato Repubblicano eccessivamente centrista e compromesso con le sue politiche da governatore del Massachusetts, una su tutte, il Romneycare, la versione in piccolo dell'Obamacare.
Ciononstante, Romney ha in questo momento il vento in poppa. Al Repubblicano manca 'solo' un messaggio forte. A quel punto, visto lo stato dell’economia, le difficoltà interne all’esecutivo e al partito Democratico, dovrebbe riuscire agevolmente a battere Barack Obama. Noi la vediamo così.
di E. F.

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