lunedì 23 aprile 2012

Dal Corriere Adriatico

“Noi, ospiti forzati all’ex Montedison”
Tra i disperati nell’edificio diroccato. “Di notte ci rifugiamo, il giorno cerchiamo qualcuno da derubare”


Montemarciano Fuggono dalla povertà, dalla fame, in cerca di un sogno, di una vita migliore. Arrivati in Italia clandestinamente circa cinque anni fa, poi un lungo girovagare per in nostro Paese in cerca di un aiuto. Vivono alla giornata, facendo elemosina lungo le strade, alle fermate degli autobus e ai semafori, nei vari mercati locali, nei sagrati delle chiese. Le donne con gonne lunghe, mantelline di lana, colori forti, sgargianti, zoccoli ai piedi, capelli raccolti o lunghe trecce. Gli uomini tutti con giubbotti di pelle o jeans, impossibile non averli riconosciuti o non averli mai visti, son sempre loro da un po’ di tempo a questa parte che girano a Marina di giorno e di notte.

Frequentano le Caritas locali per ricevere vestiti e scarpe. Vivono all'addiaccio di notte dentro i locali della ex Montedison, tra sporcizie e ratti. D'inverno come d'estate sempre lì, sono una trentina, tutti romeni, di etnia Rom scappati dal loro Paese e ora qua in Italia in cerca di un lavoro, di una vita migliore. Dopo un primo approccio abbastanza teso, accettano di scambiare due parole, ma solo dopo aver preteso una banconota da dieci euro. Vivono di elemosina con cui acquistano il cibo, di piccoli furti nei market locali come ci confermano Michaela ed Andrea, due ragazze Rom che all'imbrunire si dirigono al Famila in cerca di qualcuno a cui prendere qualche euro o del cibo. Ammettono le loro colpe, le difficoltà alte come muri invalicabili in Italia. Non badano all’igiene personale, il primo obiettivo è sopravvivere. Ci laviamo con l'acqua del mare o nelle fontanelle dei paesi. Sono tutti di età compresa tra i 20 ed i 40 anni. Confermano di avere tutti il passaporto, che le forze dell'ordine li hanno schedati e che più volte son stati invitati ad abbandonare la Montedison.

“Sappiamo che qui non possiamo stare, questa fabbrica non sta in piedi, ma non sappiamo dove andare, a dormire. Meglio qui che al freddo. Gli ospiti forzati della carcassa di mattoni si alternano in un turnover di disperati. Vivono dove capita, oggi qua domani là, si dividono la mattina, decidono le zone da frequentare. “La sera dividiamo il ricavato della giornata come una grande famiglia. Nei loro visi i segni della sofferenza ma anche l’orgoglio delle tradizioni tipiche dei Rom. Ammettono le difficoltà riscontrate con la legge nel loro paese, che sono stati costretti o quasi ad abbandonare la loro Patria. “Chiediamo un tetto dove rifugiarci in Italia, e la possibilità di integrarci con la cultura italiana”. Tra loro c'è chi vuol lavorare. Siamo stati contattati da alcuni imprenditori locali per svolgere i lavori più sporchi, più duri, in condizioni di lavoro indecenti a pochi euro all'ora, in nero. Confermano che nella ex Montedison non ci sono solo romeni ma anche persone provenienti dai Balcani, dalla ex Jugoslavia, dal nord e centr'Africa. Un luogo di incontro di culture, razze che si mescolano, dove la microcriminalità trova terreno fertile. Non resta che rivolgere il loro appello e quello dei residenti di Montemarciano a istituzioni e ai politici locali affinchè questi drammi finiscano, e qualcuno dia risposte certe a chi vive di stenti e reati nella ex Montecatini. Sicurezza e legalità sono e devono essere la parola d'ordine per tutti, italiani e non.
 samuele simoncioni ,

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