mercoledì 15 ottobre 2014







Ancona, Indesit diventa americana

Il grande supermarket Marche

di Agnese Carnevali


ANCONA - Su Indesit sventola la bandiera a stelle e strisce. Dopo trent’anni si chiude l’era della famiglia Merloni e si apre il nuovo corso con gli americani di Whirpool. Ieri il colosso statunitense degli elettrodomestici ha acquistato ufficialmente la maggioranza delle azioni del gruppo di Fabriano.

Se ne va così un altro pezzo del made in Italy marchigiano. Un’operazione da 758 milioni con cui i Merloni - Antonella, Maria Paola, Aristide e Andrea i quattro figli di Vittorio da tempo malato, e la madre Franca Carloni - dicono addio all’azienda che per trent’anni è stata il marchio di famiglia. Dimissioni irrevocabili dall’attuale Cda. Il nuovo sarà nominato in un paio di settimane.

Un addio che porta con sé ottant’anni di storia. È negli anni Trenta che Aristide Merloni fonda l’azienda, legando il suo nome alla sua terra, Fabriano, dove sorge l’azienda, che sarà ribattezzata dal figlio Vittorio, Indesit, nel 1984 quando acquisisce il marchio. Anni di espansione e di crescita. Anni in cui erano le Marche ad imporsi sul mercato. Un tempo che nell’immaginario collettivo non si sarebbe mai esaurito. Un legame quello tra la famiglia Merloni e Fabriano che si pensava destinato a durare per sempre.

Si è infranto invece sulla modernità dei tempi, la durezza della crisi e le regole della globalizzazione.
Indesit è solo l’ultimo esempio dello shopping degli stranieri nelle Marche. Prima di Indesit, Poltrona Frau, Nazareno Gabrielli, Benelli, Berloni cucine, gruppo Ferretti. Mentre sarebbero già nel mirino dei portafogli esteri Banca Marche e l’aeroporto Raffaello Sanzio.

Benvenuti nel supermarket Marche. Dalla moda ai motori, dal legno alla nautica. Il meglio del made in Italy cede alle offerte degli investitori stranieri. E dall’industria il fenomeno si allarga a banche ed infrastrutture. L’istituto di credito, sin dal nome simbolo del territorio regionale, farebbe gola agli americani e agli arabi degli Eau.

Sull’aeroporto avrebbero mostrato interesse 8 investitori, tra cui gruppi canadesi, sudamericani e nord europei. E mentre si preparano nuove operazioni di vendita, cosa rimane sul territorio? Poltrona Frau, è passata agli americani della Haworth e la Nazareno Gabrielli al gruppo libanese aggregato alla Iris Fund. A Pesaro in pochi anni hanno visto passare di mano Benelli ai cinesi di Qjian Jiang, Berloni a Corporation Hcg di Taiwan, che detiene il 94% delle azioni e Cometa. Nella nautica il 58% del gruppo Ferretti è dei cinesi Shandong Heavy Industry, che ha fatto cambiare bandiera alla pesarese Cometa e alla dorica Crn.

Ma il fenomeno ha caratterizzato anche altre realtà storiche. La Defendi di Camerano (bruciatori per fornelli), ora nella multinazionale tedesca Ego Blanc und Fisher. E poi la Sogemi di Osimo (accessori per auto) che presenta capitale lussemburghese. Ad Ascoli non dimenticano le cessioni della Carlo Erba poi Pfizer (colosso nel settore farmaceutico) agli americani e della Roland (strumenti musicali) ai giapponesi.
Mercoledì 15 Ottobre Il messaggero.it

..........................................................................................

L PAESE IN GINOCCHIO

La sentenza dell'Istat: l'Italia non cresce dal 2011


L'istituto rivede il dato del Pil in base ai nuovi parametri: -0,3% nel 2014. Il governo rinvia alle 18 il Consiglio dei ministri sulla legge di stabilità

PIL-C_WEB
Niente da fare. L'Italia, per dirla con uno slogan caro a Matteo Renzi, non "cambiaverso". Nel giorno in cui il governo dovrebbe dare il via libera alla legge di Stabilità (il consiglio dei ministri, inizialmente previsto per le 15, è stato rinviato alle 18) l'Istat certifica l'ennesimo dato negativo: il Pil del nostro Paese non cresce dal secondo trimestre del 2011. E continuerà a non crescere. 
Nel quarto trimestre 2013 il Prodotto interno lordo ricalcolato in base ai nuovi conti nazionali è negativo: -0,1%. Non va meglio nel 2014 dove, nel secondo trimestre, il Pil è diminuito dello 0,2% sul trimestre precedente e dello 0,3% su base annua. L'Italia è quindi ufficialmente in stagnazione.
 (Il Tempo)

Nessun commento: