mercoledì 25 novembre 2009

Sistemata la squadra, a Bersani resta solo una domanda: "E ora che fare?"



Doveva battere il primo colpo, e ieri l'ha battuto. Pier Luigi Bersani ha messo su una segreteria "con età media di 41 anni" (recitano proprio così i lanci di agenzie, encomiastici ma con ciglio asciutto). Poi ha cambiato: i dipartimenti si chiameranno Forum, termine evocativo della "fabbrica del programma" di prodiana memoria, e così si recide un altro legame con la vituperata stagione veltroniana. Chi alimenta i forum, ne coordina e guida l'attività? I nomi sono questi: Luciano Violante alle Riforme; Paolo Gentiloni alle Comunicazioni; Livia Turco all'Immigrazione; Giuseppe Fioroni al Welfare; Piero Fassino alla Politica internazionale; Umberto Ranieri al Mezzogiorno; Andrea Orlando alla Giustizia. Fantasmi e spettri di governi che furono e, verosimilmente, non saranno.

Sistemate le faccende di casa, con l'inevitabile scia di polemiche per ora sottotraccia, Bersani si è ritrovato al punto di partenza e con la più leninistica delle domande: che fare? Che fare con Antonio Di Pietro? Che fare con la crisi e le misure del governo? Che fare con il ddl sui processi brevi? E con Rutelli e con Casini, riottosi a stringere anche solo la mano all'ex pm di Mani pulite?

Il segretario del Pd si è concessa un'altra giornata di vaghezze. Il partito farà la sua manifestazione contro Berlusconi, distinta nella data ma non troppo distante nei contenuti da quella del 5 dicembre messa in campo da Di Pietro. Di giustizia se ne può parlare in termini di riforma di sistema, si sbottona Bersani, ma a condizione che il governo ritiri il ddl sui processi brevi. La ricetta contro la crisi è presto fatta: subito 8-10 miliardi per famiglie e imprese. Da reperire con tagli veri di spesa, controllando meglio la fedeltà fiscale anche se alla fine il pensiero corre alla tassazione delle rendite finanziarie, vera stella polare del Pd ancora ubriaco della stagione di Vincenzo Visco. Poi, sempre vagheggiando, si è lasciato scappare che, in fondo, quel Tremonti qualche ragione ce l'ha a tenere chiusi i cordoni della borsa di fronte a una platea famelica di ministri che chiedono soldi e soldi. I tempi sono bigi, e le molliche vanno raccolte dal tavolo e non disperse a terra.

La spina più grossa sul cuscino di Bersani, quella destinata a procurargli notti insonni, è sempre la stessa. Il Cav e i suoi guai giudiziari. Al 5 dicembre dipietrista mancano 11 giorni. Che dire e fare fino ad allora? Ripetere ogni giorno che il governo deve ritirare il ddl sui processi brevi se vuole intavolare un confronto parlamentare con il Pd e lasciare che gran parte dei parlamentari siano in piazza con il leader IdV? E' una linea di partenza, per andare dove non si sa.

E' una strategia debole: è come tenere il partito inchiodato sul bagnasciuga. Il ddl sui processi brevi avanza al Senato, con la prospettiva della sua approvazione prima di Natale. E il Pd fino a Natale parlerà di riforme istituzionali, scriverà l'indice dei capitoli in Senato, dove il 4 dicembre conta di approvare una mozione bipartisan. Ma nulla di più dirà sulla giustizia. Assisterà muto alla votazione del ddl abbrevia-processi lasciando a Di Pietro la guida dell'indignazione della piazza mediatico-giudiziaria?

Per Bersani è un autentico rompicapo, ma è anche l'eredità più ingombrante che gli è stata lasciata da predecessori molto avventati e poco avveduti. Nessun segretario del Pd è riuscito a trovare il bandolo di una matassa intricata per primo da Achille Occhetto e poi mai più dipanata. Nessuno potrà suggerire a Bersani che il ddl sui processi brevi non è soltanto un provvedimento per salvare Berlusconi dalla caccia giudiziaria che dura da 15 anni, ma è lo strumento, storto e impreciso quanto si vuole, per salvaguardare la legittimità del voto popolare e ricostruire il limes tra giustizia e politica polverizzato da quasi due generazioni.

Da politico avveduto, però, Bersani non può ignorare che rimosso questo ostacolo la politica ritroverebbe le sue dinamiche e la febbre scenderebbe nella società e nel Paese.

L'occidentale

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